Non è facile giungere al villaggio di Mwandama, sperduto nelle campagne del Malawi.
Dopo 40 minuti di volo da Lilongwe, su un aereo a elica, atterriamo all’aeroporto militare di Zomba, su una pista quasi di terra battuta.
A bordo di una jeep attraversiamo una campagna con una vegetazione rigogliosa, su strade prevalentemente sterrate. Molte piante sono presenti anche da noi, altre le vedo per la prima volta. Mi colpisce una palma, con le radici dentro l’acqua il tronco slanciato e nodoso e le foglie dal verde profondo con una striscia screziata. Avrei voluto portarla con me o almeno averne i semi. Non c’è tempo per botanica e giardinaggio.
L’arrivo a destinazione rappresenta un salto indietro nel tempo. Sembra di essere nelle campagne della Sicilia o della Calabria 60 anni fa. Pare di assistere dal vivo a scene viste nelle foto scattate da Robert Capa, durante lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia nel settembre 1943.
Bambini scalzi giocano nella terra. Donne trasportano pacchi immensi sulla testa. Gli uomini a gruppi di tre o quattro discutono.
Difficile descrivere la dignità negli sguardi delle persone che fotografo. Esseri umani che possiedono quasi nulla conservano intatto, nel mostrarsi alla telecamera, il loro decoro.
Il villaggio è sparso nei campi. La scuola dei bimbi, dista qualche chilometro dalla capanna dell’ospedale. Bisogna andare ancora più lontano per recarsi dal sarto, dal falegname, e nella chiesa costruita in legno. Vi è anche una cabina del telefono in plastica. Non vi sono altri mezzi di locomozione se non le gambe.
Il segretario generale viaggia a bordo di auto climatizzata, ma anche noi ad onor del vero.
Mwandama è sede di un progetto dell’ONU, denominato “Millenium Village” che ha come obiettivo il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare, della scolarizzazione primaria, dell’accesso ai servizi sanitari di base, alle telecomunicazioni e ai servizi bancari .
Quelli che inteneriscono sono i bambini: la loro spontaneità, timidezza, curiosità è simile quasi ad ogni latitudine. Questi in più hanno uno stupore negli occhi di cui non vi è più traccia nei nostri piccoli, super accessoriati.
Alle undici della mattina la visita è finita, eravamo partiti alle sei. Ripercorriamo a ritroso il nostro tragitto per giungere a Lilongwe e imbarcarci in un secondo aereo UN, stavolta con motori a reazione e non a elica, alla volta dell’Uganda.
Bellissimo spettacolo sorvolare il lago Vittoria, scendendo sempre più in basso, nella manovra d’avvicinamento all’aeroporto d’Entebbe. Il più grande lago d’Africa sembra un mare blu e per un attimo penso di essere a casa.
Superiamo i controlli di sicurezza, senza sottoporci ad essi, e corriamo a bordo di un pullman scortati dalla polizia per evitare il traffico caotico di Kampala. L’appuntamento è al Mandela National Stadium.
Si sta svolgendo la partita di calcio per commemorare le vittime di tutte le guerre.
Sul campo si affrontano le squadre “Justice” e “Dignity”. I giocatori sono uomini politici di vari stati, tra essi il ministro della Giustizia italiano, Angelino Alfano. Il vicepresidente del Senato italiano, Emma Bonino, ha il compito di dare il fischio finale della partita. Il presidente dell’Uganda Museveni ed il segretario generale dell’ONU scendono le scale della tribuna d’onore in abiti sportivi, seguiti da un boato di applausi e flash impazziti, e si uniscono al gioco.
A fine partita avviciniamo la vice-presidente del Senato, Emma Bonino, chiedendole un’intervista. Lei, con garbo, ci rimanda al giorno dopo, durante i lavori della conferenza internazionale. Sarà di parola.
Continua domani, martedì 8 giugno 2010 alle 12 di Demetrio Canale ha collaborato Carmelo Panassiti