Pezzi di Europa dentro l’Africa, fin dentro, nel suo cuore.
Pezzi di Africa dentro l’Europa, fin dentro, nel suo stomaco.
Occhi gialli e mani callose nelle banlieue, cartoni accatastati a Rosarno, schizzi e tuffi a Nairobi.
Acqua sugli scatoloni fradici e sui decolleté abbronzati, il doposole è d’obbligo a queste latitudini.
Resort extra-lusso bagnati dal mare rosso, sangue sotto quell’impalcatura tirata su in fretta e furia. Ci lavora Didier, meglio ci lavorava, fino ad oggi, fino a stamattina. Non c’erano abbastanza imbracature per tutti. Capita. Un trafiletto sul giornale per lui, un’intera pagina per loro, che sono l’orgoglio dell’Africa intera.
Hanno giocato bene la loro partita d’esordio ma alla fine hanno solo pareggiato.
Può capitare.
Dicono che la pioggia e il vento non facciano per loro, si esprimono male senza sole, adorano il sole da queste parti, adorano sorridere, nonostante tutto.
Spira un vento freddo a Pretoria stasera eppure quello che arriva qui, nel Continente è caldo e avvolgente. E’ caldo e viene su dall’Africa, scirocco caldo che nasce alle pendici rocciose del Djurdjura e attraversa i vigneti di zibibbo di Pantelleria.
Come un amplesso vaporoso sovrasta l’assordante silenzio di Mdina, su fino a Lampedusa, fin dentro i polmoni di Hisham, entra ed esce, rassegnazione e speranza al di qua della rete metallica.
La nave per la libertà a volte ti porta in galera, dietro le sbarre. A guardare il mare e la tua America da dietro una rete di metallo con il filo spinato arrotolato in cima.
Nemmeno fossi un criminale, nemmeno fossi arrivato lì con un treno merci.
Si volta Hisham a cercare il forno crematore e le ossa dello sterno in bella vista. Si volta e vede sole e polvere. Si guarda intorno Hisham e vede occhi come i suoi. Speranza e rassegnazione. Neppure fossero prigionieri di guerra.
La legione straniera non c’entra stavolta. Nessun giuramento, nessun patto, soltanto voglia di libertà e di vita. Semplicemente. Salta Hisham, i suoi capelli ricci rasati oltre la recinzione, più forti del metallo, fin sopra, oltre il filo spinato.
Vuole sentire il vento nei capelli, senza nessun filtro, senza nessun paravento.
Nubi di polvere sotto i tacchi e i pensieri tra le nuvole. Liberi.
Saltella anche Shakira con il suo sorriso rassicurante. Ci rassicura che questo è il tempo per l’Africa. Canta e balla a trecento metri in linea d’aria dalle bidonville di Johannesburg e tutto sembra così normale.
Bianchi e neri che cantano insieme, allegramente, e credi sia stato così sempre, e ti auguri sia così per sempre. Anche quando le luci saranno spente ed i riflettori smontati e caricati sui tir dell’organizzazione. Ti inganni per una sera, vuoi solo sentire un po’ di musica, vuoi solo vedere un bel Mondiale, un grande spettacolo.
Ci vuole gioco di squadra per vincere le partite, anche quelle contro il mare forza 9. Tutti insieme, tutti coordinati, su e giù dalle onde.
‘Dov’è l’America? Dov’è la nostra Statua della Libertà? E’ lì, è lì oltre l’orizzonte me lo sento, lo so. I soldi per questo viaggio li recupererò in sei mesi di duro e onesto lavoro lo sento, lo spero. Avrò la tv, seguirò i miei fratelli da lì, dalla mia America’. Si entra in barca in Europa.
‘Conviene prendere un charter per Djerba o facciamo scalo a Casablanca? Corone di fiori e chitarre gitane al nostro arrivo. Ci aspettavano, ma che carini!
Oggi gioca il Camerun, farò il tifo per loro, arriveranno ai quarti me lo sento.’ Giocano di squadra i leoni indomabili e poi c’è lui che dribbla, salta, inventa. Lui sul tetto d’Europa c’è già stato, c’è stato tante volte, lui sa come si fa. Prende palla ed alza lo sguardo, si gioca palla a terra e occhi negli occhi, Africa o Europa che sia. Qui non si gioca per lo zero a zero. Mai. Accarezza il pallone con l’esterno ed avanza, si ferma, finta a sinistra e dribbling a destra, converge verso la porta, accelera, è uno contro uno adesso.
Poco tempo per pensare, bisogna farsi guidare dall’istinto in questi casi. Lui che si nutre di istinto e rapidità. Il sudore giù dalla fronte, copioso, i muscoli tesi, la coordinazione perfetta, corpo leggermente all’indietro.
La porta è grande vista da così vicino, è grande se hai il sangue freddo e se sei abituato. La miopia è dietro l’angolo, in agguato. Sarà tempo per lui?
Intanto le vuvuzelas continuano a suonare…ininterrottamente.
Isidoro Malvarosa