Breve parentesi storica
La Repubblica Democratica del Congo ha conosciuto un’entrata movimentata nel concerto degli stati indipendenti. Il 30 giugno 1960 il paese conquista la sovranità sia nazionale che internazionale. Qualche giorno dopo gli ammutinamenti e le ribellioni si susseguono un po’ dappertutto seguite dalle secessioni del Katanga e del Kasai.
All’inizio del 1961, il primo capo di governo conogolese Patrice Emery Lumumba e’ assassinato in circostanze che restano a tutt’oggi misteriose. Il 24 novembre 1965 , Joseph Désiré Mobutu prende il potere con un colpo di Stato che definisce una « semplice rivoluzione pacifica », poiché qualche anno prima, era riuscito a « neutralizzare » il presidente della repubblica Joseph Kasa Vubu e il suo primo ministro Patrice Emery Lumumba che si erano loro stessi dimessi. ( Ascoltate Mobutu a proposito del colpo di Stato del 24 novembre 1965)
Dopo aver rifatto l’unità del paese, Joseph Désiré Mobutu installa un potere di ferro. Vieta qualsiasi attività dei partiti politici e dei sindacati. Il Movimento Popolare della Rivoluzione, MPR, il suo partito diventa il Partito di Stato. Ogni congolese, a quel tempo zairese, è obbligatoriamente membro del MPR. La guida è lui, Joseph Désiré Mobutu. Tutto deve passare il vaglio e deve essere fatto nel paese in base alle idee del « mobutismo ».
Questa situazione di assenza di democrazia e di pensiero unico è durata circa 25 anni. E’ stato necessario attendere gli anni ’90 per vedere il vento della democrazia soffiare molto forte fino a toccare i muri della dittatura di Mobutu. In effetti, finanche la popolazione congolese, allora zairese, non ne poteva più. Delle manifestazioni e diverse forme di protesta come le città morte venivano organizzate in tutto il paese per mostrare di disapprovare i metodi di gestione di Mobutu. Ogni volta, l’esercito e la polizia, al servizio del potere, non esitavano neanche un istante a reprimerle nel sangue.
Le pressioni sia interne che esterne sono state tali che il presidente Mobutu ha dovuto cedere. Infatti, rivolgendosi alla nazione il 24 aprile 1990, Joseph Désiré Mobutu annunciava così la fine del pensiero unico e del partito di Stato: « Di fronte ai grandi capovolgimenti che tormentano il mondo, sul finire di questo ventesimo secolo, ho creduto, solo di fronte alla mia coscienza, (…) di tentare nuovamente l’esperienza del pluralismo politico nel nostro paese utilizzando il principio in base al quale ogni cittadino possa aderire al partito di sua scelta. »
24 aprile 1990 – 24 aprile 2009 : Qual’è lo stato della democrazia congolese ?
19 anni dopo il ritorno al pluralismo politico, uno dei fattori della democrazia, la RDC (Repubblica Democratica del Congo) detiene ancora un bilancio mitigato di democrazia :
– in più di due occasioni, il popolo congolese ha assistito a degli accessi al potere con modi anticostituzionali. Infatti, Laurent Désiré Kabila ha messo fine alla dittatura di Mobutu e ha preso il potere nel 1997 dopo una rivolta; nel 2001, Joseph Kabila gli succede dopo la decisione del consiglio dei ministri straordinario dopo essere stato assassinato nel suo palazzo; nel 2003, Jean-Pierre Bemba, Azarias Ruberwa, Arthur Z’aidi Ngoma e Abdullay Yerobia Ndomasi vengono scelti vice-presidenti della Repubblica a fianco del presidente Joseph Kabila in base alle risoluzioni delle sedute di Dialogue intercongolais (dialogo intercongolese) ;
– dal 1997 al 2001, le attività dei partiti politici, eccetto quelle del partito di Laurent Désiré Kabila, allora presidente della repubblica, sono state sospese ;
– nel 2001, il pluralismo politico si riaffaccia timidamente ;
– nel 2006, le elezioni pluraliste sono organizzate a livello presidenziale, legislativo e provinciale.
Oggi, il pluralismo politico congolese si concretizza nella presenza di circa 600 partiti politici di cui la maggior parte non sono altro che dei partiti fantasma senza una reale capacità di rappresentanza sullo scacchiere nazionale. In seno alla camera bassa del parlamento congolese, si cerca la coesione e il rafforzamento della disciplina dei partiti della coalizione parlamentare che sostiene il capo dello Stato. Cioè all’interno dell’Alliance de la Majorité Présidentielle, AMP (Alleanza della maggioranza presidenziale), dopo che Vital Kamerhe, allora presidente dell’Assemblea Nazionale, aveva emesso delle riserve sull’entrata delle truppe ruandesi in territorio RDC per condurre delle operazioni congiunte con l’esercito congolese nel Kivu contro gli Hutu ruandesi. Queste riserve sono state giudicate dal suo gruppo politico come una mancanza di fedeltà nei confronti dell’autorità morale dell’AMP, Joseph Kabila. Vital Kamerhé è stato quindi obbligato a presentare le dimissioni per aver pensato qualcos’altro rispetto alla posizione del capo dello Stato.
Il risultato sembrerebbe amaro: 19 anni dopo il ritorno al pluralismo politico e la fine del pensiero unico, la libertà d’espressione e d’opinione all’interno dei partiti politici si confonde con l’assenza di fedeltà. Senza voler negare il fatto che la disciplina è indispensabile per la coesione delle formazioni politiche, un certo numero di congolesi pensano tuttavia che è tempo che i politici si rimbocchino le maniche e s’impegnino veramente per intraprendere il cammino che porta alla democrazia, alla tolleranza e al rispetto delle opinioni altrui.
Per molti osservatori della politica congolese, dopo 19 anni di pluralismo politico, la democrazia della RDC è ancora in uno stato embrionale come un feto nel ventro di sua madre, sotto le pressioni per l’aborto. A quando la sua vera nascita?