In Italia la crisi libica è stata al centro di un dibattito in Parlamento. Il Ministro Frattini, riferendo in Senato, ha spiegato che “l’Italia sta dando e darà il proprio contributo nel puntuale rispetto dei limiti definiti dalla risoluzione Onu 1973” sulla Libia. “Non si tratta di fare la guerra, ma di impedire la guerra” e l’uccisione di civili, ha aggiunto il Ministro, spiegando che per i “sentimenti di amicizia” che legano l’Italia al popolo libico, “avevamo lavorato” e “volevamo una soluzione pacifica alla crisi” libica.
L’azione militare si è invece resa necessaria “per evitare danni gravissimi”, per questo “ci siamo e ci saremo in piena dignità”. Per Frattini era “necessario partire con un azione urgente che scongiurasse il massacro dei civili” e ora “dobbiamo tornare alle regole con un unica catena di comando unificato alla Nato” perché l’Italia non vuole e deve “evitare il rischio di essere corresponsabile di azioni non volute” in Libia da parte di altri Paesi. L’obiettivo adesso è di “arrivare quanto prima ad un cessate il fuoco per “aprire la fase politica” in Libia che sfoci in un “dialogo di riconciliazione nazionale”, la cui unica “precondizione” è che Gheddafi lasci il potere, ha aggiunto.
C’è poi la questione sfollati: Frattini ha riferito che da gennaio sono arrivate in Italia oltre 15mila persone e la dimensione di questo fenomeno – ha aggiunto – “impone una strategia in chiave europea”.
Per quanto riguarda i rapporti bilaterali, Frattini ha spiegato che “abbiamo congelato come Italia beni riconducibili al regime di Gheddafi per un valore di 6-7 miliardi di euro”, mentre il trattato di amicizia è “sospeso di diritto” perché al contrario si andrebbe contro la risoluzione 1973 dell’ONU.
Intanto la Nato è scesa in campo dopo l’accordo politico tra Usa, Francia, e Gran Bretagna in sintonia con la posizione dell’Italia. Ora i rappresentanti dei 28 Stati membri dell’Alleanza si stanno confrontando Bruxelles per “tradurre” l’indicazione in un nuovo schema operativo di comando della missione in Libia. L’Italia ha già ottenuto un ruolo di primo piano con il comando della componente marittima per il rispetto dell’embargo delle armi, subito operativa. L’operazione, a cui partecipano tre navi italiane, si chiama “Operation Unified Protector”.
Ed il 29 marzo a Londra è prevista la prima riunione del gruppo di contatto sulla Libia, a cui parteciperanno anche l’Unione Africana, la Lega araba e i Paesi europei associati.
Fonte: comunicato stampa esteri.it