Nel 2010, quando l’autrice dello Zambia residente negli Usa, ha pubblicato il suo primo libro “La carità che uccide” (Dead Aid), tutti sono rimasti scioccati.
Si trattava di un’argomentazione molto impressionante sull’imperialismo occidentale, sul fallimento dei programmi di aiuti internazionali visti come una tentazione allettante per le nazioni povere, come quelle africane. Nella maggior parte dei casi, ciò che loro chiamavano aiuto, ha incatenato quei paesi poveri alle istituzioni occidentali e ha lasciato che le vittime continuassero a cantare l’infinito inno della povertà e dei problemi economici.
Il suo punto di vista sull’argomento era interamente nuovo e interessante, finanche tra molti africani; soprattuto tra coloro che sono stufi dell’idea che la soluzione al sottosviluppo dell’Africa risieda nella quantità di aiuti che le nazioni occidentali hanno voglia di inviare all’Africa. La falsità e il denominatore della relazione Africa/occidente nella migliore delle interpretazioni si traduce attualmente nel dominio occidentale sulla sconfitta Africa.
Come evidenziato da questa grande donna nel 2010, adesso è tempo di parlare della sua nuova tesi, lo smantellamento dell’egemonia occidentale sull’economia mondiale o se vi piace l’occidentalizzazione della politica e della cultura globale per come la conosciamo oggi.
L’autrice mette a confronto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, visti come principali rappresentanti dell’occidente, e il nuovo rivale orientale, la Cina. Devo ammettere che questo approccio rende l’analisi sofisticata e sicuramente ciò sarà un valore aggiunto per i lettori che acquisteranno il volume.
“Un tempo, l’occidente aveva tutto: soldi, influenza politica, potenza militare; sapeva dove voleva andare e aveva la forza per realizzare i suoi propositi. Nel caso del Portogallo, dell’Olanda o dell’Inghilterra, è stato così per 500 anni.
Ciò nonostante, la storia del dominio occidentale nella seconda metà del ventesimo secolo è la storia dell’America,” così la Moyo lancia le sue argomentazioni, illustrando il progresso economico statunitense durante e dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Una crescita come quella di un giovane uomo che opportunamente dimostra la sua forza e dà prova di essere uomo.
La seconda guerra mondiale era la conseguenza di una scelta, la scelta condivisa di alcuni leader politic europei di voler soddisfare il loro desiderio di dominare i loro vicini più deboli. E come si dice “una perdita per uno è un vantaggio per un altro”, gli Stati Uniti hanno prestato all’Europa ciò di cui aveva bisogno per combattere la sua guerra mentre preparava il terreno per il suo boom economico.
Secondo la Moyo, l’azione degli Usa durante la guerra è stata come un matrimonio di imperativi politici e di saggezza economica. I beni che erano prodotti negli Stati Uniti durante la guerra e consegnati all’estero non erano solo un gesto politico per aiutare gli alleati, “ha anche aiutato a far crescere l’economia”, sostiene.
Prima che la battagliera Europa trovasse la sua strada verso la pace, in quanto forti debitori degli Stati Uniti, questi ultimi hanno fatto un buon uso dei propri capitali, della forza lavoro e della tecnologia e così rimaneva all’apice dell’economia globale, scrivendo le regole degli impegni internazionali e scegliendo attentamente con chi avere a che fare sia come amici che come nemici.
In fin dei conti aveva i soldi, personale molto qualificato e sofisticati muscoli tecnologici per sconfiggere qualsiasi possibile rivale ovunque si trovasse nel mondo.
Tutto ciò è rimasto quasi una verità assoluta fino a non molto tempo fa. Fino alle dimostrazioni di ciò che la Moyo descrive come le cattive politiche dei politici occidentali e degli Usa in particolare. Hanno avuto troppa fiducia in se stessi e hanno sottostimato coloro che hanno dominato per quasi cinquecento anni.
Forse, è il tempo stesso che sta cambiando e sta cambiano molto velocemente.
La crisi finanziaria del 2008 era solo un segnale di ciò che sta per accadere, il monopolio occidentale dell’economia globale e della politica ha già una diversa tonalità.
Sul finire del ventesimo secolo solo pochi economisti e futurologi politici avrebbero potuto prevedere l’attuale realtà economica in modo veramente preciso.
Gli sfidanti dell’occidente sono ciò che la Moyo chiama il resto. Sostanzialmente un gruppo di quattro potenze economiche emergenti: Brasile, Russia, India, tutti sovrastati dal gigante asiatico cinese. E stanno velocemente dimostrando all’occidente che c’è un’altra cosa di cui preoccuparsi oltre agli arsenali militari e alle agitazioni nucleari, che stanno iniziando a terrorizzare la popolazione mondiale. C’è la guerriglia economica e tecnologica, poche cose che stanno scivolando velocemente al di fuori del monopolio dell’occidente.
La Moyo ha le sue ragioni. L’occidente, nascondendosi nel suo imperialismo capitalista, ha penetrato ogni angolo della Terra, schiacciando ogni resistenza e imponendo la sua volontà a partire dagli ultimi 500 anni. La cultura, la politica e il dominio economico globale; l’occidente ha fatto sempre a modo suo, ma nonostante tutto, i suoi punti deboli erano presenti. Fiducia eccessiva, colli di bottiglia burocratici troppo vecchi per i tempi odierni che cambiano, la privatizzazione delle industrie e le regole troppo deboli, che hanno permesso a pochi individui ricchi di lasciarsi guidare dallo scatenato desiderio del profitto invece che dal bene comune della società occidentale.
Sotto questo aspetto il resto emergente, e soprattutto la Cina, ha avuto una strategia diversa. Cioè invece di essere guidata dal profitto come la controparte occidentale, che ovviamente non avrebbe potuto andare molto lontano, i cinesi erano pronti a creare più posti di lavoro per il proprio popolo anche se ciò si traduceva in margini di profitto più bassi.
Ciò si capisce meglio seguendo la linea delle argomentazioni della Moyo e cioè che le società private non agiscono per conto della popolazione nel senso più ampio ma per conto dei propri azionisti.
Per esempio, se la China oil (CNPC) diventasse una società privata, perseguirebbe automaticamente gli interessi dei suoi azionisti i quali, nell’attuale mondo globalizzato, non per forza sarebbero cinesi e perciò dovrebbe massimizzare il profitto in modo da ottenere un buon ritorno sull’investimento iniziale.
“Quando i politici statunitensi decisero di aprire il proprio mercato dei capitali, permettendo così il loro libero movimento attraverso i confini nazionali, si sono poste le fondamenta per la grande caduta dell’America. Ora ogni guadagno sui capitali americani all’estero finisce nelle tasche degli azionisti, i quali non hanno alcun obbligo di investire il loro denaro all’interno per il miglioramento dell’America; possono semplicemente mettere il proprio denaro in conti bancari sicuri all’estero”, argomenta l’autrice.
Non c’è alcun bisogno di dubitare che ci sono molti modi in cui l’occidente sta perdendo nella competizione con la Cina.
Il mese scorso, il 12 febbraio, l’ex presidente della commissione europea, Romano Prodi, parlava durante una conferenza all’università di Padova, nel nord Italia. Nel suo discorso ha messo in evidenza un importante vantaggio della Cina sui suoi concorrenti occidentali, soprattutto sugli Usa, nelle guerre in corso.
Prodi ha citato le guerre in ‘Afghanistan e in Iraq’ e ovviamente il pesante arsenale militare occidentale che circumnaviga il globo in continuazione. Tutto ciò costa risorse, un enorme quantitativo di risorse, di tempo e di personale occidentale. Nel frattempo, la Cina sta incanalando tutte le sue energie per far emergere il suo impero economico, per lasciare indietro l’occidente.
Questa è l’odierna realtà, e anche se la Moyo è stata abbastanza ottimista da scrivere che non tutte le speranze sono perse per il momento, l’occidente, e sicuramente il suo modo di operare, sta invecchiando e, sia che faccia o non faccia scelte politiche sbagliate, un giorno potrebbe ritrovarsi a secco.
E’ un amaro dilemma della natura umana e dei sistemi sociali, politici ed economici che sono stati creati.
Ewanfoh Obehi Peter
Traduzione di Piervincenzo Canale
Foto di: kikuyumoja, canada.2020, wikipedia.org, francescorusso,