La collezione MAXXI diventa ambasciatrice di dialogo tra i popoli e strumento di diplomazia culturale, perché anche attraverso l’arte si possono gettare dei ponti, contro ogni chiusura e nazionalismo.
E’ la mostra “Classic Reloaded.Mediterranea“, a cura di Bartolomeo Pietromarchi, direttore MAXXI Arte, con Eleonora Farina, che dal 29 novembre al 31 gennaio 2019 porta negli spazi del Petit Palais al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi una selezione di opere dalla collezione del MAXXI, dopo la prima tappa a Villa Audi – Mosaic Museum di Beirut.
Il progetto fa parte del programma culturale di promozione integrata del Maeci “Italia, Culture, Mediterraneo” per i Paesi dell’area del Medio Oriente e del Nord Africa nel 2018, a Tunisi, realizzato in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in Tunisia e l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi.
“Classic Reloaded” propone la rilettura e rivitalizzazione di un patrimonio identitario comune, una base culturale e artistica dalla quale è possibile ripartire per riprendere un dialogo, per facilitare quella comprensione tra i popoli oggi più che mai necessaria, vero antidoto a ogni fondamentalismo.
La mostra vuole rappresentare, attraverso 20 opere di 13 artisti italiani parte della collazione del museo, la cultura del “mare che sta tra le terre“, quella autonomia culturale ma nello stesso tempo apertura all’altro, coesistenza tra popoli, rapporto tra locale e globale, che da sempre caratterizza le nazioni del Mediterraneo.
Le opere dialogheranno con le decorazioni ornamentali di influenza tunisina, andalusa e turca del Petit Palais, la villa ottocentesca costruita da Hussein Bey II come regalo per la figlia, successivamente smontata dalla medina e ricostruita al Museo del Bardo.
La relazione con gli splendidi spazi del museo tunisino rende ancora più forti la citazione della tradizione bizantina del fondo oro di Senza Titolo di Gino De Dominicis, o il riferimento ironico alla mitologia romana di Lapsus Lupus di Luigi Ontani.
L’installazione di Remo Salvadori “La stanza dei verticali“, con il sensuale utilizzo del rame e il riferimento ai concetti fondamentali della geometria, ci riporta all’architettura classica, mentre nelle sculture di Bruna Esposito, in marmo policromo e scope di bambù, si mescolano dimensione domestica e architettonica.
Con i suoi scatti Mimmo Jodice rilegge e fa riprendere vita a sculture, dipinti e mosaici di epoca classica, mentre Flavio Favelli con il collage di tappeti di diversa provenienza che compone “Fiori Persiani”, riproduce quella cultura di dialogo e d’incontro, parte dell’identità mediterranea.
E ancora le ceramiche di Salvatore Arancio ci riportano a tradizioni popolari autoctone con richiami arcaici e mitologici, le opere di Sabrina Mezzaqui si riferiscono a una cultura millenaria di altissima qualità artigianale, la pratica del ricamo e del ritaglio, che dialoga perfettamente con le decorazioni moresche.
A un’estetica aniconica e ornamentale di matrice arabo-musulmana si rifà Icosaedro di Pietro Ruffo, mentre le composizioni di Luca Trevisani s’interrogano sulla presenza e sull’assenza, la fragilità e l’equilibrio, binomi sui quali si fonda la scultura classica.
A concludere il percorso un’opera di Liliana Moro: il suono del canto di un uccello fischiato dall’artista stessa, che fa da contraltare ai motivi ornamentali delle sale; accanto a questa due lavori che ci riportano al culto dei morti, alle sepolture, agli ipogei: Mother, il fachiro sottoterra di Maurizio Cattelan e Porta addormita di Enzo Cucchi, un quadro scultura con grappoli di teschi, opere capaci di catturare la nostra attenzione e condurci oltre la soglia.
Fonte: esteri.it