Qui sotto un comunicato stampa del PdCI.
“Due episodi gravissimi sui quali bisogna riflettere. Prima lo striscione di alcuni abitanti inneggiante la liberazione di uno dei presunti esecutori materiali (già condannato in primo grado a 13 anni) dell’agguato in cui rimasero feriti nel dicembre del 2008 due extracomunitari ivoriani, poi la decisione di ieri degli organizzatori della manifestazione di piazza a Rosarno di far riavvolgere agli studenti del liceo scientifico “Piria” lo striscione “No alla mafia, sì all’integrazione”.
E’ quanto afferma, in una nota, Michelangelo Tripodi segretario calabrese e responsabile del Dipartimento Mezzogiorno del PdCI. “Due esempi di inciviltà che nulla hanno a che vedere con la parte onesta dei cittadini di Rosarno che fortunatamente rappresenta la stragrande maggioranza della popolazione rosarnese”.
“Nel primo caso – sottolinea Tripodi – mentre venerdì scorso una delegazione di extracomunitari era a colloquio con il commissario prefettizio, davanti al municipio si sono recate alcune persone con tanto di striscione per chiedere la liberazione di quello che è stato ritenuto dagli inquirenti uno degli esecutori del vile agguato a due livoriani impiegati nella raccolta degli agrumi.
I due extracomunitari furono gambizzati perché si erano rifiutati di pagare il pizzo. Un episodio gravissimo che rientra certamente tra i reati perseguiti dalla legge e che come tale è stato trattato dalla magistratura. È incredibile che si possa inneggiare a chi si è reso responsabile di un crimine di questa natura”.
“Il secondo episodio – prosegue Tripodi – è altrettanto sconcertante. Non è possibile, infatti, accettare che in una manifestazione “civile e democratica” gli studenti del liceo del posto siano costretti, secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, a riporre lo striscione con la scusa che recava il logo della regione Calabria.
Si tratta di una giustificazione che non ha alcun fondamento vero perché evidentemente quello che dava fastidio non era il logo della Regione ma la netta condanna della mafia che lo striscione recava e che, evidentemente, dava fastidio”.
“Due azioni, due messaggi, quindi, da condannare e respingere – conclude Tripodi -. Non è in questo modo infatti che si favorisce la convivenza civile e si dà il giusto esempio alle giovani generazioni che rappresentano presente e futuro per il riscatto del territorio. Un territorio che deve liberarsi una volta per tutte dall’arretratezza e dalla prepotenza della criminalità organizzata che soffoca diritti, libertà e cultura, vere armi vincenti nella lotta al potere e all’agire mafioso”.