In un articolo pubblicato sulle pagine di economia di Jeune Afrique, l’economista Léonce Ndikumana sostiene che le risorse per il rilancio delle economie africane ci sono. Tuttavia queste vengono raggirate dalle casse dello Stato verso contri offshore delle multinazionali.
Lo scorso luglio, 83 sedicenti “milionari dell’umanità” hanno pubblicato una lettera aperta per chiedere ai propri governi di aumentare le tasse dei più ricchi “immediatamente, sostanzialmente ed in modo permanente”, al fine di finanziare la lotta contro il coronavirus.
Sebbene l’iniziativa sia lodevole, ciò non riguarda che un pugno di persone rispetto ai 513.244 individui che, nel mondo, erano, prima della pandemia, in cima ad una fortuna superiore ai 30 milioni di dollari. Da allora, come svelato dalla banca svizzera UBS, il patrimonio dei più ricchi è aumentato ancora: di più di un quarto tra aprile e luglio, mentre imperversava la prima ondata della pandemia.
La gioventù pagherà il tributo più pesante: i primi toccati sono i lavoratori tra i 15 e i 24 anni di età.
Anche se prima era già scandalosa, questa situazione è diventata insopportabile dopo che l’economia mondiale è caduta nella più grave crisi che abbia mai conosciuto dalla Grande Depressione del 1929.
Di sicuro, in Africa, il virus ha ucciso meno che altrove tuttavia il suo impatto economico ha delle conseguenze drammatiche: rallentamento dell’attività, crollo del turismo, dimuzione delle rimesse dei migranti, minore domanda di materie prime…
Nel giugno del 2020, l’FMI annunciava una contrazione del 3,2% del PIL del continente. Per l’Africa subsahariana si tratta delle prima recessione degli ultimi venticinque anni.
La Banca mondiale stima che almeno cinque anni di progresso saranno cancellati, con 40 milioni di Africani che si troveranno in una situazione di povertà estrema. La gioventù pagherà il tributo più pesante: le prime vittime saranno i lavoratori tra i 15 e i 24 anni che, per il 95% di loro, sono nel settore informale. Ciò, seconodo l’UA, potrebbe far scomparire 20 milioni di posti di lavoro. Sebbene la chiusura delle scuole possa sembrare una misura provvisoria, in realtà è una battuta d’arresto definitiva nella scolarizzazione di molti bambini, in particolare delle bambine.
La perdita d’introiti corrisponde, per esempio, al 20% del budget della salute del Marocco
Come ovunque nel mondo, rimettere in piedi le economie africane avrà un costo. Ciò significa iniettare liquidità nei servizi pubblici, ovviamente nella sanità e nell’istruzione. Ciò presuppone anche che i paesi spendano prioritariamente per stimolare il mondo del lavoro e aiutare le PMI, investendo nella prevenzione delle future pandemie così come nella lotta ai cambiamenti climatici.
Una prospettiva che semina il panico in molti governi, che hanno visto i loro debiti esplodere, l’accelerazione della fuga dei capitali e che sono piuttosto tentati da programmi d’austerità.
Artifici contabili
Pertanto, come ricordato dai « milionari dell’umanità », queste risorse esistono. Il problema è che continuano ad essere sottratte alle casse degli Stati per gonfiare i conti offshore delle multinazionali, anche di quelle più ricche. Secondo un rapporto su « lo stato della giustizia fiscale nel 2020 » (pubblicato Tax Justice Network, l’Alleanza mondiale per la giustizia fiscale e l’Internazionale dei servizi pubblici), gli Stati del mondo intero sono così privati di più di 360 miliardi di euro ogni anno.
L’impatto di questo saccheggio è impressionante. Ad esempio, il deficit corrisponde al 20% del budget sanitario del Marocco. Questa percentuale sale al 45% in Costa d’Avorio, al 70% in Senegal e al 472% in Nigeria.
I campioni dell’ottimizzazione fiscale sono i giganti del digitale
All’origine di queste perdite, si trovano, ovviamente, i miliardari che nascondono i loro attivi nei paradisi fiscali. Ma i primi responsabili sono le multinazionali che moltiplicano gli artifici contabili – molto spesso legali ! – per dichiarare gran parte dei propri guadagni nei paesi a debole fiscalità, anche se non hanno alcuna attività, e per pagare imposte irrisorie.
I campioni senza tema di smentita di quest’ottimizzazione fiscale sono i giganti del digitale, data la loro facilità a manipolare le transazioni virtuali tra le loro filiali. Per cinismo, sono anche coloro che hanno tratto maggiori benefici dalla pandemia, poiché le loro attività richiedono meno scambi tra le persone.
Le capitalizzazioni di Facebook, Google, Apple e Amazon hanno rispettivamente preso il volo del 66 %, 41 %, 84 % e 72 % dopo la compensazione delle perdite subite a marzo sotto lo choc del Covid-19. È per questo che i paesi africani dovrebbero seguire le orme dell’India, del Regno-Unito, della Francia, e introdurre tasse progressive sui servizi digitali.
Scegliere lo status quo, in Africa ancora più che altrove, significa optare per l’instabilità.
D’altronde è una delle cinque misure che la Commissione indipendente per la riforma della fiscalità internazionale delle imprese (ICRICT), di cui sono membro, ha individuato affinché gli Stati possano affrontare la pandemia. Raccomandiamo anche l’adozione d’una imposta più elevata per le imprese in situazione di monopolio o oligopolio, specialmente quelle che traggono profitto dalla crisi, come il settore farmacutico.
È anche il momento di adottare un’imposta minima ambiziosa – su scala planetaria – per tutte le aziende, approfittando del cambio d’amministrazione à Washington, dato che il presidente eletto Joe Biden ne è favorevole.
Nel 2030, un terzo dei giovani lavoratori nel mondo saranno africani. L’estrema giovane età dell’Africa è stata senza dubbio la sua forza di fronte alla malattia del Covid-19. Ma mostra anche la sua impazienza mentre la sua vitalità è già repressa dalla disoccupazione, dalla violenza, dalle inuguaglianze, dalla corruzione e, oggi, da questa recessione. Scegliere lo statu quo, in Africa ancor più che altrove, significa scegliere l’instabilità.
Fonte: Jeune Afrique