Non ho più paura,libro degli italiani di Cartagine

“Non ho più paura”. Gli Italiani di Cartagine raccontano la rivoluzione e le attese della nuova Tunisia, in occasione della prima Festa della Repubblica celebrata dopo la caduta del regime di Ben Ali.

25 luglio 2011. “Non ho più paura” è il titolo del libro degli “Italiani di Cartagine” (residenti in Tunisia o impegnati come imprenditori sulle due sponde del Mediterraneo), ma anche il loro appello –in occasione di questo primo 25 luglio (festa della Repubblica Tunisina) celebrato dopo la caduta del regime di Ben Ali- a non dimenticare troppo in fretta un cambiamento epocale, di cui si rischiano di non cogliere gli impatti per le società coinvolte, ma anche le opportunità per le imprese italiane.

Nella foto: alcuni degli Italiani di Cartagine (da dx Simone Santi e Francesca Russo, tra gli autori del libro) a Tunisi, davanti ad uno dei manifesti della Rivoluzione.

“Ancora una volta” sottolinea Simone Santi –tra gli autori del libro e da anni impegnato in Africa come imprenditore ed investitore, ma anche come Console Onorario del Mozambico “la visione sull’Africa rischia di limitarsi agli aspetti deteriori, come se non fosse possibile parlare di questo Continente se non a partire dalle immagini di barconi carichi verso l’Europa”.

In questo contesto, anche un mutamento straordinario come quello del Nord Africa e del Medio Oriente (che –commenta amaro Santi- “almeno porta le informazioni sull’estero prima della solita pagina 18 dei giornali”) rischia di venire analizzato quasi esclusivamente in termini di impatto migratorio sull’Italia, tralasciando un’analisi approfondita delle dinamiche alla base e soprattutto delle prospettive di sviluppo, che riguardano anche la capacità di competere a livello internazionale delle aziende italiane.

“Credo non possiamo ignorare un dato” prosegue Santi “Il Governo Tunisino –già impegnato nella ricerca di una stabilità interna- ha visto arrivare alle proprie frontiere centinaia di migliaia di profughi in fuga dal regime di Gheddafi, accolti con grande slancio, da un paese che ho solo 10 milioni di abitanti. Non è pensabile che un numero molto inferiore di immigrati possa mettere in difficoltà un Paese sviluppato come l’Italia.

Il problema del Mediterraneo ha una radice economica ed è con l’economia che va affrontato e risolto. La Libia dava lavoro ad oltre due milioni di lavoratori stranieri, in grande parte egiziani, ma anche tunisini e di altre nazionalità.

La situazione attuale rischia di esacerbare i tassi di disoccupazione giovanile già esorbitanti nel Sud del Mediterraneo, superiori al 30% in Tunisia ed al 25% in Egitto. Davanti a questi dati ed alle difficoltà delle imprese italiane che cercano nuovi mercati o che devono difendere la propria presenza in questi Paesi, sembrerebbe logico lavorare su accordi economici che vadano a vantaggio degli investimenti italiani all’estero e nello stesso tempo offrano possibilità di lavoro e crescita ai giovani locali. Un’ottica di chiusura o di mera assistenza sono frutto di una forte miopia o di una volontà di portare le dinamiche solo su politiche e consensi interni”.

Anche il libro (edito da Gremese editore) “si pone come un sforzo” conclude Santi “per facilitare la comprensione di una sponda sud del Mediterraneo capace di stupire la pigra Europa con la dinamicità dei “vicini di casa”, e fa riflettere sul fatto che i veri protagonisti di una rivolta così importante sono, in realtà, donne e uomini comuni: studenti, operai, artisti, avvocati, che sono stati capaci di prendere coraggio, dire « basta » ed innescare una trasformazione che sta contagiando non solo il mondo arabo”.

 

 

Fonte: comunicato stampa consolato onorario Mozambico di Milano

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