Appello da Piazzale Selinunte
Italiani e immigrati uniti per i diritti
La crisi che coinvolge l’economia italiana colpisce soltanto i lavoratori e lascia indenni padroni e potenti di questo paese. Che siano immigrati o italiani non vi è alcuna differenza: vogliono pagare il debito congelando le assunzioni, aumentando l’età pensionabile, tagliando le tredicesime e privatizzando tutti i settori ancora pubblici, privando i lavoratori immigrati della regolarizzazione pur obbligandoli a versare i contributi, prendendosi il 2% delle rimesse degli immigrati irregolari oltre che i contributi versati per la sanatoria truffa senza concedere la regolarizzazione.
Per contro viene garantita una tranquilla evasione fiscale e contributiva a tutti gli sfruttatori del lavoro nero, di lavoratori immigrati o italiani.
La matrice comune è una sola: ci vengono imposti sacrifici per una crisi di cui non abbiamo responsabilità.
Non c’è contraddizione tra la sanatoria truffa del governo Berlusconi del 2009 e gli attacchi della finanziaria del governo nel 2011: un filo rosso fatto di attacchi ai diritti (nei luoghi di lavoro e nella società) lega il rifiuto del permesso di soggiorno ai lavoratori immigrati e la crescente precarietà (sociale e lavorativa) di tutti i lavoratori con contratti atipici, la maggiore possibilità di licenziare nelle aziende, la possibilità di infrangere il contratto nazionale in sede aziendale stabilita dalla Manovra.
Non avere un contratto di lavoro significa non avere diritto al permesso di soggiorno.
Nella crisi vengono agevolati i licenziamenti di decine di migliaia di lavoratori, mentre buona parte dei giovani non trova lavoro. Per i lavoratori immigrati rimanere senza lavoro è una sciagura doppia, perché comporta la perdita del permesso di soggiorno e quindi la ricaduta nella clandestinità con tutta la famiglia e la minaccia di espulsione o internamento in un CIE. Non avere permesso significa, per la legge Bossi – Fini, commettere un reato, essere detenuti ed espulsi.
Dunque si garantiscono permessi solo nella quantità voluta dalle associazioni imprenditoriali e, al tempo stesso, i lavoratori immigrati impiegati sono sempre sottoposti al ricatto di vedersi revocare il contratto, e quindi il permesso. Si impone ai lavoratori immigrati il versamento dei contributi ma gli si nega la pensione, pur lavorando come tutti noi.
La legge Bossi – Fini anticipa quindi le condizioni di lavoro che la finanziaria del governo vorrebbe imporre a tutti i lavoratori: la condizione dei lavoratori è dunque la stessa, siano essi italiani o immigrati. Ed è una condizione che il governo vuole peggiorare a tutti i costi per mantenere gli standard di profitto dei padroni.
La guerra fra poveri è il loro obiettivo.
Il sistema costruito con le leggi Turco-Napolitano, Bossi-Fini e il Pacchetto Sicurezza è funzionale a creare e mantenere una massa di forza lavoro in condizioni di semi-schiavitù, senza diritti, costretta a lavorare in nero per due soldi, sempre a disposizione di sfruttatori senza scrupoli. Questa massa viene utilizzata anche per ricattare i lavoratori regolari, i cui diritti sono sotto attacco. E’ interesse dei lavoratori tutti abolire questo stato di cose, regolarizzare tutti gli immigrati che lavorano, perché possano pretendere i loro diritti e lottare insieme per riconquistarli.
Le lotte compatte e decise degli ultimi mesi dei lavoratori delle cooperative della logistica e del commercio – immigrati al 99% – per avere garantiti i diritti contrattuali, sono un esempio per tutti i lavoratori: anche nella crisi si può lottare e vincere, l’unione con i lavoratori immigrati può rafforzare anche i lavoratori nati in Italia, come è già avvenuto più di 40 anni fa con gli immigrati dal Sud.
Servizi pubblici e per tutti: una lotta comune.
Ciò vale in tutti i campi, come in quello della previdenza – dove gli immigrati regolari coi loro contributi garantiscono il pagamento dei lavoratori che vanno in pensione – della casa e della scuola. Senza i bambini immigrati molte scuole dovrebbero chiudere e decine di migliaia di insegnanti perderebbero il posto; per questo occorre respingere le manovre per chiudere le scuole ad alta densità di figli di immigrati.
La distruzione dell’istruzione pubblica va in questa direzione: non avere un agevole accesso alla scolarizzazione preclude la possibilità di garantire un percorso di studi ai figli dei lavoratori immigrati. Al tempo stesso, però, la nega ai figli di molti lavoratori perché i tagli e le controriforme impongono una spietata selezione economica che nega il proseguimento negli studi ai figli di lavoratori. Anche in questo caso, la nostra battaglia è la stessa: una scuola pubblica e democratica che istruisca tutti indipendentemente dal proprio reddito e dalla propria nazionalità.
Sabato 10 settembre due lavoratori immigrati sono saliti sulla torre della centrale termica di piazza Selinunte per protestare contro la sanatoria truffa del 2009, chiedendo la regolarizzazione di tutti gli immigrati. Questa protesta segue le proteste a Brescia e Milano dello scorso inverno: anche in quel caso lavoratori immigrati sfidarono il gelo, la neve e il governo salendo su una gru e su una torre. Questa regolarizzazione è possibile solo unendola alla lotta per i diritti di tutti i lavoratori.
E’ nell’unione della lotta per i diritti di tutti i lavoratori, italiani e immigrati che l’appello di piazza Selinunte può trovare la forza per vincere, a partire dai diritti dei truffati nella sanatoria del 2009 per giungere ad abolire le leggi che creano clandestinità e lavoratori senza diritti.
Vi invitiamo a solidarizzare con la lotta di piazza Selinunte e ad unirci alla loro protesta: è una lotta che ci riguarda perché i nostri diritti sono gli stessi.
Comitato di Sostegno alla Lotta di Piazzale Selinunte
difendere i diritti di tutti i lavoratori ridistribuire la ricchezza, creare nuova occupazione difendere lo stato sociale
la crisi la paghi chi l’ha provocata
Che vergogna il reato di clandestinità!