Jean Ziegler era, fino a non molto tempo fa (2000-2008), lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione, e di conseguenza, con una simile funzione, prestava servizio presso l’Advisory Committee dell’UN Human Rights Council. E’ anche un critico degli effetti del capitalismo globale sul mondo in via di sviluppo, soprattutto sull’Africa. Negli ultimi giorni ha fatto il tour dei media per promuovere il suo nuovo libro, “Mass Destruction: The Geopolitics of Hunger” (il titolo francese) o “We Let Them Starve: The Mass Destruction in The Third World” (il titolo tedesco). Non esiste ancora una versione in inglese. Ziegler è un noto autore e politico svizzero — la sua scrittura è prolifica e a partire dalla sua prima pubblicazione (Sociology of the New Africa, 1964), contribuisce alla causa del mondo in via di sviluppo, contro l’imperialismo, il capitalismo e l’ingiustizia.Nel 1964, come giovane accademico, ha portato Che Guevara in giro per Ginevra durante la visita del rivoluzionario cubano all’ONU. Il suo stile combattivo e a tratti polemico gli hanno fatto conquistare molta ammirazione, ma anche il disprezzo e la persecuzione giudiziaria. Come membro socialista del parlamento svizzero, ha suscitato particolarmente l’ira dei conservatori liberali svizzeri, strettamente legati al grosso business, e ovviamente alle più importanti banche svizzere, per aver denunciato il fatto che loro hanno nascosto alcuni fondi rubati, come per esempio quelli dell’ex dittatore Mobutu Sese Seko dello Zaire, o degli ebrei morti nell’olocausto, e di tutti quelli di origine incerta finiti nelle banche svizzere.
Sebbene il suo spirito combattivo, il suo impegno infaticabile per la giustizia nel mondo e la sua posizione internazionale gli abbiano fatto conquistare il rispetto, rimane una spina nel fianco del mondo degli affari della Svizzera (come la Nestlé*) che è stata profondamente irritata dalla sua denuncia circa il loro trarre profitto e l’aver partecipato a pratiche che mantengono i paesi in via di sviluppo poveri e dipendenti.
Detto questo, è comprensibile che l’intervista del giornalista economico Philip Löpfea Ziegler per newsnet, la versione online del giornale svizzero Basler Zeitung e del zurighese Tagesanzeiger, è stata controversa. Tuttavia la personalità combattiva e forse provocatoria di Ziegler e il suo impegno per i paesi poveri non spiegano pienamente la natura tendenziosa delle domande che ha dovuto affrontare. Piuttosto, ciò che emerge dal tono di Löpfe e dal contenuto delle sue domande è l’arroganza evidente di coloro che hanno approfittato della miseria globale che un tempo era considerata naturale mentre adesso che il neoliberismo e’ in difficoltà e le diseguaglianze diventano sempre più evidenti, e’ messa in discussione e contestata.
Qui alcuni passaggi dell’intervista, tradotta dal tedesco:
Ziegler: Secondo il World Food Programme dell’Onu, c’è abbastanza cibo nel mondo per 12 miliardi di persone. Se oggi le persone muoiono ancora di fame allora si tratta di crimine organizzato e omicidio di massa. […]
Löpfe: Il titolo del [suo] libro è “Condannati alla fame”. Ma io non obbligo nessuno a morire di fame.
Ziegler: questo è vero, ma siamo tutti complici. Permettiamo che le multinazionali e gli speculatori decidano ogni giorno chi mangia e chi vive, chi muore di fame e chi muore.
Cosa dovrebbe fare il singolo individuo? Dare soldi? Mangiare meno carne?
… si tratta principalmente di diventare politicamente attivi per mettere fine alle pratiche omicide degli speculatori sul cibo e delle multinazionali. Possiamo farlo, viviamo in una democrazia.
La speculazione sul cibo esiste da migliaia di anni. Che c’è di sbagliato se un contadino cerca di assicurarsi contro i cattivi raccolti o se un fornaio si assicura che la fornitura di farina sia stabile?
Niente. Ma il punto non è questo … Il mercato delle commodities è stato ‘finanziarizzato’. Gli speculatori stanno facendo miliardi, mentre miliardi di persone muoiono di fame.
[…]
Come possiamo evitare la speculazione?
Potremmo escludere tutti i non-produttori e i non-consumatori dallo scambio di questi beni — in questo modo solo il contadino e il fornaio sono coinvolti nello scambio commerciale.
Pero’, gli esperti concordano sul fatto che durante le emergenze, come le carestie e le inondazioni, e cosi’ via, il mercato delle commodities dovrebbe restare aperto. E’ stato un distastro il fatto che durante la carestia del 2008 alcuni paesi abbiano bloccato l’esportazione di riso.
Le carestie, come quelle del 2008 e del 2011, sono disastri addizionali; aggiungono al massacro quotidiano della fame, la cosiddetta ‘fame silenziosa’. E’ vero che a quel tempo i paesi esportatori come la Tailandia e il Vietnam chiusero le loro frontiere. I governi temevano disordini nei loro paesi. Ciò è comprensibile. Tuttavia per un paese come il Senegal, che importa il 75% del suo riso, è stato un disastro.
Perché un paese come il Senegal è costretto ad importare riso? La maggior parte della sua popolazione è costituita ancora da contadini di sussistenza.
Rimane un fatto che in termini di percentuale sulla popolazione, non c’è un altro popolo che muore più di fame che in Africa. Circa un terzo della popolazione di uomini, donne e bambini sono permanentemente sotto nutriti.
Si potrebbe argomentare in modo provocatorio che in Africa non si muore di fame a causa degli speculatori ma perché è troppo povera per gli speculatori: non c’è niente da guadagnare li.
No, no. I paesi africani hanno incredibili civiltà, basate sull’agricoltura, con molta sapienza e suoli molto fertili.
Perché l’Africa è il continente in cui muoiono più persone di fame e in cui s’importa più di un terzo delle riserve alimentari?
Perché il patto coloniale è ancora in vigore.
Non è un po’ semplicistico? Il colonialismo è un capitolo chiuso da più di mezzo secolo.
Tuttavia c’è sempre una piccola classe sociale agiata dipendente dai paesi ricchi ed estremamente corrotta. Ancora il Senegal: il paese esporta noccioline e contemporaneamente importa i tre quarti delle sue esigenze alimentari.
Perché?
Perché il patto coloniale non è mai stato sciolto. I contadini senegalesi sono costretti a coltivare ed esportare noccioline perché i ritorni economici servono a pagare il debito estero. Allo stesso tempo, l’Europa vende il suo surplus alimentare a prezzi stracciati sui mercati africani. Come può sopravvivere un piccolo coltivatore in queste condizioni?
I coltivatori africani non sono molto produttivi. La loro produttività è inferiore del 10 per cento rispetto all’agricoltura europea. Non sono semplicemente fannulloni?
Al contrario. Nessuno lavora più duramente dei contadini in Africa. Non possono sopravvivere semplicemente perché non sono sostenuti: niente irrigazione, niente sementi, niente animali, niente trattori, niente fertilizzanti, niente.
Ecco qui. Come gli odierni disoccupati greci, se solo questi poveri non fossero cosi’ fannulloni…
Tuttavia c’è di più in questa storia. Le domande provocatorie di Löpfe — soprattutto l’ultima — sono, se non razziste, sicuramente mascherate da una sottile patina neoliberista propria delle multinazionali che hanno recentemente acquistato uno dei giornali in cui l’intervista è stata pubblicata. Perciò, entrambi i giornali sono di proprietà di società facenti capo al magnate degli affari Tito Tettamanti che controlla la maggior parte delle azioni.
Georges Bindschedler, co-investitore nel cinico ‘Medienvielfalt Holding’ (Media Diversity Holding) spiega perché è stato necessario acquistare il giornale.
In un’intervista dell’anno scorso, ha ribadito la loro ‘mission’. Ha argomentato che le note della ‘liberal music’ non si sentono abbastanza alte nel panorama dei media svizzeri, perciò gli elettori elevetici non riescono a comprendere importanti temi politici, e votano dalla parte sbagliata, qualcuno potrebbe aggiungere. In particolare, si riferisce al rifiuto dei votanti svizzeri di razionalizzare un sistema sanitario nazionale all’inizio dell’anno che, secondo alcuni analisti, avrebbe fatto scivolare ulteriormente la slavina ad un sistema dei due terzi — uno per il ricco, e uno per il povero.
Come ovunque nel mondo, il controllo delle multinazionali sui media non riguarda la salvaguardia della diversità delle opinioni, come pretende, ma propagandare valori e idee più favorevoli al neoliberismo e pro-business.
Forse è un segno dei tempi che anche in Svizzera, l’isola rifugio della ricchezza e della prosperità, il capitale neoliberista sente il bisogno di aumentare i suoi sforzi propagandistici.
* Nestlé, una multinazionale dell’alimentare che impacchetterebbe l’aria e la venderebbe se ne avesse la tecnologia, ha il suo quartier generale a Vevey, Svizzera. Xstrata e Glencore, dopo la loro fusione nel trader più grande del mondo, o piuttosto nello speculatore, in commodities, compresi gli alimenti, è residente a Baar, Svizzera. Il fondatore di Glencore, Marc Rich, ha avviato la società in parte grazie ai profitti accumulati violando l’embargo sul petrolio imposto dagli Usa contro l’Iran sul finire degli anni ’70.