Il Marocco non è un paese per giornalisti indipendenti

Dodici grandi ong impegnate nella difesa della libertà d’espressione e dei diritti umani hanno scritto una lettera congiunta per sollecitare le autorità marocchine in modo da porre fine agli anni di prigione e molestie che il giornalista Ali Anouzla sta affrontando.

Anouzla rischia di affrontare dai dieci ai trenta anni di carcere con l’accusa di aver sostenuto il terrorismo pubblicando un articolo sul sito web Lakome, ormai bandito, che conteneva un link a un articolo del quotidiano spagnolo El Pais, che a sua volta includeva un video pubblicato dalla branca magrebina di Al-Qaida.

Secondo gli attivisti, le accuse contro il giornalista, che ora lavora come redattore capo dell’edizione araba del nuovo sito Lakome2, sono in realtà una rappresaglia per aver coperto il cosiddetto Daniel scandal, nel quale si accusa re Mohammed VI di aver graziato un pedofilo seriale spagnolo condannato dalla corte marocchina a trent’anni di carcere per dimostrare l’amicizia tra lui e re Juan Carlos di Spagna.

Lo scandalo aveva portato, nell’agosto 2013, a una manifestazione spontanea senza precedenti contro il monarca marocchino.

Frontiere News pubblica l’appello al re marocchino, sottoscritto da Vigilance for Democracy and the Civic State, Maharat Foundation-Lebanon, Arabic Network for Human Rights Information, Tunisian Forum for Economic and Social Rights, Tunis Center for Press Freedom, Committee for the Respect of Human Rights and Liberties in Tunisia, Cartoonists Rights Network International, Journaliste en danger, PEN International, Reporters Without Borders, International Press Institute e il World Association of Newspapers and News Publishers.
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A due anni dal suo primo arresto, detenzione e successivo rilascio, il giornalista indipendente e redattore capo dell’edizione araba del sito web di notizie Lakome2 (e del predecessore Lakome, che è stato bloccato) Ali Anouzla ha iniziato un altro anno affrontando le stesse accuse che le autorità marocchine portano avanti contro di lui dal settembre 2013. Le accuse contro Anouzla legate al terrorismo sono ancora in piedi, così come è ancora reale il rischio che lui dovrà trascorrere tra i 10 e i 30 anni di carcere.

Noi, le sottoscritte organizzazioni, siamo costernate dalla possibilità di vedere ancora una volta Ali Anouzla davanti a un tribunale per difendersi contro le stesse asserzioni prive di fondamento con le quali le autorità marocchine tentano di accusarlo da più di due anni.

Ripetiamo forte e chiaro che queste accuse infondate vanno contro il diritto internazionale e violano la sua libertà di espressione e il suo diritto di informare il pubblico.

Anouzla è stato arrestato il 17 settembre 2013 per la pubblicazione di un articolo sul sito Lakome che conteneva un link ad un articolo di El País che includeva un video pubblicato da Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM).

Il 24 settembre del 2013 è stato incriminato dal giudice istruttore presso la Corte d’Appello di Rabat con le accuse di: fornire “assistenza materiale” ad un gruppo terroristico, “difendere il terrorismo” e “incitare l’esecuzione di atti terroristici” (sulla base della legge antiterrorismo 03-03 del 28 maggio 2003).

Ha trascorso cinque settimane in “detenzione preventiva”, prima di essere rilasciato su cauzione il 25 ottobre del 2013. Il 17 ottobre del 2013, mentre era ancora in carcere, le due versioni del sito Lakome, in arabo e in lingua francese, sono state bloccate.

Dopo la liberazione con condizionale di Anouzla, le ripetute richieste all’Agenzia nazionale per la regolamentazione delle telecomunicazioni (ANRT) e all’ufficio del procuratore per sbloccare i siti non hanno trovato risposta.

Fino ad oggi, i siti restano inaccessibili dal Marocco.

Per tutto il 2014 e il 2015, Anouzla è stato esposto alla prospettiva di comparire davanti ai vari giudici istruttori con le stesse accuse legate al terrorismo che continuano a seguirlo, mentre le sue udienze vengono rinviate.

Di conseguenza il suo caso, e la minaccia di perdere la libertà, sono state deliberatamente prolungate.

Uno dei giornalisti arabi più apprezzati della regione, Ali Anouzla è noto per il suo impegno nel promuovere giornali indipendenti, nonché per la sua dedizione costante alla libertà di stampa, grazie a una linea editoriale audace che non esita a superare la linea rossa e a criticare le autorità, tra cui il re Mohammed VI.

Le sue pubblicazioni sono apprezzate per una linea editoriale inequivocabilmente a favore della democrazia, che si traduce in un trattamento critico ma equo nei confronti dei detentori del potere reale in Marocco.

Ciò ha permesso a Lakome, e ora a Lakome2, di attirare un pubblico relativamente vasto, così come collaboratori di alto profilo.

Molti osservatori dei diritti umani all’interno del Marocco, così come a livello internazionale, credono che le vessazioni delle autorità giudiziarie verso Anouzla siano una rappresaglia per aver rivelato su Lakome del Daniel scandal, in cui il re marocchino è stato coinvolto per avere graziato, come un gesto di amicizia tra lui e il suo omologo re Juan Carlos, uno stupratore di bambini seriale di origine spagnola, condannato a tre anni di carcere – dei quali solo uno e mezzo è stato trascorso dietro le sbarre.

Lo scandalo ha portato a un’ondata di manifestazioni contro il monarca marocchino nei primi di agosto del 2013 e ha stimolato una solidarietà senza precedenti tra gruppi per i diritti umani locali, regionali e internazionali.

Dopo il lancio di Lakome2 nel mese di agosto 2015, Anouzla è stato ancora una volta invitato a comparire davanti a un giudice istruttore, il 26 novembre, per rispondere alle domande relative alle stesse motivazioni politiche del 2013.

Esortiamo le autorità marocchine a respingere una volta per tutte le accuse contro Ali Anouzla e a permettergli la libertà di praticare il giornalismo indipendente senza ostacoli. Questa instancabile indagine verso un giornalista rispettato, con accuse chiaramente infondate, dovrebbe essere un motivo di imbarazzo per il Marocco; invece, le autorità sembrano determinate a punirlo per la sua volontà di interrogare le autorità – il fondamento di ciò che significa essere un giornalista.

Ali Anouzla non è un terrorista, e le autorità marocchine dovrebbero vergognarsi di questi continui tentativi di denigrare in questo modo lui e la professione del giornalismo.

Liberate Ali Anouzla; lasciate che la critica e il giornalismo indipendente prosperino in Marocco.

Fonte: frontierenews.it

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