Se l’Europa constata l’ampiezza della crisi migratoria, sembra non collegare il fatto con l’intervento occidentale contro la Libia nel 2011. Secondo il ricercatore Kader Abderrahim, ci sarebbe invece una relazione diretta tra i due fatti.
Kader A. Abderrahim è ricercatore all’Iris, specialista del Maghreb e dell’islamismo, e maestro delle conferenze a Scienze Politiche Parigi. E’ autore de “L’indépendance comme seul but” [L’indipendenza come unico obiettivo] (Editions Paris Mediterranee).
RT France: C’è un legame diretto tra la crisi migratoria che conosce l’Europa e gli interventi occidentali, ovviamente in Libia?
Kader Abderrahim: C’è una relazione diretta di causa/effetto: più si interviene in situazioni che non si conoscono bene o che non si gestiscono a sufficienza, più è grande il rischio di aggiungere disordine e confusione. E’ ciò che è successo in Libia con l’intervento franco-britannico del 2011. Ovviamente è stata fatta cadere una dittatura ma non è stato pensato né si è riflettuto a come sarebbe potuta essere una transizione democratica nel dopo Gheddafi.
Durante questa guerra, in un primo tempo c’è stata una certa verve rivoluzionaria. In seguito, c’è stato il regno delle milizie che hanno messo il paese sotto una campana. Certamente ci sono state due elezioni che hanno permesso ai libici di esprimersi con un Consiglio nazionale di transizione. Ma il paese ha vacillato in un caos generale e di guerra civile che conosciamo. E’ questa situazione di instabilità cronica che fa di questo paese una specie di porto per tutti i traffici e tutti i trafficanti.
Il traffico di esseri umani, di trasportatori di migranti è diventato così un traffico come un altro. I servizi di informazione americani stimano che ci sono tra i 600.000 e gli 800.000 immigrati clandestini che si trovano sul territorio libico e che sono pronti a partire in direzione dell’Europa con chi vorrà imbarcarli. Li mettono su mezzi di fortuna su cui è più probabile che finiscano annegati che di raggiungere l’Eldorado come immaginano sia l’Europa. Quindi sì, ancora una volta, c’è una relazione diretta di causa/effetto tra gli interventi militari occidentali negli ultimi 30 anni, il caos che è stato provocato e la situazione attuale dei migranti.
RT France: Perché l’Europa sembra trattare questa situazione migratoria al di fuori di qualsiasi causa/effetto con questi interventi in Libia?
Kader Abderrahim: Per una ragione molto semplice: è sempre molto complicato per dei paesi, degli Stati, dei governi riconoscere i propri errori. Quella guerra del 2011 in Libia era di fatto un errore. Ormai lo si vede. Non avendo riflettuto a ciò che sarebbe potuto essere il dopo-soluzione politica, si fa fatica a immaginare quale potrebbe essere una soluzione globale. Se non si rimette un po’ d’ordine nel caos mondiale, ovviamente in Libia e in Medio-Oriente, ci sono poche probabilità che si arrivi a risolvere o a riassorbire la questione dei flussi migratori. La maggior parte dei rifugiati sono oggi siriani, più di 4 milioni di sfollati, il che rappresenta un sesto della popolazione. Ma altri paesi sono anche coinvolti: Iraq, Eritrea, Yemen, Somalia.
L’Africa e il Medio Oriente sono oggi delle zone duramente destabilizzate in conseguenza diretta degli interventi militari occidentali. La domanda da porre ai governi occidentali è come tentare di incanalare queste migrazioni per evitare che le opinioni pubbliche occidentali non diventino un po’ troppo reattive. Poiché l’Europa vive anche una crisi, economica e l’afflusso di immigrati potrebbe provocare un successo delle destre estreme o dei movimenti apertamente neonazisti. C’è quindi un serio rischio per queste democrazie occidentali di vedersi attaccare su questa questione migratoria poiché ci sono dei problemi politici e diplomatici che non sono stati trattati come avrebbero dovuto esserlo.
RT France: Questa crisi tocca altre zone oltre l’Europa?
Kader Abderrahim: La situazione della Libia è spettacolare e molto più avanti. Ma altri paesi sono anche coinvolti, come l’Algeria, la Tunisia o il Marocco poiché la pressione migratoria viene da più lontano nel continente africano, pressione che preoccupa anche questi paesi. Si vedono persone che attraversano tutta l’Africa a piedi e finiscono nella città di Tangeri, per esempio, nell’ipotetica speranza di fare la traversata per andare in Europa.
RT France: Come rimettere ordine in questo caos generalizzato, diplomaticamente? Militarmente?
Kader Abderrahim: Alcune cose potrebbero essere fatte molto rapidamente. In Libia per esempio, non capisco perché la Francia non prenda l’iniziativa diplomatica di tentare di portare la pace civile per costruire un fronte comune contro Daesh. Si sa che Daesh prende la maggior parte delle proprie risorse dal petrolio che vende sul mercato nero internazionale. Perché gli europei non decidono di bloccare le coste libiche per evitare che le imbarcazioni portino questo petrolio a buon mercato. Si sa che questi soldi non finiscono nelle casse della banca libica, per il benessere collettivo del paese.
Pertanto la Francia ha delle eccellenti relazioni con tutti i protagonisti di questa crisi libica, che sia l’Algeria, l’Egitto, il Qatar, la Turchia o l’Arabia Saudita. Parigi ha quindi i mezzi per avviare una maratona diplomatica per fare pressione su questi attori e coloro che si fanno la guerra, tra cui il governo di Tobruk e il governo di Tripoli affinché formino un fronte comune anti Daesh. Così si troverebbe una soluzione durevole.
Oggi osserviamo il contrario. Si ha l’impressione che l’Europa sia totalmente paralizzata, tetanizzata per le scemenze che ha fatto. Non si può provocare la guerra e stupirsi in seguito del disordine. Una volta che quest’ultimo è là, è troppo tardi. Sono molto pessimista sul breve termine.
RT France: Perché la Francia non intraprende questa maratona diplomatica di cui lei parla?
Kader Abderrahim: Penso che la Francia sia oggi tetanizzata da quest’idea che bisognerebbe agire ma essa non sa come. Quindi c’è molta poca riflessione sulle iniziative diplomatiche possibili. Poi, ciò che la blocca è anche il fatto di sapere se può agire sola o meno. Tuttavia essa potrebbe sostenere, senza soluzione preventiva, il processo avviato sotto gli auspici di Bernardino Leon, il rappresentante speciale dell’ONU per la Libia. Quest’ultimo ha già gestito diversi negoziati tra i diversi attori libici, in Marocco e a Ginevra recentemente. Tuttavia per il momento non c’è nessun passo avanti.
La questione fondamentale è di capire perché la Francia non fa pesare tutto il suo peso, tutta la storia del suo apparato diplomatico di cui dispone per risolvere questa crisi dopo aver provocato questa guerra. E’ un grande enigma per me ma sfortunatamente non ho la risposta…
Fonte: nr.news-republic.com; francais.rt.com/opinions