ANIME IN CARNE ED OSSA
Di Luca Pistone –
Nella Città dei Morti, il museo monumentale del Cairo, la vita continua.
Attualmente questa necropoli è abitata da circa 800.000 “anime in carne e ossa” che da decenni si sono installate all’interno delle cappelle funerarie adibite alla sepoltura dei defunti. Vivono a contatto con i morti.
Il Cairo, metropoli di oltre 17 milioni di abitanti, non ha più lo spazio necessario per ospitare i suoi cittadini in esubero. Diviene dunque semplice comprendere come anni fa qualcuno (c’è chi dice una famiglia composta da padre, madre e figlio) abbia avuto la geniale intuizione di mettere radici in un luogo per definizione inospitale.
A questo qualcuno, a questo pioniere, fu sufficiente attraversare l’autostrada alle spalle della cittadella di Mohammed Ali per rendersi conto di avere innanzi a sé un luogo salubre (per il clima secco) ed estremamente economico.
Fu così sfatato un tabù.
Il precursore fu in breve tempo seguito da molti altri indigenti.
Senza dubbio gli albori della rinascita del cimitero videro un esercito di mendicanti riempire gli stretti vicoli sterrati. Ma presto ci si rimboccò le maniche: i nuovi inquilini lavorarono sodo per migliorare le condizioni del “quartiere” (tubature dell’acqua, corrente elettrica ed illuminazione per le strade non mancano).
I rapporti tra la gente del luogo e i parenti dei defunti sottostanno ad un tacito accordo: le tombe tradizionali includono infatti una stanza per il morto e delle stanze adiacenti per i vivi, così da permettere ai parenti dei defunti di visitare i propri morti per lunghi periodi.
Oggi gli abitanti del cimitero conducono una vita del tutto simile a quella dei loro corrispettivi del centro del Cairo. Certo non navigano nel lusso, ma neanche nella miseria come ci si può aspettare.
Il luogo è stato stigmatizzato dalle autorità come posto pericoloso per i numerosi criminali presenti e per questo inaccessibile ai turisti e ai curiosi. Le apparenze contano e Mubarak, Nazif e soci di certo non sfavillano nell’olimpo della politica che conta quando viene fatto loro presente che una delle nascenti attrazioni del Cairo è un cimitero di straccioni.
Ma non si tratta assolutamente di straccioni. O almeno non solo.
I soggetti di questo reportage sono tutti personaggi del ceto medio egiziano accomunati dalla loro provenienza o residenza: la Città dei Morti. L’intenzione è quella di testimoniare la loro dignità durante momenti passati dentro e fuori la Città dei Morti.
C’è chi ripulisce la propria strada.
C’è chi s’improvvisa venditore ambulante di pomodori.
C’è chi chiacchiera di sera con la vicina.
C’è chi prende la metropolitana per andare all’università.
C’è chi è riuscito ad aprire una piccola libreria.
C’è chi fa il barista.
C’è chi prega per strada e chi va alla moschea.
C’è chi aspetta l’autobus.
E c’è chi manifesta per una causa.
Ci sono tante persone che dimostrano ai benpensanti che decoro e rispettabilità non sono necessariamente legate alla provenienza.
Ci sono persone che sfatano tutti i tabù.
Foto e testo di Luca Pistone, www.pistonephotography.com
Direi che forse per avere un’idea più aderente alla realtà e conoscere la storia di questo cimitero che non è abitato da alcuni decenni come si cita nell’articolo, bensì dal IX secolo, non basta revarsi qialche volta a fare qualche passeggiata fra le tombe, scambiare (forse) qualche parola con i locali e fotografarne le atmosfere…bisogna approfondire e per approfondire bisogna leggere, starci in un posto, indagare, analizzare…
Il libro Egitto inedito è il resoconto di chi ci ha vissuto per 10 anni.
Consigliato a chiunque ha intenzione di scrivere su questo cimitero per non comunicare i soliti luoghi comuni che etichettano questa necropoli e la sua comunità…..
A. Tozzi Di Marco Egitto inedito. Taccuini di viaggio nella necropoli musulmana del Cairo. Ananke edizioni, Torino 2010
Il libro citato rappresenta la seconda monografia dell’antropooga Anna Tozzi Di Marco (la prima s’intitola: Il Giardino di Allah) che ha vissuto per 10 anni nel cimitero cairota allo scopo di condurre una ricerca sul campo volta ad approfondire le relazioni tra l’habitat sulle tombe e i rituali funebri e religiosi che vi si svolgono.
La necropoli musulmana cairota incarna un modello inedito d’insediamento abitativo informale, sorto fra le tombe in una commistione fra il sacro e il profano, a torto classificato come slum. Invisa da secoli alle autorità egiziane perchè espressione di eterodossia e quindi “out of control”, la sua comunità residente viene stigmatizzata come covo di criminali e emarginazione, di povertà urbana perchè difficile da irregimentare nelle regole del potere. In realtà molto più biecamente il suo territorio è appetibile per le speculazioni edilizie future delle grandi major del settore, tanto che un progetto urbanistico ne prevede l’eradicazione totale nel giro di pochi anni. L’habitat formatosi nel secolo IX si fonda sul culto funebre egiziano che ha radici arcaiche preislamiche e sulla devozione religiosa popolare, osteggiata dall’Islam dogmatico, oggi più che mai. Il libro oltre a raccontare gli aspetti salienti, culturali, sociali, religiosi della Città dei Morti, invita a visitarla secondo l’arte della flânerie, ovvero passeggiando senza meta e senza le pressioni delle guide turistiche secondo la modalità di un turismo lento, mettendo da parte le proprie categorie di pensiero e lasciandosi andare agli inconri casuali in un’interazione fertile con gli abitanti, e non alla mera esperienza del colore locale e della sola visione dei monumenti.
Meno foto da portarsi a casa come souvenirs e più propensione ad accogliere gli inviti dei residenti a bere un tè senza la paura di contaminarsi…