«La crisi internazionale in corso non aiuta, ha tagliato le gambe agli entusiasmi con cui si stava cercando di rilanciare la politica di sviluppo comune tra le due sponde del mare. Adesso gli strumenti vanno rivisti e aggiornati». Ha preso il via oggi a Palermo l’incontro «Mediterraneo: Porta d’Oriente» dove sono presenti diversi leader e intellettuali africani. Segue comunicato stampa.
Con l’introduzione di Emmanuele F.M. Emanuele, presidente della Fondazione Roma Mediterraneo, si è aperta oggi a Palermo la conferenza internazionale «Mediterraneo: Porta d’Oriente», che continuerà i lavori domani presso la Società Siciliana per la Storia Patria.
L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Roma Mediterraneo e realizzata con il supporto del Censis, ha l’obiettivo di fornire un contributo originale al dibattito in corso sul Mediterraneo, mettendo a fuoco le questioni di maggiore attualità.
Tra i protagonisti delle due giornate di lavoro, la iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, il sociologo francese Alain Touraine, il poeta libanese di origine siriana Adonis, Giuseppe De Rita, Vittorio Sgarbi, Ferzan Ozpetek.
«Dal Mediterraneo orientale all’Egitto, alla Mesopotamia, all’Asia minore, alla Grecia, fino a Roma, qui si è dipanato il cammino di popoli, di culture, di civiltà che hanno segnato la storia dell’intera umanità e che sono la madre di questa nostra Europa» − ha detto Emanuele aprendo i lavori della conferenza. «La Sicilia è una testa di ponte avanzata dell’Europa verso l’Africa e parte dell’Asia» − ha proseguito il presidente della Fondazione Roma.
Il Pil cumulato dei Paesi del Mediterraneo, cioè l’arco dei Paesi non europei che affacciano sul bacino, dal Marocco alla Turchia, ammonta già oggi a 1.594 miliardi di dollari, pari a più di un terzo di quello della Cina e maggiore dell’intera economia indiana.
La regione costituisce un mercato di 280 milioni di abitanti che hanno avviato il passaggio dai consumi di élite ai consumi di massa, rappresentando così una grande opportunità per l’Italia.
«Il Mediterraneo deve costituire per l’Unione europea un’area geo-politica prioritaria all’interno dello scacchiere internazionale, soprattutto dopo aver risolto le questioni legate all’allargamento a est − ha detto Emanuele −, e l’Italia deve spingere fortemente in questa direzione, assai più di quanto ha fatto finora».
Il nostro Paese può svolgere una funzione di cerniera tra il continente europeo e i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Il 50,9% degli italiani, infatti, esprime una convinta identità europea, mentre il 49,1% (con un picco del 62,8% tra i residenti al Sud) manifesta un prevalente sentimento di appartenenza al Mediterraneo. È quanto emerge dall’indagine realizzata dal Censis «Il Mediterraneo visto dagli italiani», che verrà presentata domani nell’ambito della conferenza.
Ma non si tratta di una deriva «levantina» di una parte degli italiani, che potrebbe portare a scenari fuori controllo come quelli che in questi giorni caratterizzano la Grecia, bensì di una identità fondata sull’equilibrio tra la solida stabilità europea e le grandi potenzialità di crescita dei Paesi della sponda sudorientale del Mediterraneo. Se infatti per gli italiani il Mediterraneo rappresenta soprattutto una regione caratterizzata da una importante eredità storica e culturale, e dalla bellezza dei paesaggi associata a un clima particolarmente favorevole, in prospettiva si riconoscono alla regione rilevanti potenzialità di sviluppo economico.
Per la maggioranza degli intervistati (il 57,6%) l’area mediterranea è destinata a giocare un ruolo sempre più determinante nello scenario globale. Minoritarie sono le quote di italiani che prevedono un futuro di marginalità per il Mediterraneo rispetto ad altre aree del pianeta più dinamiche sul piano economico e politico (29,6%), o che pensano che sia destinato ad arretrare a causa dei divari esistenti all’interno della regione e dei conflitti che la caratterizzano (12,8%).
Ma «il gap economico esistente tra i Paesi della sponda nord e quelli della sponda sud è pari al doppio di quello tra Stati Uniti e Messico ed è aumentato negli ultimi anni» − ha puntualizzato Emanuele, che ha lanciato l’idea di creare una «Banca euromediterranea degli investimenti che faccia da volano dell’area e sia funzionale a sostenere le imprese».
Cinque sono i pilastri della nuova cooperazione euromediterranea, secondo Emanuele:
- sicurezza internazionale,
- immigrazione,
- ambiente,
- partnership economica,
- formazione e cultura.
«Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, nella sua impostazione attuale, non riesce più a garantire la sicurezza planetaria, forse è arrivato il momento che l’Europa si proponga quale soggetto unitario nella risoluzione delle principali controversie fra gli Stati, con l’obiettivo di spostare l’asse di riferimento a livello globale verso l’area mediterranea allargata».
«Il Mediterraneo deve tornare ad essere un laboratorio politico-culturale» − ha concluso Emanuele − dove sperimentare «un modello alternativo all’accumulazione incontrollata del capitale e alla finanziarizzazione dell’economia a tutto svantaggio della produzione e dei bisogni fondamentali delle persone».
Foto di: xornalcerto