Gheddafi, l’Africano che ha permesso di lavare l’umiliazione dell’Apartheid Gheddafi è nel cuore di pressoché tutti gli Africani come un uomo molto generoso e dallo spirito umanitario, dato il suo appoggio disinteressato alla battaglia contro il regime razzista del Sud-Africa. Se Gheddafi fosse stato un uomo egoista, per nulla sarebbe stato obbligato ad attirare su di sé i fulmini degli Occidentali a causa del suo sostegno finanziario e militare offerto all’African National Congress, ANC, nella lotta contro l’apartheid.
È per questo che, appena liberato dopo i suoi 27 anni di prigione, Mandela decide di non rispettare l’embargo delle Nazioni Unite contro la Libia, il 23 ottobre 1997.
A causa di questo embargo, anche aereo, per 5 lunghi anni nessun aereo aveva potuto atterrare direttamente in Libia. Per arrivare in Libia, bisognava prendere un aereo per la Tunisia; arrivare a Djerba, viaggiare in macchina per 5 ore verso Ben Gardane, attraversare la frontiera e dopo 3 ore di strada nel deserto si arrivava a Tripoli.
Oppure, passare per Malta e compiere la traversata di notte su naviglio poco affidabile fino alla costa libica.
Un calvario per tutto un popolo, solo per punire un unico uomo, Gheddafi!
Mandela decise di spezzare questa ingiustizia e, rispondendo all’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, che aveva giudicato questa visita “inopportuna”, insorse affermando: “Nessuno Stato può arrogarsi il ruolo di gendarme del mondo, e nessuno Stato può dire agli altri ciò che devono fare”. Ed aggiunse: “Coloro che ieri erano gli amici dei nostri nemici, ora hanno la sfacciataggine di propormi di non visitare il mio fratello Gheddafi, ci consigliano di mostrarci ingrati e di dimenticare i nostri amici di ieri.”
Effettivamente, per gli Occidentali, i razzisti del Sud-Africa erano loro fratelli, che bisognava proteggere. Era per questo che tutti i membri dell’ANC, compreso Nelson Mandela, venivano considerati dei pericolosi terroristi.
Bisognerà attendere il 2 luglio 2008, perché il Congresso degli Stati Uniti votasse una legge per depennare il nome di Nelson Mandela e dei suoi compagni dell’ANC dalla lista nera dei pericolosi terroristi, non perché il Congresso usamericano comprendesse la bestialità di una tale lista, ma perché si voleva fare un gesto di benevolenza per i 90 anni di Nelson Mandela.
Se oggi gli Occidentali sono veramente pentiti del loro sostegno di ieri concesso ai nemici di Mandela, e sono veramente sinceri quando dedicano il suo nome a strade e piazze, perché continuano a fare la guerra contro Gheddafi, colui che ha permesso la vittoria di Mandela e del suo popolo?
Coloro che vogliono esportare la democrazia, sono loro stessi dei democratici?
E se la Libia di Gheddafi fosse più democratica degli Stati Uniti, della Francia, della Gran Bretagna e di tutti coloro che fanno la guerra per esportare la democrazia in Libia?
Il 19 marzo 2003, il presidente George Bush sgancia bombe sulla testa degli Iracheni con il pretesto di esportare la democrazia.
Il 19 marzo 2011, vale a dire 8 anni più tardi, e giorno dopo giorno, è il presidente francese che sgancia le sue bombe sulla testa dei Libici con il medesimo pretesto di offrire loro la democrazia.
Il signor Obama, Premio Nobel per la Pace 2009 e presidente degli Stati Uniti d’America, a giustificazione del fatto che sta procedendo allo sganciamento di missili Cruise dai suoi sottomarini sulla testa dei Libici, ha affermato che questo avviene per cacciare dal potere il dittatore Gheddafi ed instaurare la democrazia.
La domanda che ogni essere umano dotato di medie capacità intellettuali di valutazione e giudizio non può non porsi è: questi paesi come la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Italia, la Norvegia, la Danimarca, la Polonia, la cui legittimità di andare a bombardare i Libici si basa sul solo fatto di essersi autoproclamati “paesi democratici”, sono essi stessi realmente democratici?
Se sì, sono più democratici della Libia di Gheddafi? La risposta, senza ombra di equivoci è NO, per la semplice e buona ragione che la democrazia non esiste!
Non è il sottoscritto che afferma questo, ma l’uomo la cui città natale, Ginevra, ospita la maggior parte dei centri gestionali delle Nazioni Unite. Si tratta ben inteso di Jean-Jacques Rousseau, nato a Ginevra nel 1712, che afferma nel capitolo IV del III Libro del suo celeberrimo “Contratto Sociale”: “Non è mai esistita una effettiva democrazia, e non esisterà mai”.
Perché uno Stato sia effettivamente democratico, Rousseau ha posto 4 condizioni, secondo cui la Libia di Gheddafi è tanto lontana dalla democrazia quanto lo sono gli Stati Uniti d’America, la Francia e tutte le altre nazioni che pretendono di esportare in Libia la democrazia, vale a dire:
- le dimensioni dello Stato: più uno Stato è grande, meno può essere democratico; per Rousseau, lo Stato deve essere di dimensioni molto piccole perché il popolo possa facilmente riunirsi in assemblea, e così ogni cittadino possa senza difficoltà fare la conoscenza con tutti gli altri. Dunque, prima di dare corso alle votazioni, è necessario assicurarsi che ognuno conosca tutti gli altri; senza questo, votare per votare è un atto deprivato di qualsiasi fondamento democratico, diventa un simulacro di democrazia per eleggere un dittatore. La struttura dell’organizzazione dello Stato della Libia si fonda su una base tribale, che per definizione raggruppa assemblee popolari di piccole entità. Il sentimento democratico è più presente in una tribù, in un villaggio, che in una grande nazione, in quanto il fatto che tutti si conoscano e che la vita si conduca attorno a medesimi punti comuni apporta una sorta di autoregolazione, di autocensura, anche per valutare momento per momento la reazione o la controreazione degli altri membri a favore o contro le opinioni che possono aversi. Sotto questa angolatura, è la Libia che risponde al meglio alle esigenze di Rousseau, quello che non si può dire per gli Stati Uniti d’America, per la Francia o la Gran Bretagna, società fortemente urbanizzate, dove la maggior parte dei vicini non si dicono nemmeno buon giorno, e addirittura non si conoscono, anche se vivono fianco a fianco da 20 anni. In questi paesi, si è passati direttamente alla fase successiva, “il voto”, che è stato malignamente santificato in modo da fare dimenticare che questo voto è inutile, a partire dal momento che ci si esprime sull’avvenire dello Stato senza conoscerne i suoi membri. Perfino, si è arrivati alla sciocchezza del voto ai cittadini residenti all’estero. Conoscersi e parlarsi è la condizione essenziale della comunicazione per il dibattito democratico che precede qualsiasi elezione.
- è necessaria la semplicità dei costumi e dei comportamenti, per evitare di passare la maggior parte del tempo a parlare di giustizia, di tribunali, impegnati a trovare le soluzioni alla moltitudine di conflitti di interessi diversi che una società troppo complessa fa sorgere naturalmente. Gli Occidentali definiscono se stessi come paesi civilizzati, dunque dai comportamenti complessi, e la Libia come un paese cosiddetto primitivo, vale a dire caratterizzato da relazioni elementari. Da questo punto di vista, ancora una volta, è la Libia che risponderebbe al meglio ai criteri democratici di Rousseau, rispetto a tutti questi che pretendono di impartirle lezioni di democrazia. In una società complessa, i troppo numerosi conflitti vengono risolti secondo la legge del più forte, visto che colui che è ricco evita la prigione in quanto può permettersi i migliori avvocati e, soprattutto, l’apparato repressivo dello Stato viene orientato contro chi ruba una banana in un supermercato, piuttosto che contro un malvivente della finanza che causa il crollo di una banca. In una città come New York, dove il 75% della popolazione è bianco, l’80% degli uffici dei quadri dirigenti viene occupato da bianchi, ed invece in prigione troviamo una popolazione carceraria solo al 20% bianca.
- l’uguaglianza nelle condizioni sociali e nella gestione dei posti di potere. Basta andare a consultare la classifica FORBES 2010 per vedere quali sono i redditi delle personalità più ricche in ciascun paese fra quelli che sganciano le bombe sulla testa dei Libici e vedere la differenza con il salario più basso in ciascun paese, e fare lo stesso per la Libia, per capire che, in materia di ridistribuzione della ricchezza del paese, spetta alla Libia esportare il suo buon governo presso coloro che la combattono, e non il contrario. Anche sotto questa angolazione, secondo Rousseau, la Libia sarebbe più democratica di coloro che pomposamente vogliono esportare in essa la pretesa democrazia. Negli Stati Uniti, il 5% della popolazione possiede il 60% della ricchezza nazionale. Questa è la nazione più squilibrata, più diseguale nel mondo!
- Niente lussi! Per Rousseau, perché ci sia democrazia in un paese, non bisogna che ci siano troppi lussi, in quanto secondo lui, il lusso rende necessaria la ricchezza, e quest’ultima diventa la virtù, l’obiettivo da raggiungere a qualsiasi prezzo, non la felicità del popolo; “il lusso corrompe indifferentemente il ricco e il povero, l’uno per l’avidità di possedere, l’altro per l’invidia del possedere; il lusso vende la patria alle mollezze, alla vanità; il lusso sottrae allo Stato i suoi cittadini per asservirli gli uni agli altri, e tutti al buon giudizio.” C’è più lusso in Francia o in Libia? Questo rapporto di asservimento dei lavoratori, che sono spinti perfino al suicidio, anche se dipendenti da imprese pubbliche o semi-pubbliche, per ragioni di redditività, quindi per soddisfare il bisogno di possesso del lusso della parte che li sfrutta, è più stridente in Libia o in Occidente?
di Jean-Paul Pougala, scrittore camerunese, direttore dell’Istituto di Studi Geostrategici e professore di sociologia all’Università della Diplomazia di Ginevra, Svizzera.
Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova.
Foto: Abode of Chaos, شبكة برق | B.R.Q, StartAgain, Al Jazeera English, Euan Slorach, v i p e z