L’Italia, ospita le autorità dei Paesi africani a Roma a poche settimane dalla Cop26 di Glasgow. Quale lavoro, quale partnership è possibile immaginare insieme per un futuro comune davvero sostenibile?
Abbiamo fortemente voluto ascoltare la voce dell’Africa alla vigilia della Conferenza di Glasgow sulla COP26 e del Summit di Roma del G20 del 31ottobre a cui su iniziativa italiana, è invitato il Presidente della Commissione dell’Unione Africana. Lo sviluppo sostenibile del continente africano riveste infatti un ruolo di primo piano all’interno dei lavori della Presidenza italiana del G20. In occasione della Ministeriale Esteri che ho presieduto a Matera il 29 giugno abbiamo discusso delle numerose sfide che l’Africa si trova oggi a fronteggiare tra cui lotta al cambiamento climatico, transizione energetica, crescita economica, istruzione e lavoro, debito e sicurezza alimentare. Su quest’ultimo tema abbiamo adottato, con i Ministri degli Esteri e dello Sviluppo del G20, la Dichiarazione di Matera sulla sicurezza alimentare, piattaforma di impegni per rendere i sistemi alimentari più sostenibili e resilienti
Siamo consapevoli che le responsabilità per quanto riguarda il cambiamento climatico sono comuni ma differenziate, a seconda dell’impatto di ogni Paese sull’ambiente. Nel caso dell’Africa, quelle responsabilità si limitano al 3% del riscaldamento climatico. L’Africa è però anche il Continente che, per crescita demografica e potenziale umano ed economico, ha addirittura più degli altri la necessità di una crescita basata su energie pulite. Ci troviamo oggi di fronte, come forse mai prima nella storia, all’opportunità di un modello di crescita, che, invece di replicare i guasti prodotti da uno sfruttamento insostenibile delle risorse del pianeta, conduca la stessa razionalità economica a considerare conveniente il ricorso alle energie rinnovabili, all’idrogeno verde, ad una maggiore efficienza energetica, ed alle molteplici altre vie che si aprono grazie alla ricerca, al progresso tecnologico ed alla finanza verde. L’Italia svolgerà un ruolo di primo piano, anche attraverso il contributo di alcune nostre grandi società italiane che operano in Africa, e che grazie al loro know-how e a tecnologie all’avanguardia nel campo dell’energia pulita hanno fatto della transizione energetica la propria priorità.
Da tempo l’Italia è impegnata nel Sahel, in particolare in Paesi come Mali e Niger dove si assiste a una forte penetrazione del terrorismo islamico. Come contribuire alla stabilità della regione?
La stabilità del Sahel e la risposta alle esigenze dei Paesi che ne fanno parte è una priorità assoluta per l’Europa e per l’Italia, come ho avuto modo di ribadire anche nel corso delle mie recenti missioni in Mali e Niger. Alla Ministeriale della Coalizione Globale Anti Daesh, che abbiamo ospitato e co-presieduto a Roma lo scorso giugno, abbiamo sostenuto la necessità di rafforzare il focus sull’Africa, nella consapevolezza dei rischi di radicalizzazione e terrorismo cui sono esposte alcune aree del continente. Stiamo pertanto promuovendo la costituzione di una “Piattaforma per l’Africa”, finalizzata a rafforzare le capacità di analisi e il coordinamento interno alla Coalizione rispetto alla minaccia terroristica purtroppo crescente nel Continente africano. Ricordo che l’Italia è parte della missione bilaterale di addestramento e di supporto nella Repubblica del Niger (MISIN) e della missione che si occupa del controllo del territorio e delle frontiere tra Burkina Faso, Mali e Niger (TAKUBA). Al tempo stesso, sosteniamo la necessità di coniugare gli aspetti securitari con iniziative volte a sradicare le cause profonde che portano alla radicalizzazione e all’estremismo violento, in particolare dei soggetti più vulnerabili. Siamo, ad esempio, tra i Paesi donatori del Global Community Engagement and Resilience Fund (GCERF), che conduce attività di prevenzione nelle comunità più a rischio. Anche la nostra attività di cooperazione allo sviluppo è da sempre in prima linea nel continente africano con iniziative volte a migliorare la vita quotidiana delle popolazioni locali e favorire uno sviluppo economico e sociale equo e sostenibile.
Si parla molto spesso dell’emigrazione dall’Africa e molto poco dei progetti di reinserimento nei Paesi di origine. Questi programmi stanno funzionando davvero?
Da anni la Farnesina sostiene programmi di reinserimento di migranti presenti nei Paesi di transito con l’obiettivo di consentire loro di fare ritorno nei Paesi d’origine in condizione di sicurezza e nel rispetto della dignità umana. Grazie al Fondo Migrazioni della Farnesina, abbiamo contribuito alle operazioni di rimpatrio volontario assistito condotte da OIM per oltre 85000 migranti. Abbiamo inoltre attivato meccanismi di reintegrazione sociale ed economica, facilitando l’avvio di micro attività a beneficio degli interessati e delle comunità locali in cui fanno ritorno. Complessivamente, dalla sua creazione nel 2017, il Fondo Migrazioni ha finanziato più di 90 progetti in 14 Paesi africani.
Gran parte degli africani sono sconnessi da quella che può definirsi crescita economica dei loro Paesi: non la vedono e non ne beneficiano. È un problema che ha a che fare con la struttura stessa dell’economia africana o relativo soprattutto alla bad governance?
Malgrado la battuta d’arresto provocata dal Covid sul processo di crescita economico, sociale e culturale, ci sono stati alcuni risultati importanti. Nel 2020, seppur in piena pandemia, l’UE ha rappresentato il principale partner commerciale del continente africano e ha assorbito il 28% della quota di import ed export dell’Africa. Guardando all’interscambio tra Italia e Africa Subsahariana, i dati relativi ai primi sei mesi del 2021 sono piuttosto incoraggianti con un incremento intorno al 26%, grazie soprattutto al ruolo trainante delle nostre importazioni. Ricordo anche che negli ultimi anni, il nostro Paese è risultato costantemente ai primi posti per volume di investimenti diretti esteri in Africa, superando i 27 miliardi di euro nel 2020. Abbiamo una grande occasione per cogliere insieme ai partner africani le grandi potenzialità del Continente. Siamo pronti, quindi, ad ampliare gli accordi bilaterali di partenariatoeconomico per diventare un ponte privilegiato tra Europa e Africa, per una crescita reciprocamente vantaggiosa e soprattutto inclusiva.
Fonte: esteri.it