Poco fa i militari francesi hanno occupato l’aeroporto d’Abidjan, mentre l’Onu ha denunciato le violenze dei militari che appoggiano Ouattara, il “presidente” sostenuto dalla cosiddetta comunità internazionale.
Nel frattempo, il presidente uscente, Laurent Gbagbo, in base alle notizie che arrivano e che non è facile verificare, dovrebbe essere asserragliato nel palazzo presidenziale.
Con le dovute differenze, è quasi come Salvador Allende, il presidente democraticamente eletto in Cile e bombardato dagli aerei militari, mentre si trovava nel palazzo presidenziale l’ 11 settembre 1973.
Allora, come oggi, un problema costituzionale e politico costituisce la scusa per imporre una volontà che non è quella degli abitanti di un paese.
Allora, come oggi, forze militari e politiche estere interferiscono violentemente negli affari interni di un paese. Non lo fanno, come dicono, per la democrazia o per difendere i diritti umani ma, evidentemente, per altri motivi al momento poco chiari.
Ricapitoliamo i fatti.
Il secondo turno delle elezioni presidenziali ivoriane del dicembre 2010 finisce nel caos per un conflitto interno alla commissione elettorale indipendente (CEI) che non riesce a fornire alla nazione i risultati entro il tempo concesso dalla legge.
Nei giorni successivi il presidente della CEI dice, in un clima molto teso, che la maggior parte dei cittadini ha votato per Alassane Ouattara. Qualche giorno dopo, invece, il Consiglio Costituzionale ivoriano proclama la rielezione del presidente uscente Gbagbo. Le accuse volano da entrambe le parti, mentre il paese sprofonda nell’isolamento prima e nel caos della guerra dopo.
Sicuramente c’è da parte di entrambi i candidati una mancanza di trasparenza. Tuttavia resta il fatto, come hanno detto i consulenti diplomatici della presidenza Gbagbo che ho intervistato di recente a Catania, che un embargo sui medicinali e un intervento armato non fa altro che danneggiare la popolazione civile, rendendo più difficile la soluzione di un contenzioso elettorale.
Inoltre, resta una certa ritrosia da parte dei media, soprattutto francesi, a dare conto delle ragioni della parte politica di Gbagbo. Questi stessi media finiscono così per appoggiare incondizionatamente Ouattara e questo nell’incertezza del risultato delle elezioni.
Un ivoriano, che avevo intervistato poco prima delle elezioni presidenziali del 2010, mi aveva detto di non aver fiducia in nessuno dei due candidati. Entrambi, aveva detto, avevano commesso in passato gravi violenze in diverse zone del paese.
Adesso si aggiungono anche le violenze dall’estero.
In un sito d’informazione sulla Costa d’Avorio qualcuno fa notare come ogni iniziativa di Ouattara per boicottare il governo di Gbagbo fallisca e questo perché la popolazione non lo segue.
Sia chiaro, non sostengo le violenze da qualsiasi parte provengano e nel caso ivoriano non sostengo nessuno dei due candidati.
Tuttavia come si fa a non domandarsi come mai la Francia attacca un paese estero solo per un contenzioso elettorale, peraltro risolvibile in tempi più brevi e, soprattutto, senza spargimento di sangue?
Piervincenzo Canale
Foto: United Nations Photo, bbcworldservice,
Il servizio di Radio Canada sulla Costa d’Avorio