Il quotidiano “Il Manifesto” di venerdì 18 aprile racconta la storia di Jovanovic Dalibor, un ragazzo di 23 anni che è rinchiuso nel Cie di Ponte Galeria a Roma dallo scorso dicembre. Dalibor è stato trasferito in un Centro di identificazione ed espulsione perché il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha decretato la sua espulsione verso la Bosnia.
Il 23enne è stato sottoposto a questa sanzione dopo una condanna, ormai scontata, per un furto in un appartamento di Aversa.
Il problema dell’espulsione di Jovanovic Dalibor è rappresentato dalla sua nazionalità; il ragazzo non è infatti bosniaco, visto che è nato in Italia da genitori scappati dalla Boscnia all’inizio del conflitto jugoslavo.
Come scrive “Il Manifesto”, ” a complicare ulteriormente le cose ci si è messa nei giorni scorsi l’ambasciata bosniaca a Roma. Alla richiesta di identificare Jovanovic in modo da poter poi procedere con l’espulsione, l’ambasciata ha dato la sola risposta possibile: ha negato che il giovane sia bosniaco, come infatti è, e reso impossibile di conseguenza il rimpatrio”.
Come denuncia il legale del giovane intervistato dal quotidiano, il giudice di pace, invece di liberarlo per la manifesta impraticabilità dell’ordine di espulsione, ha deciso di prorogare il suo periodo di permanenza all’interno del Cie.
Altri sessanta giorni senza libertà: il conto con la giustizia italiana è già stato saldato, ed ora, dopo quattro mesi di ingiusta detenzione all’interno del Cie romano, Jovanovic Dalibor dovrà passare altri due mesi in questa situazione.
Il suo avvocato, racconta “Il Manifesto”, ha chiesto una sospensiva dell’espulsione, così da permettere la liberazioni del ragazzo, e di tornare a casa.
Sua madre vive a Napoli, ed il suo paese rimane l’Italia.
Nel frattempo è stata avanzata una richiesta al Tribunale di Roma per il riconoscimento dello status di apolide, così da risolvere il problema relativo alla sua cittadinanza, che ha creato un pasticcio giuridico che lo sta privando ingiustamente della libertà.
Fonte: gadlerner.it