Nata e cresciuta in Nigeria e attualmente residente negli Stati Uniti, Fatima Tuggar è una visual artist di raro talento. Si è laureata alla Yale University e ha tenuto le sue mostre in diverse zone degli USA e in molti paesi del mondo.
Qui pubblichiamo una piccola chiacchierata che abbiamo fatto dopo il suo discorso al Festivaletteratura di Mantova 2010.
Tu fai parte del cosiddetto gruppo “Afro-Fantasy”, per com’è stato presentato al festival di Mantova. Cosa ne pensi di questa definizione di “Afro-Fantasy” e quali sono le conseguenze per il tuo lavoro di artista?
“Afro-Fantasy è l’affermazione del mito di un’Africa omogenea che non esiste. Il ruolo che occupa spesso la fantasia è quello della nostalgia del passato o quello delle anticipazioni del futuro. Nel mio lavoro il ruolo della fantasia è quello di immaginare che cosa è attualmente possibile o un immaginario alternativo per il presente.
I lavori interattivi riguardano il tatto e un approccio non-lineare nel raccontare le storie. Gli approcci non-lineari hanno radici profonde nel contesto dell’Africa occidentale attraverso le tradizioni orali. Inoltre i miei lavori interattivi sono profondamente influenzati dalle culture dell’Africa occidentale soprattutto per quanto riguarda la condivisione comunitaria nelle arti e nella vita, un principio che è arrivato in occidente con l’open source o copy-left. Nella nostra esplorazione della tecnologia, è importante considerare la letteratura visiva come una valida fonte di comunicazione inter-africana e internazionale che abbatte le barriere linguistiche”.
Se posso metterla così, quali sono le possibilità di portare l’èra tecnologica in Africa?
“L’Africa è già nell’èra tecnologica. Se guardate all’uso di internet e alle sue funzioni nelle narrative non-lineari, idee come quella dell’open source o del copyleft per quanto ne possa capire io e le ho utilizzate nei miei lavori, sono idee che hanno avuto origine nelle culture dell’Africa occidentale. Un esempio di questo è il fatto che, come artisti, non abbiamo un controllo territoriale sui nostri lavori. E’ molto aperto; un artista può produrre qualcosa mentre un altro può prenderlo e riprodurlo. Le persone sono entusiaste di questo. Tutto ciò non vuol dire che si sta prendendo qualcosa dal primo artista.
Questo tipo di copyleft [di licenza aperta] è sempre esistito all’interno delle culture dell’Africa occidentale.
Quando si è bambini, ci vengono raccontate delle storie e solitamente ci sono tante versioni della stessa storia. Quando tua nonna ti racconta una favola, ascolti una versione di quel racconto. Poi tua zia ti racconta quella favola, allora hai un’altra versione di quella stessa favola. A quel punto avrai un’accumulazione di narrative non-lineari con la possibilità di andare in tante direzioni diverse che è qualcosa che è insito nell’information technology. Perciò vedo quest’aspetto come qualcosa che fa davvero parte della nostra cultura…”
Grazie mille del tuo tempo.
Ewanfoh Obehi Peter
Fatimah Tuggar durante il suo discorso al Festivaletteratura 2010 di Mantova