Sanita’: in Libia servono medici, infermieri e farmaci, appello Amsi a italiani
Drammatica emergenza sanitaria in Libia. A Tripoli si moltiplicano i ferit,i ma è sempre più difficile per i medici prestare soccorso. Mancano camici bianchi, infermieri, farmaci e materiali sanitari. E i cecchini impediscono il trasporto in ospedale.
“C’è bisogno di aiuto”, spiega Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo arabo in Italia e dei medici di origine straniera in Italia (Amsi), che si appella ai professionisti italiani: “Un nostro medico Amsi, libico che vive in Italia, è disponibile ad accompagnare medici e infermieri che vogliano dare una mano”, dice Aodi che è in continuo contatto con i colleghi di Tripoli.
“Questa mattina – riferisce all’Adnkronos Salute – ho avuto una lunga ed emozionante conversazione telefonica con Almahadi, medico libico dell’ospedale militare Maetiga di Tripoli, di cui non riferisco il cognome per sicurezza.
Ogni 5 minuti mi diceva ‘è arrivato un altro ferito’.
Ed era sollevato perché poteva curarlo: il grosso problema, infatti, è la difficoltà a far giungere i pazienti in ospedale”. Per questo, spiega Aodi, “è necessario allestire, al più presto, ospedali da campo. Per fare in modo che le persone ferite abbiano più possibilità di arrivare ai medici”.
Il dottor Almahdi, riporta ancora Aodi, “mi ha raccontato che negli ultimi due giorni l’ospedale ha assistito più di 300 feriti di cui tanti in situazione grave.
La maggioranza con traumi, ferite da arma da fuoco, emorragie e fratture esposte degli arti inferiori. ‘Noi curiamo tutti i feriti, sia pro che contro Gheddafi’, mi ha detto. Ma il problema è che, ora, scarseggiano i farmaci, soprattutto anestetici, antidolorifici ansiolitici, coagulanti .
Servono i fili di sutura e fissatori esterni per l’ortopedia”. E poi mancano gli operatori.
“Servono, oltre ai medici, infermieri di emergenza e feristi in sala operatoria – precisa Aodi – per questo ho già scritto all’Ipasvi, che rappresenta gli infermieri italiani, per chiedere di diffondere la richiesta a chi volesse aiutare il popolo libico”.
In queste ore, anche sul piano sanitario a Tripoli c’è una grande confusione. “Non c’è una rete di coordinamento tra gli ospedali – prosegue Aodi – A funzionare meglio è quello centrale che però non può comunicare con gli altri”.
Nel Paese, comunque, in queste ore stanno arrivando camici bianchi da fuori. Dalla stessa Libia, da altri Paesi arabi e dall’Europa.
Aodi si appella ancora ai colleghi italiani, tutti: “Medici chirurghi e specialisti, in particolare i neurochirurghi. Un nostro medico, chirurgo di origine libica, è disponibile a partire e potrà accompagnare eventuali volontari. Il sito dell’Amsi (www.amsimed.it) è disponibile per chiunque volesse contattarci”, conclude Aodi.
“Questa mattina – riferisce all’Adnkronos Salute – ho avuto una lunga ed emozionante conversazione telefonica con Almahadi, medico libico dell’ospedale militare Maetiga di Tripoli, di cui non riferisco il cognome per sicurezza. Ogni 5 minuti mi diceva ‘è arrivato un altro ferito’. Ed era sollevato perché poteva curarlo: il grosso problema, infatti, è la difficoltà a far giungere i pazienti in ospedale”.
Per questo, spiega Aodi, “è necessario allestire, al più presto, ospedali da campo. Per fare in modo che le persone ferite abbiano più possibilità di arrivare ai medici”.
Il dottor Almahdi, riporta ancora Aodi, “mi ha raccontato che negli ultimi due giorni l’ospedale ha assistito più di 300 feriti di cui tanti in situazione grave. La maggioranza con traumi, ferite da arma da fuoco, emorragie e fratture esposte degli arti inferiori. ‘Noi curiamo tutti i feriti, sia pro che contro Gheddafi’, mi ha detto.
Ma il problema è che, ora, scarseggiano i farmaci, soprattutto anestetici, antidolorifici ansiolitici, coagulanti .
Servono i fili di sutura e fissatori esterni per l’ortopedia”. E poi mancano gli operatori. “Servono, oltre ai medici, infermieri di emergenza e feristi in sala operatoria – precisa Aodi – per questo ho già scritto all’Ipasvi, che rappresenta gli infermieri italiani, per chiedere di diffondere la richiesta a chi volesse aiutare il popolo libico”.
In queste ore, anche sul piano sanitario a Tripoli c’è una grande confusione.
“Non c’è una rete di coordinamento tra gli ospedali – prosegue Aodi – A funzionare meglio è quello centrale che però non può comunicare con gli altri”.
Nel Paese, comunque, in queste ore stanno arrivando camici bianchi da fuori. Dalla stessa Libia, da altri Paesi arabi e dall’Europa.
Aodi si appella ancora ai colleghi italiani, tutti: “Medici chirurghi e specialisti, in particolare i neurochirurghi. Un nostro medico, chirurgo di origine libica, è disponibile a partire e potrà accompagnare eventuali volontari. Il sito dell’Amsi (www.amsimed.it) è disponibile per chiunque volesse contattarci”, conclude Aodi.
http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-7223ecb8-4d94-442b-adc9-95cf1cba1617.html
Ringraziamo tutti i colleghi ed ioeratori sanitari che gia’ stanno in Libia e tutti quelli che ci stanno contattando .
Ringraziamo la Co-mai ,la comunita’ del mondo arabo in italia e l’Ordine dei Medici di Roma per la collaborazione e l’adesione al nostro appello gia’ fatto in precidenza.
http://www.ordinemediciroma.it/OMWeb/Asp/NewsDettaglio.asp?IDNotizia=12651
Fonte: mail giunta in redazione da Ufficio stampa Amsi – www.amsimed.it