Riceviamo e pubblichiamo questo scritto della Federazione anarchica torinese.
Sabato 26 gennaio giro informativo nei mercati delle zone popolari di Torino. Appuntamento alle 9,30 in corso Palermo 46
per info: 338 6594361
Storie di africani come noi
Le arance, i mandarini, le clementine che fanno mostra di se nei mercati di Torino, sono state raccolte da lavoratori stagionali, che vengono pagati 50 cent alla cassetta di arance, 1 euro per cassetta di mandarini. Ogni cassetta pesa una media di 18/20 chili. In una giornata di lavoro la media arriva a 25 euro. In nero, non tutti i giorni ma solo quelli che il caporale ingaggiato dai padroni decide di sceglierti. Se alzi la testa, se reclami per i ritmi o per la paga, puoi anche andartene, perché nessuno ti chiamerà più.
Gli agrumi nei nostri mercati costano molto di più: la fetta più grossa la mangia la grande distribuzione, per i produttori restano solo le briciole. I braccianti sono al fondo della catena dello sfruttamento. Senza di loro però arance e mandarini resterebbero a marcire sugli alberi.
A volte gli agrumi sono distrutti, perché raccoglierli non conviene, meglio importare dall’estero, nonostante il dispendio di energia, l’inquinamento, lo spreco di cose buone da mangiare.
Una follia. Una follia con una logica: conta solo il profitto, costi, quel che costi.
Di chi lavora come uno schiavo, di chi nei nostri quartieri fa fatica ad arrivare a fine mese, non importa niente a nessuno.
I media ci raccontano di migrazioni epocali, di emergenze continue per giustificare le condizioni di vita indecenti dei braccianti africani. Per loro non ci sono tende o gabinetti funzionanti quando arrivano nella piana di Gioia Tauro per la raccolta degli agrumi. Di affittare una casa non se ne parla nemmeno: a Rosarno o a San Ferdinando una stanza costa come nel centro di Milano o Roma.
In realtà basterebbero pochi soldi per mettere su strutture decenti, basterebbero liste pubbliche per tagliare fuori i caporali, basterebbe che chi guadagna, e bene, sul lavoro degli stagionali, ci mettesse qualcosa del suo per garantire loro un letto e una doccia. Invece no. Così le tendopoli scoppiano subito, circondate da baracche fatte di lastre di amianto e teli di plastica, così per i bisogni ci sono buche a cielo aperto.
Quella dell’emergenza è una bufala che ci raccontano perché è più facile immaginare una fame tutta africana, che vedere la realtà. La realtà è fatta di operai del nord che hanno perso il lavoro e vengono a fare la raccolta per rimediare un salario, la realtà è fatta di richiedenti asilo che attendono da oltre due anni la risposta che consentirebbe loro di andare via, di cercarsi un lavoro stabile.
La condizione dei lavoratori africani è ormai la condizione di tanta parte dei lavoratori italiani.
Due anni fa a Rosarno, dopo che tre di loro erano stati presi a fucilate i braccianti si rivoltarono, occupando le strade e bloccando tutto.
In questi ultimi due anni i facchini della logistica, quelli che caricano e scaricano i camion per i grandi supermercati, stanchi di sfruttamento, caporalato, paghe in nero, hanno condotto lotte durissime e spesso sono riusciti a migliorare la loro condizione. La lotta di classe parte dagli ultimi.
In questi anni governo e fascisti hanno cercato di far scoppiare la guerra tra italiani poveri e immigrati poveri. Nel frattempo hanno fatto la guerra a tutti i poveri, italiani ed immigrati.
Gli immigrati sono più deboli perché per le leggi del nostro paese se non hanno un lavoro non possono avere il permesso di soggiorno. Nonostante questo negli ultimi anni hanno cominciato ad alzare la testa e a lottare contro i padroni che sfruttano allo stesso modo italiani ed immigrati.
Con il pretesto della crisi, dell’emergenza governo e padroni ci hanno tolto libertà a tutele conquistate in decenni di lotta di classe. In Italia aumentano i poveri, gli sfrattati, i disoccupati, ma i ricchi sono sempre più ricchi. L’unica emergenza è quella quotidiana di uno sfruttamento senza limiti, perché per i padroni non conta il colore delle pelle, ma quello dei soldi.
Le arance che mangiamo sono sempre più amare.
Fonte: testo via mail