L’Africa si allontana dall’occidente

L’Egitto è il primo paese africano, vecchio alleato dell’occidente, che prende le distanze da Washington per conquistare finalmente la sua indipendenza.Durante il voto alle Nazioni Unite sulla Siria, abbiamo visto per la prima volta alcuni paesi africani che hanno resistito all’offensiva e alla pressione dell’occidente, astenendosi. Si vede che hanno messo il cappello su Pechino e che ormai non hanno più paura delle dichiarazioni del FMI o della Banca Mondiale. Questi paesi sono: l’Angola, l’Algeria, il Camerun, l’Uganda, la Tanzania.

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La situazione degli occidentali si fa più complicata in Egitto. Come avevamo detto all’inizio di gennaio e alla fine di dicembre, 17 locali di Ong egiziane e internazionali di difesa dei diritti e della promozione della democrazia sono stati perquisiti al Cairo. 44 persone, tra cui 19 americani (e tra questi il figlio del ministro dei trasporti statunitense) e altri stranieri, accusati di finanziamento illegale di organizzazioni non governative, sono state arrestate. Gli Usa hanno alzato il tono minacciando l’Egitto di tagliare gli aiuti militari se queste persone non fossero state rilasciate. Contrariamente ad ogni previsione, i Fratelli musulmani, con i quali aveva preso contatto il democratico John Kerry a dicembre, fanno blocco insieme al consiglio militare di transizione su quest’argomento.

Ieri, 16 febbraio, Essam El-Erian, neo presidente della commissione affari esteri della Camera del Popolo e vicepresidente del partito della libertà e della giustizia (Fratelli Musulmani), ha dichiarato ad un’agenzia di stampa occidentale che l’aiuto militare americano faceva parte degli accordi di pace di Camp David siglati nel 1979 con Israele.

I membri del Congresso degli Stati Uniti, dal canto loro, hanno moltiplicato le minacce in questi ultimi giorni. Il rappresentante democratico Gary Ackerman ha finanche detto che sia Washington che il Cairo “si stanno avvicinando al precipizio al di la’ del quale le nostre relazioni bilaterali potrebbero subire un danno definitivo”. “Se la gente qui [negli Usa] arriva alla conclusione che l’Egitto non si trova sul cammino della democrazia, ma che sta per diventare un altro Iran, le nostre relazioni bilaterali non potrebbero sopravvivere”, ha aggiunto. “Non siamo ancora arrivati a questo punto – ha concluso – ma ci stiamo avvicinando ogni giorno di più.”

Secondo un recente sondaggio, il 70% degli egiziani non vuole l’aiuto economico e militare americano. Mercoledì un importante predicatore salafista egiziano ha chiesto che l’aiuto americano sia rimpiazzato con i doni dei cittadini. Nello stesso giorno, Rashad Bayoumi, un altro importante responsabile dei Fratelli Musulmani, ha dichiarato che l’aiuto americano è una “catena che limita la libertà” dell’Egitto, definendolo come “aiuto umiliante”. Inoltre lo stesso ha criticato l’ambasciatrice americana Anne Patterson ricordando che ha un passato controverso (“questionable”) in Pakistan e accusandola di essere stata nominata in Egitto nell’agosto scorso per portare avanti quei metodi. Lo stesso ha ripreso le accuse del predicatore Mazhar Shaeen pronunciate a settembre 2011 in base alle quali la signora Patterson avrebbe favorito la “sedizione” in Pachistan (nel 2010 Wikileaks rivelava gli intrighi dell’ambasciatrice americana a Islamabad).

L’Egitto e il Pachistan che sono, insieme all’Indonesia, le tre più importanti potenze musulmane alleate degli Usa, hanno al momento dei rapporti freddi con quest’ultimo paese. In Egitto il dibattito sull’aiuto americano fa saltare un tabù. Le conseguenze di ciò sono ormai imprevedibili.

 

Fonte: http://atlasalternatif.over-blog.com/

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