di Giovanni Godio
Migranti suddivisi per nazionalità dopo lo sbarco. Poi, in parte abbandonati a se stessi dopo essere stati internati in un CIE ed essere riusciti a chiedere asilo (i nigeriani) o dopo aver ricevuto un provvedimento di “respingimento differito” (i magrebini). Avviene in Puglia, dove i fatti seguiti allo sbarco del 7 dicembre 2015 a Taranto, secondo le informazioni raccolte dalla sezione pugliese dell’ASGI, sono «una perfetta rappresentazione dell’evoluzione del diritto d’asilo in Italia e delle violazioni in atto. Quello che sta avvenendo è solo un’anticipazione degli hotspot, anche dove non sono ancora formalmente istituiti».
“Salviamo vite umane”… Ma dopo? (foto Marina Militare).
Taranto non è il primo porto di sbarco per i migranti soccorsi in mare. Però nel 2015 nel suo porto ne sono arrivati quasi 9.200 in 45 sbarchi (dato Fondazione Migrantes). E continuano ad arrivare: è della fine di gennaio il primo sbarco del 2016, con l’arrivo di 416 naufraghi sulla nave della Marina Militare Aliseo, soccorsi su tre gommoni alla deriva; questo vascello ha trasportato anche le salme di sei migranti che non ce l’hanno fatta ad approdare vivi in Occidente.
Ma in Puglia come altrove, dopo le operazioni di soccorso in mare la diversa sorte fra “sommersi” e i “salvati” continua a replicarsi sulle frontiere di terra, dove si decide «in modo del tutto arbitrario chi far emergere e chi “sommergere”, chi accogliere e chi respingere». La denuncia è di queste settimane e porta la firma della sezione pugliese dell’ASGI in un documento di testimonianza. Testimonianza su fatti come quelli che seguono.
“Arrivi dal CIE? Richiedente ‘via terra’”
I CIE in Puglia (cliccare per ingrandire; fonte Osservatorio accoglienza e detenzione migranti Puglia).
Taranto, 7 dicembre 2015: in seguito a un’operazione di soccorso in mare sbarcano 603 migranti. Sono divisi in gruppi solo in base alla nazionalità, «in violazione di tutte le norme che regolano il diritto soggettivo all’asilo». Ricevono un “foglio notizie” senza altre informazioni, senza mediatori culturali o interpreti, senza che nessuno tenga conto dello stress causato dall’odissea che hanno alle spalle.
Un gruppo di nigeriani sono subito trasferiti nei CIE di Bari e Restinco (Brindisi), dove solo a fatica riescono a formalizzare una domanda d’asilo. Poi, una volta rilasciati, l’unica “accoglienza” che trovano è quella dei dormitori per i senza dimora. Infatti essendo usciti da un CIE sono ormai finiti nella categoria dei richiedenti “non soccorsi in mare”.
Prove di hotspot
Foto ASGI 2016.
«L’assenza di prima accoglienza per i richiedenti “non soccorsi in mare”, non è purtroppo un episodio isolato a Bari – rileva ASGI-Puglia –. Tutti i migranti che riescono con difficoltà a formalizzare la richiesta di asilo presso la Questura non accedono ad alcuna accoglienza perché nel CARA di Bari, nuovo “hub regionale”, fanno ingresso solo i migranti trasferiti dalle zone di sbarco per essere “relocati”».
«Il caso è solo uno di quelli emersi: non costituisce l’unico né in Puglia né alle altre frontiere ed è una perfetta rappresentazione dell’evoluzione del diritto alla protezione in Italia e delle violazioni in atto. Quello che sta avvenendo è solo un’anticipazione degli hotspot, anche dove non sono ancora formalmente istituiti».
Quei respingimenti formato standard
Puglia: i centri governativi per richiedenti asilo (fonte Rapporto accoglienza, min. Interno, 2015).
Sempre dopo agli arrivi del 7 dicembre, 150 magrebini sono stati invece rilasciati sul territorio con un provvedimento di “respingimento differito” e l’intimazione di lasciare l’Italia entro una settimana: in pratica, la condanna a una vita di irregolarità di nel nostro Paese.
Ma sulla prassi dei respingimenti differiti in Puglia e in Sicilia, l’ASGI-Puglia solleva gravi sospetti: «I provvedimenti di respingimento, seppure redatti separatamente, sono documenti standardizzati e identici con l’unica differenza dei dati personali, la mancanza assoluta di qualunque motivazione o informazione individuale, nessun riferimento alla situazione personale e dunque nessuna prova che siano avvenuti colloqui individuali».
È così che «gruppi di persone aventi la stessa nazionalità, senza una valutazione reale e differenziata della propria situazione personale vengono respinti». Ma, avverte l’associazione di studi giuridici, «i respingimenti collettivi sono contrari alle norme europee e l’Italia è stata già condannata dalla Corte europea dei diritti umani».
Allegati
Il diritto negato: dalle stragi in mare agli hotspot (ASGI Puglia 2016, file .pdf)
Fonte: viedifuga.org, migrantitorino.it