Intervista all'ambasciatore egiziano Ashraf Rashed

Quanto è importante questo forum per il dibattito sull’Africa?
Penso che questo forum sia un’opportunità per una discussione molto franca e costruttiva. Fa incontrare gli africani e gli europei su una base paritaria, nell’ambito di una partnership e gli ideali sono svilupati da entrambe le parti. Non si tratta di una delle parti che fa un’agenda e dell’altra parte che si sottomette a quell’agenda. Penso che è quello di cui abbiamo bisogno.

In secondo luogo c’è sicuramente un gran beneficio e un’opportunità per l’Europa e per l’Africa. Ci possiamo completare reciprocamente. E’ un situazione in cui non esiste un perdente.

Ho apprezzato molto l’apertura di questo forum che ha avuto inizio cinque anni fa su iniziativa di Ambrosetti e della Fondazione Banco di Sicilia (BdS). Io stesso ero ambasciatore in Italia, dal 2006 al 2011. Quando Ambrosetti e la Fondazione BdS si presentarono con quest’idea, io insieme ad altri ambasciatori africani eravamo molto entusiasti per questo forum e abbiamo anche partecipato alle fasi iniziali. Pensiamo che sia un ottimo strumento per aggiornare le relazioni sia tra l’Africa e l’Europa che tra l’Africa e l’Italia e la Sicilia. Questo è molto importante per entrambe le parti.Parliamo dell’Egitto. Quando cadrà il regime militare?
Non c’è un regime militare per il momento. C’è stato un cambiamento di regime l’11 febbraio quando il presidente Mubarak lasciò il potere. Dando le dimissioni assegnò la gestione del paese al Consiglio supremo delle forze armate. Questa decisione fu appoggiata dal popolo. Quindi non abbiamo un altro regime.

Abbiamo un periodo di transizione. Dove c’è un governo civile e un Consiglio supremo delle forze armate che gestisce il paese. Questo periodo di transizione dovrebbe finire. C’è un piano che inizierà il 18 novembre con le elezioni per la camera bassa del parlamento e poi avremo le elezioni anche per il nostro Senato che è la camera alta a gennaio/febbraio. Le elezioni del nuovo parlamento termineranno a marzo. Dopodicché nomineranno un’assemblea per redigere la nuova Costituzione.

Come lei sa quando cadde il passato regime il parlamento fu sciolto, la Costituzione fu sospesa, quindi non abbiamo una Costituzione, non abbiamo un parlamento. Adesso stiamo per eleggere il parlamento e poi scriveremo la nuova Costituzione. Quest’ultima dovrà essere approvata tramite un referendum. Successivamente si apriranno le elezioni per la presidenza.

Speriamo che entro il prossimo anno le istituzioni civili siano in funzione. Adesso il ruolo del Consiglio supremo delle forze armate è di gestire il paese, di salvaguardare la rivoluzione che è stata fatta, perché credo che chiunque sia d’accordo sul fatto che le forze armate egiziane non siano state contrarie al popolo ma lo hanno appoggiato.

Ciò che ha decretato il successo di questa rivoluzione è che i giovani, come ho detto ieri, hanno dato inizio a questo processo. A loro si sono affiancati successivamente gli altri settori della società. Allora le forze armate li hanno appoggiati. Questi tre elementi hanno fatto sì che la rivoluzione avesse successo. Ciò di cui abbiamo bisogno adesso è di tornare alla normalità il più presto possibile. Abbiamo un periodo di transizione che deve passare perché hanno fallito tutte le istituzioni, eccetto il governo e il Consiglio supremo delle forze armate.

Speriamo che questa transizione finisca presto. L’Egitto ha bisogno di un governo civile. Un presidente civile. E ha bisogno di tornare al suo ruolo tradizionale di leader nel Medio Oriente e un promotore di pace.

Alcuni sostengono che le rivoluzioni in Nord Africa siano state manipolate dai servizi segreti occidentali. Lei è d’accordo con quest’analisi?
No. Non sono d’accordo. Ovviamente ognuno ricorda  che ad un certo punto c’era questa discussione sul grande Medio Oriente e c’erano delle voci, soprattutto negli Usa con i neo-conservatori, che parlavano del caos creativo e del cambiamento di regime. Penso che questo sia ridicolo. Quest’idea non si è verificata. Ciò che si è verificato è che il cambiamento è venuto dall’interno, non dall’esterno. Il cambiamento è nato dal popolo, nei diversi paesi, per le ragioni che ho spiegato ieri. Ci sono regimi autoritari che sono rimasti al potere per troppo tempo.

Per l’Egitto è stato quasi 30 anni. Per altri potrebbe essere di più. C’era povertà, nonostante l’alto tasso di crescita che avevamo non c’era giustizia sociale. C’era disocuppazione.

Forse ci sono state delle rivoluzioni per fermare le politiche neo-liberiste?
No. Non si sono verificate per fermare politiche neo-liberiste. Ma per cambiare uno status quo che è esistito per troppo tempo, in Egitto e in altri paesi. Non si tratta di quest’idea ridicola del caos creativo. Non credo per niente che sia questo il caso. Queste forze che hanno fatto il cambiamento sono forze interne che cercano fondamentalmente gli interessi dei propri paesi, compresi ovviamenti l’Egitto, la Tunisia e altri.

Non so dove si fermerà questa primavera araba. Ma è chiaro che adesso, in quest’epoca, la gente ha bisogno di avere un paese che riflette i propri bisogni. I giovani non sono più pessimisti. Sono ottimisti e vogliono contribuire a costruire il loro paese. E’ questo quello che vogliamo vedere in Egitto.

Ultima domanda. Come giudica la situazione in Libia. Molti africani sostengono che dietro l’operazione della Nato si nasconde solo una ricolonizzazione della Libia. Lei è d’accordo?
Come ho detto prima, i fattori che hanno dato il via alle rivoluzioni in Egitto e forse anche in … a Tunisi è che c’erano dei regimi che erano rimasti al potere per troppo tempo. Erano regimi autoritari. Non rispondevano ai bisogni del popolo.

Ovviamente in Libia non c’è solo una rivoluzione ma anche una guerra civile. E poi c’è un grosso punto interrogativo su quest’intervento straniero dove la Nato, e anche alcuni paesi arabi che si sono uniti alla Nato, hanno giocato un ruolo in questa guerra civile.

Ieri lei ha sentito alcuni relatori dire che ci sono ragioni economiche dietro la Francia, il Regno Unito e anche l’Italia che si è unita a questa campagna. Ovviamente come arabo non avrei voluto alcun intervento straniero. Mi sarebbe piaciuto che i libici risolvessero i propri problemi interni per conto loro. Tuttavia come si vede i fatti si sono sviluppati in un modo tale che c’è stato l’intervento straniero. Non penso che ciò sia stato giusto. Ma se i libici lo accettano non posso giudicare al posto loro.

Visto che la Libia ha una struttura diversa dall’Egitto, spero che i libici ricostruiranno il paese in modo tale da tener unito il paese, in modo da dotarsi di istituzioni che modernizzino la Libia e che non la portino indietro. La Libia è un paese con enormi risorse e potenzialità e non voglio vedere la Libia cadere in mezzo a una battaglia tra superpotenze. O paesi occidentali che cercano di manipolare o gestire le risorse del paese in un modo che non sia d’interesse per i libici. Non sto parlando dell’Italia in particolare. So che l’Italia ha relazioni strette con la Libia. E so che l’Italia è interessata non solo a conservare i suoi interessi economici, il che è un fatto della vita, lo deve fare, ma anche di mantenere un’amicizia con i libici, perché è un paese che ha preso delle misure per chiudere un capitolo della storia con la Libia che era un poco negativo e aprire un nuovo capitolo che è positivo.

 

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