Quella che segue è un’intervista a Ramona Parenzan a margine della presentazione del suo libro “Babel Hotel”, che si è svolta mercoledì 15 febbraio al Liceo Massedaglia di Verona. L’incontro è stato organizzato da Verona Cestim anche per raccogliere le firme per il diritto di cittadinanza delle persone nate in Italia da genitori stranieri che risiedono nel paese da almeno 5 anni.
Ramona parla del suo libro, dell’immigrazione in Italia in questa società multiculturale che si sta evolvendo molto velocemente e delle prospettive future.
Hotel Babel, di che si tratta?
L’ispirazione nasce dall’Hotel House di Porto Recanati dove ho fatto diverse interviste ai migranti in quel enorme palazzo. Successivamente ho inviato quelle interviste a diversi musicisti di origini culturali e geografiche diverse e questi si sono appassionati alle storie dei migranti. Le interviste avevano fatto emergere diversi temi sull’immigrazione, lo scambio interculturale e alcune cose di cui le persone non erano a conoscenza perché si erano fatte intrappolare dagli stereotipi e dalle informazioni negative che i media diffondono sul conto dei migranti.
A proposito d’immigrazione in Italia, tu diresti che gli immigrati hanno portato qualcosa di buono per la società italiana?
Assolutamente si… Qualche tempo fa ho scritto un libro intitolato “Intrusi” in cui sottolineavo che i migranti che arrivano in Italia ci portano tanta ricchezza, soprattutto a livello culturale, a livello linguistico e a livello di diversi punti di vista sulla vita. Lavorando in una scuola, mi capita di avere a che fare con diversi studenti migranti dai quali ho imparato tante cose. Lavoro con mediatori culturali quotidianamente e attraverso loro ho avuto l’opportunità di conoscere paesi di cui non sapevo neanche l’esistenza. La cultura italiana è troppo italocentrica e per niente aperta ai punti di vista esterni.
Finanche ricchezza materiale… molti pensionati vivono con minori problemi economici grazie ai contributi, alle tasse pagate dagli immigrati nel nostro paese. Spesso, non sappiamo neanche che molti immigrati che vivono in Italia hanno almeno due lauree in tasca. Grazie alle mie lezioni d’italiano ho conosciuto un ragazzo, un venditore ambulante senegalese, che avevo scambiato per un poco di buono. In realtà ha due lauree in filosofia. Molte persone non lo sanno. Perciò, con l’immigrazione non si muovono solo le persone, ma anche le loro culture, la loro idea di vita e la loro umanità.
A parte il fatto che nessuno ha mai potuto influire sul luogo e sulle condizioni della sua nascita, oggi in Italia è evidente che i figli degli immigrati e degli italiani sono capasci di relazionarsi molto facilmente, a cominciare dalle scuole elementari.
Perché secondo te lo stato italiano ha ancora difficoltà a riconoscere la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in questo paese?
E’ un problema politico molto serio. I bambini nati qui che conosco, e che adesso frequentano le scuole superiori, si considerano italiani a tutti gli effetti. Tuttavia devono patire questa pena di aspettare i 18 anni prima di poter chiedere il diritto di cittadinanza in questura. Per quanto mi riguarda, questa è una battaglia importante. Non so se le persone si sono accorte dell’atteggiamento dei bambini riguardo la nazionalità italiana; vestono all’italiana, ascoltano le più famose canzoni italiane, guardano i programmi tv italiani e parlano i dialetti. In questo senso, hanno già dimostrato a loro stessi quanto sono italiani anche se la politica si rifiuta di riconoscerli.
Prendendo in considerazione la coesistenza di persone di diversi retroterra culturali, come sarà l’Italia tra 30, 40 anni?
Per quello che vedo, attraverso le mie esperienze di lavoro con diverse famiglie, sia gli immigrati che gli italiani sentono l’urgenza di costruire una terza realtà, che non è interamente migrante nè il contrario, ma un misto tra le due realtà. Per esempio, mio figlio non è esattamente come me, un’italiana o come suo padre, un ivoriano; è un misto di due diverse realtà ed è bellissimo. Prende alcune cose da me e altre da suo padre. Questo miscuglio secondo me è la cosa più bella.
Tuttavia l’ostacolo che si frappone a quest’enorme potenziale è la realtà economica e politica del momento. Molte famiglie, cercando di superare le difficoltà economiche del momento, non riescono a fermarsi per capire tutte le opportunità di questo mix stupendo. Per me, la priorità rimane il dilemma politico: riconoscere i bimbi che sono nati qui e assistere le famiglie con difficoltà economiche. In questo modo, i problemi di convivenza e di scambi interculturali si possono risolvere con un atteggiamento mentale più rilassato.
Ascoltandoti, percepisco la tua grande passione; che cosa ti dà la speranza che le difficoltà che hai citato possono essere superate veramente?
Lo confesso… la mia speranza non è solo di ordine politico ma anche estetico. Amo la bellezza. Grazie alle mie amicizie con persone di diversi paesi, ho avuto l’opportunità di ascoltare musiche diverse, assaggiare cibi differenti e capire diverse filosofie e letterature. Perciò sono sicura che se le persone sapranno andare oltre i loro limiti, le loro paure e le loro ansie, tutti insieme possiamo costruire una società più bella; non solo politicamente ma anche per capire l’essenza stessa della vita. Ripeto: se riuscissimo a gestire noi stessi e a vincere i nostri timori, ciò che ci attende in futuro sarà un grande conquista di serenità e bellezza.
Grazie mille per il tuo tempo.
Traduzione di Piervincenzo Canale