Il “modello” Riace, la cittadina calabrese rinata grazie agli immigrati
Riace, Calabria. Una città passata alla ribalta della cronaca nel 1971 dopo la scoperta dei famosi Bronzi. Una città di quella regione sempre ultima nelle classifiche che, nel 2010 fu teatro di un episodio che l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni definì una vera e propria sommossa razziale e uno dei peggiori fatti accaduti nella recente storia italiana: i tragici fatti di Rosarno.
Ma, proprio la Calabria, grazie a Riace, si ritrova sulle pagine dei quotidiani internazionali come modello di accoglienza e integrazione. Dal prestigioso Guardian alla televisione francese. Un punto al confine dell’Europa che si è trasformato nella destinazione, nella speranza per migliaia di migranti richiedenti asilo. Non una destinazione qualunque, uno delle tante tappe di un’odissea infinita, ma un luogo per avviare un nuovo progetto di vita, una cittadina accogliente che offre servizi e strutture organizzate. Un luogo dove immigrazione è sinonimo di possibilità e non di problema.
Merito del sindaco Domenico Lucano dicono in molti. Eletto nel 2009 nella Lista Civica di centrosinistra, Lucano parla alla stampa straniera di Riace come di un esempio che dimostra quanto sia possibile “aprire le porte rispetto ai migranti”. Di sicuro attraverso un’abile gestione dei finanziamenti sia europei che dello Stato, Lucano sembra essere riuscito a creare un laboratorio sperimentale, un sistema di integrazione in grado di sostenere allo stesso tempo i richiedenti asilo e la popolazione locale.
E sì, perché Riace era a rischio scomparsa: si narra, infatti, che in un paesino nel torinese ci siano più abitanti di Riace che nella stessa cittadina calabrese. Una di quelle realtà a rischio spopolamento, come tanti paesini e piccoli comuni soprattutto del Sud Italia.
I migranti vengono accolti e gli viene offerto un progetto formativo che permette a loro di acquisire una professione e agli abitanti local8i di trovare un lavoro. La scuola, chiusa negli anni passati, è tornata a popolarsi di bambini e, con loro, Riace può tornare ad immaginare il futuro.
Il problema, però, rimane sempre quello della maledetta “questione meridionale”, una ferita mai chiusa per il nostro Paese. Per il modello virtuoso di Riace, la sfida è infatti rappresentata dal deserto circostante. Se Riace è pronta ad accogliere, non così il tessuto sociale e produttivo della regione, pesantemente “inquinato”, tra le altre cose, dalle attività della ‘ndrangheta.
Pasquale Domenico Romano
Fonte: mail di Giovanni Maiolo, avantionline.it