La prima volta che ho sentito parlare dell’Ottobre Africano mi sono chiesto: chissà che roba è questo festival? Ma perché ottobre? E l’Africa con ottobre che c’entra? Poi ho conosciuto Cleo, al secolo Cleophas Adrien Dioma, un burkinabé alto e largo come un giocatore di basket. Al festival del cinema di Verona presentava un suo film, il cui titolo in italiano faceva “cosa c’è là che non c’è qua“. Era in breve una piccola autobiografia cinematografica in cui spiegava come e perché è arrivato in Italia e, anche se non esplicitamente, spiegava le ragioni del suo impegno, spesso volontario cioè senza grandi guadagni o senza guadagni per niente, nell’Ottobre Africano.
Ecco, per quello che ho visto, l’Ottobre Africano è il risultato della capacità del suo direttore artistico e fondatore di coinvolgere italiani e africani in un progetto culturale o, più semplicemente, in un’esperienza che faccia capire agli uni e agli altri che hanno molte più cose in comune di quanto loro stessi pensino.
Anche se non mangiano le stesse cose e non hanno la stessa visione della vita, entrambi, italiani, burkinabé [la bé finale è d’importanza fondamentale in Burkina Faso, ma questo è un altro discorso che merita un post a parte] e africani, chiari o scuri che siano, sono entrambi eredi di civiltà millenarie, antichissime.
Entrambi hanno in comune un’esperienza di emigrazione/immigrazione [chi in Italia non ha un parente o un amico emigrato?], entrambi sanno o dovrebbero sapere che in questo mondo c’è posto per tutti eccetto che per l’avarizia, come diceva Gandhi. Qualche leghista/fascista/nazista dell’ultim’ora, cioè degli ultimi 120 anni, non possono cancellare l’eredità delle nostre civiltà millenarie e soprattutto non possono cancellare l’umanità.
L’Ottobre Africano è per l’Italia, o almeno per quelle città italiane che hanno la fortuna di avere persone che organizzano gli stand, le conferenze, i concerti, le cene, i pranzi, le mostre, ecc. ecc., l’opportunità di riscoprirsi grandi non perché ci sono dei soloni nelle cosiddette grandi istituzioni che ci dicono cosa fare e chi essere ma perché in Italia c’era civiltà laddove nel resto d’Europa, e soprattutto nel nord Europa, c’erano boschi, steppaglie, pecore e pecorai. Gli africani ci possono dare il coraggio necessario a ricordare questo a quei popoli europei che ci considerano ancora oggi popolo di serie B, popolo di incivili. Ecco alcuni italiani dovrebbero capire che non devono fare agli altri popoli ciò che subiscono quando vanno all’estero.
L’Ottobre Africano parla di Africa ma anche di Italia. Quell’Italia che nessuno vuole mostrarvi. Da quest’anno africanews.it sarà media partner di Ottobre Africano. Cosa vuol dire? Cercheremo di parlare con i protagonisti del festival: artisti, politici, cantanti, diplomatici, pittori, chef. Pubblicheremo le foto degli incontri e, laddove possibile, anche video-interviste a margine delle conferenze.
Piervincenzo Canale