ROSARNO (RC) – È arrivato in aereo, ha la residenza a Treviso, vive in appartamento, scrive poesie in francese e usa quotidianamente Facebook. Ibrahim Diabate è lontanissimo dallo stereotipo creato dai media sull`africano di Rosarno, lo «schiavo invisibile» bisognoso di interventi caritatevoli. Qual è la differenza tra Diabate e gli oltre mille ospiti della baraccopoli di San Ferdinando, uno spaventoso insieme di capanne di fortuna, fango e liquami? La risposta è semplice: un salario normale.
Il bracciante che viene dalla Costa d`Avorio è stato infatti assunto regolarmente nell`ambito della campagna «Sos Rosarno», un progetto che si ispira al commercio equo e mette insieme produttori locali calabresi, gruppi di acquisto prevalentemente del Nord e braccianti africani assunti secondo le tariffe sindacali.
Una goccia nel mare, finora. Ma anche la prova che si può cambiare. Abbiamo trascorso 24 ore insieme a loro. E abbiamo capito che emarginazione e sfruttamento non sono solo una violazione dei diritti umani, ma anche una mancata occasione di arricchimento reciproco. Prendete Ousman, in Senegal faceva il fotografo. In Veneto lavorava ai magazzini della Geox. Con la crisi ha trovato occupazione nelle campagne. Adesso condivide un normale appartamento con altri sei colleghi. L`effetto è di una normale casa di studenti o lavoratori, come quelli che in tutte le grandi città sono ormai costretti a condividere spese e affitto. Mi offrono un`aranciata, noto dall`etichetta che è imbottigliata in Lombardia. C`è il router Internet e ognuno di loro ha un portatile con Windows in francese. Tutti hanno un profilo Facebook per stare in contatto con i parenti ma anche con gli amici sparsi per l`Italia. La tv è sintonizzata sul notiziario di France 24 e poi sul canale senegalese «2 Si Racines», che trasmette i concerti del «festival delle culture africane». Senza l`assillo del permesso di soggiorno, sembrano più giovani della società globale che «schiavi invisibili». «Abbiamo incominciato ad amare questa terra», dice Lamine Bodian, anche lui senegalese. «Vogliamo l`incontro, non la paura. La crisi coinvolge anche gli italiani. Insieme possiamo rilanciare l`economia».
Sono le 18 e piano piano i suoi compagni tornano dai campi. Quasi tutti in bicicletta, in una cittadina senza neanche marciapiedi e con le strade generalmente al buio. Li chiamano invisibili ma sono gli unici a non muoversi in automobile. Si vedono eccome.
Anche Ibrahim è tornato a casa. Ama scrivere poesie in francese firmandosi Combattant de la justice. Pazientemente, manda i versi per sms a un`amica italiana che glieli gira tradotti in italiano. «Piango / quando vedo i miei fratelli vivere in un ghetto / in situazioni inaccettabili per l`umanità». Nel corso dei suoi viaggi per le campagne italiane ha raccolto 104 foto col telefonino. Accende il suo portatile con Windows in francese. Sta creando un progetto con Pinnacle Studio, un programma che trasforma le foto in video. Una straordinaria testimonianza ma anche uno spaccato dell`Italia, da Nord a Sud. A Saluzzo, provincia di Cuneo, forse l`esperienza peggiore da quando è in Italia. Dormiva sotto un tendone a strisce chiamato ironicamente la maison blanche, una sistemazione di fortuna ai piedi delle Alpi. «Ci avevano messo tra la spazzatura e il cimitero», protesta. Lì affittare casa era impossibile, prezzi proibitivi, diffidenza e condizioni dure, come caparre fuori portata. In Calabria non è semplice, ma insieme ad altri colleghi senegalesi è riuscito a dividere un appartamento nel centro del paese. A Cassibile (Siracusa) e Rignano (Foggia), invece, c`è stato da attivista politico e sindacalista.
«In Italia sono arrivato in aereo», ci racconta. «Ho dovuto abbandonare la Costa d`Avorio per gli scontri tra nord e sud, quest`ultimo più sviluppato e aggrappato al potere dell`intera nazione. Poi sono stato a Crotone per la domanda di asilo politico». Con il documento in tasca arriva a Treviso, dove lavora in una vetreria. Licenziato a causa della crisi, trascorre un periodo a Roma per poi lavorare in agricoltura. Ora frequenta un corso per mediatore culturale a Gioia Tauro. La vita in campagna non si regge a lungo, oggi è andato a farsi visitare al Polibus di Emergency. Arrivano i primi acciacchi. Ibrahim dovrebbe avere accesso ai servizi sanitari e al welfare perché è un normale lavoratore dell`agricoltura. Dopo 52 giornate (vere) gli spetterebbe l`indennità di disoccupazione, la stessa che incassano gli italiani dopo altrettante giornate (false). L`economia della truffa, dalla «Padania» delle quote latte al Meridione degli imbrogli europei e all`Inps, è un elemento caratterizzante dell`agricoltura. Ma a pagare sono ancora una volta i migranti.
Infine, un particolare che riporto con fastidio. Quell`appartamento è pulito, per darvi un’idea somiglia a una casa di studenti. È tenuto bene, nonostante i tanti inquilini. Non sarebbe neanche il caso di aggiungere questa notazione, se non per rispondere ai tanti che dicono: «Al loro paese sono abituati così». Dopo aver visto decine di accampamenti e luoghi degradati sembra quasi normale associare gli africani alle bidonville delle campagne italiane. E qualcuno finisce col pensare che gli africani non siano in grado di vivere in normali appartamenti.
Niente di più falso. La causa viene scambiata con l`effetto. Al nord, la maggior parte di queste persone viveva in case normalissime in cui tornava al termine dell`orario di fabbrica. L`impoverimento per loro è stato brutale, ma non diverso dal peggiore dei nostri incubi. Immaginate un welfare sempre più indebolito; genitori che invecchiano e non sostengono più i figli; padroni che allargano le braccia e sostengono di essere a loro volta sfruttati; pregiudizi che vi colpevolizzano. È quello che sta accadendo al lavoro italiano, un processo di lenta e progressiva «rosarnizzazione». In tante città del centro nord c`è chi lavora solo per pagare l`affitto. I prezzi si abbasseranno, si dice da anni. Per ora si sono abbassati solo gli stipendi.
di Antonello Mangano
Fonte: Calabrianotizie.it, “L’altra Rosarno. La vita normale degli africani «equi»”, terrelibere.org, 19 gennaio 2013, http://www.terrelibere.org/l-altra-rosarno-la-vita-normale-degli-africani-equi