Uganda al voto: sei candidati contro Museveni, il “cacciatore di dittatori”
Mentre il Medio Oriente e il Nord Africa vengono scossi da rivolte che reclamano una svolta democratica, in Uganda si terranno domani, 18 febbraio, le nuove elezioni parlamentari e presidenziali in cui si deciderà della riconferma o meno del presidente Yoweri Museveni, 66 anni, al potere da 25 anni.
Sette i candidati, tra i quali un medico nord-irlandese, Ian Clarke, in Uganda da oltre 23 anni. Ma sembra che, come avvenuto nelle ultime due tornate elettorali, il principale avversario di Museveni sarà il cinquantaquattrenne Kizza Besigye, ex colonnello dell’esercito ugandese e presidente del Partito per il Cambiamento Democratico, che promette di condurre il Paese nel caos se si dovessero ripresentare le scorrettezze che hanno caratterizzato le campagne elettorali del 2001 e del 2006.
Entrambe le volte Besigye ha presentato ricorso alla Corte Suprema dell’Uganda affinché le consultazioni venissero annullate per brogli elettorali e per il clima intimidatorio in cui si era svolto il voto. Tuttavia la Corte Suprema, pur ritenendo fondate le accuse avanzate da Besigye, le ritenne insufficienti per annullare il voto. Besigye ha ricordato quegli episodi con forza anche in occasione dell’apertura della campagna elettorale, lo scorso 25 ottobre: “Le elezioni del 2001 non furono libere, né giuste e neanche quelle del 2006. È un fatto. Non abbiamo perso. Non si può perdere quando si è sotto la minaccia della violenza in tutto il paese”.
MUSEVENI FAVORITO I pronostici danno per vincitore Museveni, nonostante il calo di consensi registrato nelle ultime elezioni (dal 75% del 1996 al 59% del 2006), risultato del quale è convinto anche il presidente, che ha assunto come slogan della propria campagna elettorale “pakalast” (“fino alla fine”).
Che Museveni intendesse governare vita natural durante era chiaro già nel 2005, quando alla vigilia delle elezioni aveva fatto approvare una legge che abolisse il numero massimo di due mandati previsti per la carica di Presidente della Repubblica, consentendogli di ricandidarsi potenzialmente all’infinito.
Museveni, che si descrive come un “cacciatore di dittatori”, si affacciò sulla scena politica ugandese durante la guerra che nel 1979 depose il dittatore Idi Amin, per salire poi al potere al termine della guerriglia che nel 1986 rovesciò il regime di Milton Obote e la giunta militare di Tito Okello e durante la quale combatté, insieme all’attuale avversario Basigye, tra le file dell’Esercito di Liberazione Nazionale.
In un primo momento il governo di Museveni riscosse un consenso quasi unanime sia in Uganda che all’estero, grazie alla sua opera di risanamento dell’economia nazionale, alla lotta all’AIDS e alla battaglia per il miglioramento delle condizioni della donna. Il secondo mandato di Museveni, però, rivelò una svolta autoritaria nella sua presidenza, esemplificata dall’eliminazione del limite dei due mandati per la carica presidenziale e dalle campagne intimidatorie nei confronti dell’opposizione. A incrinare la sua reputazione hanno contribuito anche la guerra con l’Esercito del Signore della Resistenza,a nord del Paese, e la decimazione delle truppe inviate nella Repubblica Democratica del Congo.
LE PROMESSE DI SVILUPPO Durante una conferenza stampa Museveni ha parlato della necessità di una transizione di potere, ma non prima di aver portato a termine il suo compito, ovvero sviluppare il Paese e garantire ulteriore stabilità. Ha promesso che, se verrà riconfermato, “nei prossimi cinque anni l’Uganda diventerà un paese mediamente ricco” e non permetterà a Besigye e ai suoi seguaci di rovinare i suoi piani. “Vogliamo fare dell’Uganda un paese moderno. Stiamo lavorando alla modernizzazione dell’agricoltura e all’industrializzazione del paese”.
Effettivamente, l’economia dell’Uganda è cresciuta costantemente da quando Museveni ha preso il potere ed è oggi in procinto di espandere ulteriormente la propria forza, grazie alla scoperta di alcuni giacimenti petroliferi che hanno iniziato ad attrarre un numero crescente di investitori stranieri. Tuttavia i servizi pubblici, in particolare salute ed educazione, si trovano in pessime condizioni e l’alto livello di corruzione e disoccupazione costituiscono una grave piaga per il Paese.
Durante il comizio tenutosi nel distretto di Ntugamo, nel sud-est dell’Uganda, Besigye ha affermato che Museveni e la sua famiglia stanno dissanguando la campagna, riferendosi alle posizioni di cui godono i parenti del presidente, tra i quali la moglie, il fratello e i figli.
Ma Museveni è un politico consumato, esperto nel deviare le critiche e nel raccogliere consensi. Non manca, infatti, di ricordare costantemente al proprio elettorato il suo traguardo più grande: la pace e la stabilità delle quali l’Uganda ha da quando ha assunto il potere. E questo costituisce un potente argomento, soprattutto nelle aree rurali, dove si concentra la maggior parte degli ugandesi,e tra i vecchi elettori. Per quanto riguarda l’elevato tasso di disoccupazione, il presidente fa ricadere la colpa sull’opposizione, rea di ostacolare i suoi ambiziosi piani di sviluppo, mentre l’inefficienza dei servizi pubblici è da addossare agli ufficiali locali.
LE BUSTE MARRONI DEL PRESIDENTE Una delle caratteristiche della presidenza Museveni è divenuta, negli ultimi anni, il clientelismo: il presidente si prodiga, infatti, nell’elargire denaro a destra e a manca, dai membri del parlamento agli abitanti delle campagne, tanto che sono divenute ormai famose le cosiddette “buste marroni” del presidente. È una situazione che fa infuriare critici come Amanya Mushega, anch’egli ex combattente della resistenza e membro del governo durante il primo mandato di Museveni.“Non è dignitoso che la prima cosa che la gente chiede in Uganda sia denaro” ha affermato Mushega “abbiamo ministri che mendicano, vescovi che mendicano. Abbiamo avuto una nazione di mendicanti e abbiamo perso la nostra dignità”.
Andrew Mwend, analista di spicco in Uganda, ritiene che Museveni abbia “una visione messianica di se stesso, come di qualcuno mandato dalla provvidenza per salvare l’Uganda dalla tirannia e dalla povertà e per condurla verso lo sviluppo.Non lascerà il potere – non può essere nessuno”.
Così Yoweri Museveni, lo stesso che appena assunto il potere aveva sostenuto che i leader africani che rifiutavano di lasciare il loro posto rappresentano uno dei più grandi problemi del continente, si profila sempre più come il presidente a vita dell’Uganda.
Valentina Severin
Fonte: Frontierenews.it