APPELLO
Una vertenza meridionale per il diritto di soggiorno
dei migranti sfruttati nelle campagne del Sud
a partire dal nodo di Rosarno
L’Unione europea ha da tempo imposto il controllo dei movimenti migratori anche a costo di sostenere regimi dittatoriali.
Anno dopo anno le condizioni dei migranti e dei rifugiati sono peggiorate. Dal 2008 il governo Berlusconi ha messo in atto tattiche e strategie discriminatorie, con l’obiettivo non dichiarato di creare una forza lavoro priva di diritti.
Tra il 2009 ed il 2010 vi è stato l’apice di quella che possiamo definire guerra contro i migranti ed i rifugiati. Nel Sud del mondo la povertà è cresciuta e molti vogliono lasciare il proprio paese, mentre l’Europa ha costruito la paura dell’invasione, della precarietà lavorativa causata da chi emigra e che diventa il potenziale nemico.
Ma in queste ultime settimane questo sistema “fortezza” crolla clamorosamente.
La necessità e il diritto di centinaia di persone ad una condizione di vita migliore mettono in crisi le politiche securitarie dell’Occidente.
Le lotte dei migranti degli ultimi due anni e la drammatica e attuale condizione che si sta consumando sulle coste del sud e alle frontiere europee ci catapulta in una nuova fase.
Dallo sciopero dei migranti di Castel Volturno alla manifestazione dei braccianti africani a un anno dalla rivolta di Rosarno, ai tumulti nordafricani che ci raccontano di libertà e democrazia, una sfida è stata lanciata, alla politica, alle istituzioni, a tutti noi: molto si può fare se si lavora all’organizzazione delle comunità migranti, a partire dalle loro rivendicazioni primarie.
Una lotta che indica una modello, nel metodo e nel contenuto.
La via da seguire è quella della lotta-vertenza: ogni mobilitazione un risultato, facendo seguire alle sacrosante rivendicazioni globali dei diritti dei migranti una pratica vertenziale capace di raggiungere obiettivi concreti ai tavoli di confronto con le istituzioni.
Una pratica che genera circoli virtuosi perché a ogni risultato raggiunto si rafforza il principio che la lotta paga, perché si struttura l’organizzazione delle comunità migranti, perché cresce la forza contrattuale del movimento, perché si sposta su posizioni sempre più avanzate l’asse politico-sindacale.
In più, il sistema ha delle forti contraddizioni, che la crisi ha acuito.
Si tratta di fare esplodere le contraddizioni e incassare risultati vertenziali e politici.
Ma qual è il nodo centrale delle rivendicazioni?
L’esperienza dell’ultimo decennio ci dice che tutto passa attraverso l’affermazione del diritto di soggiorno dei migranti.
Dice bene chi dice che la legge Bossi-Fini non ha a che fare solo con le politiche migratorie, ma anche e soprattutto con le politiche del lavoro: genera irregolarità e alimenta sfruttamento e lavoro nero.
Quindi la lotta per i documenti attraverso l’organizzazione delle comunità migranti è la via maestra per sovvertire le condizioni di sfruttamento nel mercato del lavoro.
La condizione che i migranti trovano nelle campagne del Sud sono il paradigma di questo stato di cose: diritti negati e sfruttamento.
In particolare, alcune migliaia di migranti dell’Africa subsahariana (entrati in Italia tra il 2007 e il 2009 prima dei controversi e falliti accordi con la Libia di Gheddafi) hanno cominciato un percorso di lotta per il diritto a permanere sul nostro territorio, un diritto negato, un diritto da rivendicare con una vertenza meridionale che assicuri loro tutele concrete a partire dalla valutazione dell’esistenza di una doppia condizione di vulnerabilità: la provenienza da paesi a rischio, lo sfruttamento nei campi.
Alle quali si aggiunge la condizione di inespellibilità in cui si trovano molti migranti.
La vertenza partita il 7 gennaio 2011 deve andare avanti ed estendere la lotta chiamando in causa tutte le realtà attive per garantire diritti e dignità ai migranti, e che condividono il percorso aperto a partire dal nodo di Rosarno.
Per questo lanciamo un appello per costruire la vertenza meridionale con la quale rivendicare diritto al soggiorno e libertà di scelta, la cui prossima tappa attraverserà lo sciopero generale del 6 maggio, con centinaia di migranti che si ritroveranno a Roma uniti per rivendicare diritti e dignità.
Fonte: rete radici
Foto: PRI’s The World, The Jewish Agency for Israel, noborder network, Dr John2005