IL DRAMMA DEGLI ERITREI

Riprendiamo dalla rete Peacelink questo scritto degli eritrei in Italia.

Come avete sentito tutti l’alba del giorno 3 ottobre 2013 i nostri connazionali eritrei provenienti dalla Libia, quando ormai pensavano di aver raggiunto la meta tanto sofferta e averla avuta vinta, hanno trovato la morte. Si parla di 500 persone e i sopravvissuti sono solo 155. Il loro racconto è drammatico.

In quanto a tempestività ed aiuto prestato dai soccorritori si deve sottolineare quanto fatto dai volontari che si sono prestati per tutto ciò che era possibile. È stato proclamato un lutto per le vittime, mentre il regime dell’Eritrea sulle sue emittenti televisive ha dato notizie frammentarie parlando di “africani” come se non fossero nostri “connazionali”. Questo ci addolora ancora di più.

Già nel marzo 2011 una nave, la “Apen”, uscita dal porto di Tripoli con a bordo 335 eritrei è sparita nel nulla; sempre in quel periodo, un’altra nave con 90 eritrei è scomparsa e nessuna inchiesta è stata fatta dall’Europa per stabilire cosa è accaduto; alcune nazioni allo scoppio della guerra in Libia hanno salvato i loro connazionali mentre il consolato eritreo non ha voluto sapere niente.
Nel 2009 un’altra nave con a bordo 80 persone, dopo 21 giorni in balia delle onde, sono morte una dopo l’altra: ne sono rimaste in vita solo 5.

Nel Sinai alcuni vengono sequestrati con una richiesta di riscatto di 40.000 Euro, che se non vengono pagati dai parenti, i sequestratori espiantano i reni e gli altri organi. Alcune fonti di informazione dicono che il numero di queste vittime ha raggiunto le 4.000 unità!
Nel Sudan i Rashaida, una tribù nomade di trafficanti di organi, d’accordo con il regime eritreo di Afeworki ha addirittura prelevato dei bambini di 3 e 7 anni strappandoli alle loro madri!

Non è un mistero che in Eritrea ci sia un regime spietato, che i nostri ragazzi vengano chiamati obbligatoriamente al servizio militare chiamato “sawa” e i militari sanno di entrare ma non sanno quando potranno mai uscire, se non scappando a rischio della loro vita; chi riesce a scappare si dirige nel Sudan, dopodiché si fa di tutto per attraversare il deserto e raggiungere la Libia. In tutto questo percorso i pericoli sono sempre in agguato, c’è chi percorre il deserto su fuoristrada a 200 chilometri all’ora e se cadi sei spacciato.
Dopo aver superato tutto questo si arriva al mare in direzione del Mediterraneo subendo anche tante truffe e violenze, stupri alle donne e infine, se tutto va bene, si arriva in Italia.

In Eritrea esistono 360 prigioni di cui 160 sottoterra e dei container in mezzo a zone desertiche in cui la temperatura raggiunge i 45 gradi: queste sono le torture a cui sono costretti i prigionieri, tra cui anche ministri che sono detenuti dal 2001 e un patriarca ortodosso di 87 anni entrato in carcere nel 2006 e tuttora detenuto nonostante la veneranda età.

Le tragedie di queste popolazioni sono continue: fermiamole!

Ringraziamo per la solidarietà degli italiani e chiediamo l’appoggio alla nostra lotta per abbattere il regime sanguinario!

Gli eritrei presenti in Italia

 

 

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