Craxi: «Tunisi come Berlino: sta cadendo un muro»

Roma 25 Gennaio 2011
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di Andrea Camaiora

«Ciò che sta accadendo a Tunisi può rappresentare per il mondo arabo ciò che fu per il mondo comunista la caduta del Muro di Berlino. Dobbiamo guardare a questa rivoluzione pacifica e civile con grande ottimismo e grande fiducia».

Il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, parla delle vicende che hanno portato alle rivolte di piazza e alla fuga dell’ex presidente Ben Ali dopo essere ritornata da poche ore dal Paese nordafricano, dove ha incontrato esponenti del governo e dell’opposizione e spiega che «si è trattato di una crisi assolutamente non prevista da alcun analista di politica internazionale».

Che cosa è accaduto, onorevole Craxi?

«Si ragiona da tempo sulla transizione dei Paesi nordafricani dai regimi attuali a nuove soluzioni, ma mai si poteva pensare che la Tunisia potesse saltare per prima e in così poco tempo, nell’arco di qualche settimana. Il fattore determinante è stata la Rete, internet! L’ex presidente e il suo regime avevano sottovalutato che il popolo tunisino è forse quello a più alta percentuale giovanile e dunque che le tradizionali forme di censura – nei confronti di stampa e tv – risultassero inefficaci. Internet ha consentito la libera circolazione delle informazioni e la sollevazione della rivolta. Così è saltato il tappo di un regime che, comunque, aveva garantito al Paese modernizzazione, laicità, sviluppo economico e sociale. Anzi, paradossalmente le proteste nei confronti del presidente Ben Ali chiedono maggiori libertà democratiche proprio perché durante gli anni in cui Ben Ali è stato al potere la Tunisia è cresciuta e con essa è andata evolvendo la società».

Da parte della comunità internazionale c’è molta severità nei confronti dell’ex presidente, ma fino a ieri non era così. Ben Ali era tutto sommato ben considerato…

«Ben Ali sarà giudicato dalla Storia. Molti Stati occidentali hanno mantenuto buoni rapporti con lui, anche l’Italia, ma ciò avveniva anzitutto perché – pur sapendo che questi non impersonava un regime pienamente democratico – aveva saputo dare stabilità politica e garanzie di benessere al proprio popolo e rappresentava al tempo stesso un argine invalicabile nei confronti del terrorismo internazionale e del fondamentalismo islamico».

Ci sono rischi per la Tunisia?

«Se si riferisce al fondamentalismo, no. Non almeno quello di natura endogena, perché il popolo tunisino ha sviluppato nel tempo un approccio moderno e laico, di distinzione del piano religioso da quello politico. Ma se si riferisce al rischio che forze esterne tentino di destabilizzare la Tunisia, allora questo rischio c’è e potrebbe anche materializzarsi attraverso attentati terroristici o infiltrazioni nel Paese da parte di fondamentalisti islamici. Per questo è importante che il governo del presidente Ghannouchi si rafforzi e che il ricorso alle urne giunga presto e in modo pacifico e ordinato».

Ci sono rischi per gli italiani?

«Allo stato attuale, no. Non ci sono d’altra parte neppure ragioni per le quali gli italiani dovrebbero in qualche modo essere colpiti, siamo bene accetti in quel Paese dove risiedono stabilmente 3.500 nostri connazionali e dove si trovano complessivamente circa 4mila italiani, compresi quindi coloro che si recano spesso li per lavoro. Se pensa che in Tunisia vi sono ben 750 piccole e medie imprese italiane e solamente 15 sono state danneggiate, ma ad opera di sbandati, per atti vandalici comuni, possiamo dire che, davvero, le cose stanno andando bene. Il rischio cui accennavamo può materializzarsi soltanto nel caso in cui la situazione di caos dovesse permanere, ma tutti gli interlocutori politici tunisini che ho incontrato mi hanno manifestato la volontà di trovare uno sbocco positivo alla crisi creatasi. l segnali di discontinuità chiesti dai manifestanti non mancheranno, ma saranno accompagnati con cautela. In questo senso vanno anche interpretate le dimissioni dei ministri dal partito di Ben Ali, che non era composto solo di lestofanti ma anche di moltissime persone perbene».

Fonte: esteri.it

One thought on “Craxi: «Tunisi come Berlino: sta cadendo un muro»

  1. se per “persone per bene” intende corrotti, corruttori, faccendieri, criminalità organizzata, tangentopoli, lenzuola d’oro, portaborse, mafia di stato ecc… ecc…di “bettiniana memoria”, non ho nessun dubbio! I suoi (e solo suoi non dell’Italia) amici tunisini sono proprio per bene.

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