In Italia mancano 50 mila infermieri a cui entro il 2015 si aggiungerà una quota consistente di medici specialisti. Sopperiscono gli immigrati, pari al 28% del personale infermieristico. I dati del report internazionale di Azione per la salute globale, che sarà presentato al secondo Global Forum sulle risorse umane impiegate in sanità in programma a Bangkok dal 25 al 29 gennaio
Per compensare alla mancanza di personale sanitario l’Italia si affida a medici e infermieri stranieri, contribuendo così ad acuire la carenza di professionisti sanitari nei paesi del sud del mondo: in Italia sono stranieri il 28,4% degli infermieri (in maggior parte di nazionalità rumena, peruviana e indiana) e il 4,4% dei medici. Sul territorio nazionale mancano inoltre circa cinquantamila infermieri a cui si aggiungerà, da qui a cinque anni, un numero consistente di medici specialisti, soprattutto nei campi della radiologia, dell’anestesia e della pediatria.
A pochi giorni dall’approvazione del documento preliminare al Piano sanitario nazionale per il triennio 2011-2013, anche il report internazionale “Addressing the global health workforce crisis”, dedicato alle politiche per la salute di Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna e al loro impatto sui paesi del sud del mondo, punta i riflettori sulla futura mancanza di personale sanitario. Il documento, elaborato dal network europeo di ong Azione per la salute globale, sarà presentato al secondo Global Forum sulle risorse umane del settore sanitario in programma a Bangkok dal 25 al 29 gennaio.
Attraverso il network Azione per la salute globale, le ong italiane Cestas e Aidos saranno parte attiva al forum nella capitale thailandese. “Gli Stati dell’Unione Europea non possono sempre contare sulla migrazione per rispondere ai propri bisogni sanitari, anche perché così impoveriscono di professionisti i paesi in via di sviluppo che si trovano ad affrontare emergenze sanitarie – spiega il presidente di Cestas Uber Alberti -. È arrivato il tempo che l’Europa metta a punto percorsi formativi qualificanti e argini questa fuga di cervelli dal sud al nord del mondo”. Da oltre 10 anni, Cestas collabora con le università italiane e straniere per formare personale sanitario proprio nei paesi in via di sviluppo. In arrivo un corso in lingua inglese riservato ai dirigenti dei Paesi esteri, denominato “Health as a right: vocational course in the organization of health and social services”, realizzato in collaborazione tra Cestas, Università di Bologna e due atenei africani: l’University of the Witwatersrand del Sudafrica e l’University of Namibia. “È necessario – aggiunge la presidente di Aidos Daniela Colombo – evitare la tentazione di ricorrere a politiche migratorie che saccheggino le risorse già scarse del sud del mondo e promuovere il ruolo delle donne, che costituiscono l’80% del personale sanitario globale”.
Il Forum di Bangkok farà il punto sulla carenza di personale sanitario specializzato a livello globale. Nel mondo mancano 4,3 milioni tra medici, infermieri e ostetriche, con una situazione di vera e propria emergenza a sud dell’equatore. Circa il 50% dei professionisti sanitari nati nel Sud del mondo lavora infatti nei paesi Ocse: il risultato è che, mentre il continente americano dispone del 37% del personale sanitario e della metà dei fondi globalmente investiti per la salute, l’Africa può contare solo sul 3% dei professionisti e sull’1% delle risorse globali.