di Marina Marchisio
È stato recentemente pubblicato un Rapporto curato dalla rete europea di esperti in Economia dell’educazione (European, Expert Network on Economics of Education) dedicato alla valutazione dei legami tra il successo educativo e l’integrazione economica.
Pur in un quadro di forte eterogeneità a gli tati membri, emerge con chiarezza che ovunque i migranti hanno risultati e livelli educativi leggermente più bassi dei loro pari età “nativi”.
L’istruzione, però conferma la sua dinamica ascendente tra le generazioni: i bambini che vivono in famiglie migranti, anche se meno competenti dei loro coetanei hanno un livello di istruzione più elevato rispetto ai genitori (non va dimenticato in proposito, che proprio il futuro dei figli e la possibilità di dare loro un’istruzione è una delle motivazioni che spingono a intraprendere percorsi migratori).
Il Rapporto, poi, invita a guardare con attenzione alle politiche che i diversi Paesi adottano per favorire l’integrazione scolastica dei bambini e ragazzi stranieri e la riduzione dei gap scolastici ed educativi: se, come emerge dai dati, non sempre il fattore linguistico basta a spiegare tale gap e se esso persiste anche quando variano in maniera significativa le caratteristiche individuali e ambientali, allora, sostengono gli autori, significa che servono strumenti integrati e politiche differenziate.
Non meno importanti sono il quadro istituzionale di riferimento, la struttura del sistema scolastico e la combinazione delle caratteristiche demografiche di insegnanti e studenti.
In estrema sintesi, le misure che garantiscono ai bambini provenienti da famiglie migranti, adeguato accesso al sistema prescolare possono consentire il miglioramento dei risultati sia nel breve si nel lungo periodo; il miglioramento delle performance, poi può essere sostenuto da tutti quegli interventi che lavorano con gli insegnanti per il superamento degli stereotipi e, ancora più incisivo è il fatto di avere nel corpo docente operatori con alle spalle un’esperienza migratoria.
Altro tema affrontato nel Rapporto è l’effetto della presenza dei pari sui risultati scolastici: i risultati delle evidenze empiriche sono controverse e, per questa ragione, i ricercatori suggeriscono di orientarsi verso politiche che evitino la concentrazione nei contesti educativi di ragazzi migranti
In generale, si legge nella parte finale del Rapporto le politiche degli Stati membri hanno seguito differenti direzioni: in alcuni casi (Austria e Paesi Bassi) si è puntato sulla fascia prescolare, con il forte coinvolgimento delle famiglie e con l’obiettivo che di avere un buon livello di preparazione e conoscenza all’ingresso ella fascia dell’obbligo.
Altri Paesi (Bulgaria, Germania, Danimarca, Francia, Germania, Svezia, Svizzera e Regno Unito) hanno invece puntato sul rafforzamento delle competenze, in particolare di quelle linguistiche nella scola primaria e secondaria.
mAltre strade percorse sono state: l’offerta di attività extracurricolari) (Danimarca e Germania) e attività multilingue in classe (Belgio, Francia, Grecia, Irlanda e Regno Unito).
Infine ci sono stati Paesi in cui si è lavorato anche con il corpo docenti, al fine di migliorarne le competenze di lettura dei bisogni e di relazione con i ragazzi provenienti da famiglie migranti (Francia, Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Regno Unito).
«Questa – concludono gli autori – sembra essere la strada giusta, anche se manca un adeguato impianto valutativo dei diversi approcci e delle diverse politiche».
Fonte: www.apiceuropa.com