In un articolo congiunto che riportiamo qui sotto, il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, e il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, lanciano un “patto per la Somalia”.
Corriere della Sera
Franco Frattini e Amr Moussa
La comunità internazionale non può più permettersi di ignorare la Somalia.
Gli Stati che sono attraversati troppo a lungo da conflitti interni tendono poi a diventare santuari per gli estremisti. Ci troviamo oggi di fronte a una catena di crisi che collega il Corn d’Africa con la situazione dello Yemen fino a raggiungere l’Afghanistan.
Con il crescente impegno militare in Afghanistan un numero sempre più alto di terroristi si sta spostando in Somalia e nello Yemen. Secondo le nostre informazioni gruppi radicali somali avrebbero instaurato legami stretti con altri gruppi nello Yemen, Paese che ospita oggi circa un milione di persone provenienti proprio dalla Somalia.
A ciò si aggiungono gli atti di pirateria nel Golfo di Aden che alimentano ulteriormente l’instabilità nella regione. Dopo 20 anni di guerra civile, la Somalia è diventata il teatro dello scontro tra estremisti, signori della guerra e forze che si battono per la ricostruzione sotto l’autorità del Governo federale transitorio (Tfg), il governo legittimo del presidente al-Sharif.
Consolidare il Tfg e impedire che il terrorismo prenda il sopravvento non è solo nell’interesse della maggioranza della popolazione somala, ma è anche nel comune interesse dei Paesi della regione e della comunità internazionale.
Abbiamo quindi una sola opzione praticabile: sostenere il Tfg.
Tutti noi lo stiamo incoraggiando al dialogo e a intensificare gli sforzi per realizzare quella riconciliazione interna, basata sull’Accordo di Gibuti del giugno 2008, da cui dipende la pace durevole. Inoltre, ristabilire una presenza internazionale a Mogadiscio costituirebbe un ulteriore importante passo in avanti per dimostrare il nostro comune impegno a rafforzare la legalità nel paese.
La Lega Araba ha attualmente un ufficio a Mogadiscio, insieme a poche altre missioni o ambasciate arabe africane.
Nell’ottobre scorso il governo di Gibuti ha anch’esso deciso di riaprire la propria ambasciata a Mogadiscio. La sede era chiusa dal 1991.
Ora anche l’Italia ha annunciato la decisione politica di riaprire la propria ambasciata non appena le condizioni lo consentiranno. L’impegno della comunità internazionale in Somalia è in questi anni stato sporadico e insufficiente e, di conseguenza inefficace. Assai meno della metà dell’aiuto globale che era stato promesso alla Conferenza di Bruxelles dell’aprile 2009 è stato erogato. C’è quindi urgente bisogno di un cambio di passo.
L’Europa, insieme alle Nazioni Unite, all’Unione Africana e alla Lega Araba, può e deve prendere l’iniziativa per riportare l’attenzione internazionale sulla Somalia e per raccogliere le risorse necessarie per la sua stabilizzazione.
E’ ora che l’azione multilaterale si concentri per «risolvere» la crisi in Somalia, piuttosto che semplicemente «gestirla». E’ dunque necessaria un’azione congiunta e integrata tra le diverse organizzazioni regionali e internazionali interessate alla Somalia: l’Unione Africana, la Lega Araba, l’Unione Europea, l’Igad (l’organizzazione economica regionale dei Paesi dell’Africa orientale), le Nazioni Unite.
ll problema Somalia va affrontato in due modi.
Nell’immediato, la priorità è la sicurezza e l’assistenza umanitaria. Dobbiamo rafforzare le forze di sicurezza somale, sostenere l’Amisom (la missione di sicurezza in Somalia guidata dall’Unione Africana) e fornire alla popolazione somala la necessaria assistenza umanitaria. Sicurezza e assistenza umanitaria sono tra loro legate. E’ molto più difficile, per le agenzie internazionali, fornire assistenza senza la garanzia di un minimo di sicurezza: come è dimostrato dalla decisione, si spera temporanea, del Pam di sospendere la sua attività nel sud del Paese. L’Italia ha già dato i 4 milioni di euro impegnati a Bruxelles e sta per erogare ulteriori 4 milioni attraverso l’Iniziativa italiana di pace in Africa a favore delle forze somale di sicurezza e di Amisom e per il funzionamento dei principali ministeri somali.
La Lega Araba ha di recente contribuito con un altro milione di dollari erogati direttamente al Tfg. Inoltre, l’Italia sta considerando di organizzare in Kenia una formazione efficace per le forze di polizia somale. Il nostro auspicio è che ora altri Paesi possano quanto prima fare altrettanto.
A medio termine, è necessario individuare una strategia di stabilizzazione globale con riferimenti chiari e tempi certi di attuazione.
Un «Patto per la Somalia» dovrebbe essere lanciato nell’ambito di una Conferenza internazionale da tenersi entro quest’anno. La Conferenza dovrebbe essere preparata con accuratezza, coinvolgendo i Paesi della regione, l’Unione Africana, la Lega Araba e l’lgad.
La Conferenza deve servire a lanciare da parte della comunità internazionale un forte segnale di appoggio al governo Somalo. E il governo somalo, da parte sua, dovrà impegnarsi ad aumentare gli sforzi sul fronte della riconciliazione interna e impegnarsi nello sviluppo di istituzioni funzionanti, trasparenti e responsabili.
Il nuovo patto deve essere guidato da un coinvolgimento locale e regionale. La stabilità e la sicurezza dipenderanno in ultima analisi dall’attività del Tfg: ma troppo alta è per noi la posta in gioco perché ci si accontenti che le cose migliorino autonomamente.
Dobbiamo perciò agire ora e subito!