Il colpevole è colui che vergognoso tace in un gelido silenzio.
Viene definita normalità la morte del trentasettenne Saydou Gadiaga.
Per la caserma dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato, Brescia, non c’è nulla di equivoco, la scena era molto chiara anzi, dalle loro parole pare abbiano agito in buona fede.
El Haji, chiamato così dagli amici, è venuto a mancare mentre era rinchiuso nella cella di sicurezza della caserma Masotti di Brescia, causa del decesso: un attacco d’asma. Dal pomeriggio del 10 dicembre 2010 Elhadji viene recluso in una fredda cella di sicurezza, perché al momento del fermo era privo del permesso di soggiorno diventando quindi clandestino. Due giorni di reclusione e la conoscenza di una “malattia”, sempre se così la possiamo chiamare, che lo accompagna fin dalla tenera età.
Non stupisce il fatto che i carabinieri pur essendo al corrente di ciò, non abbiano dedicato una maggiore attenzione all’uomo. Un video reso noto da molti giornali nazionali riprendono le scene dove Saydou Gadiaga chiede più volte aiuto, ma nessuno intende ascoltarlo. Solitamente le immagini parlano chiaro, ma in questo caso non sono neanche state prese in considerazione.
A questo punto la domanda mi sorge spontanea: Se fosse capitato a qualsiasi altra persona, la procedura sarebbe stata uguale? Oppure siamo ancora così mentalmente chiusi e maledettamente razzisti?
Il caso di Saydou Gadiaga è stato archiviato senza alzare nessuna accusa a chi in quel momento avrebbe dovuto prestare aiuto ad un uomo in difficoltà, ora morto per un attacco d’asma. Un incidente che al giorno d’oggi riesce difficile da pensare come causa di un decesso. Eppure nonostante la medicina faccia passi da gigante e la tecnologia le corra dietro, l’uomo rimane con la mentalità di un vecchio anziano che parla e si muove senza dar senso ai suoi passi. C’è sempre quell’uomo nel mondo che si dimentica che le persone non sono oggetti, ma semplicemente: ESSERI UMANI.
Elena Zandonà e Federica Pacella