Riceviamo questa lettera delle suore Paoline sulla loro vita in Costa d’Avorio in questi mesi di sostanziale guerra civile.
FILLES DE SAINT PAUL
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ABIDJAN – COTE D’IVOIRE
Abidjan, 28 Maggio 2011
Come potro’ rendere grazie al Signore
per il bene che mi ha fatto ? (Sl 115)
Carissima sr Antonietta, carissime sorelle Figlie di San Paolo, carissime sorelle e fratelli della Famiglia paolina.
Permetteteci di scrivervi anzitutto per ringraziarvi tutti e comunicarvi quanto abbiamo vissuto in questo tempo di ostilità nella nostra patria di missione (o di adozione), la Costa d’Avorio.
Si, abbiamo fatto un’esperienza molto forte in questi 8 mesi di crisi provocata dalle elezioni in Costa d’Avorio. Sono stati mesi di insicurezza totale per tutto il popolo, soprattutto per le atrocità compiute in diverse parti del territorio nazionale: omicidi, distruzioni, saccheggi, furti…
Il calvario è incominciato nel mese di ottobre: esecuzioni sommarie qui e là, formazione “oscura” dei giovani con la scusa di prepararli a difendere la patria contro il partito avverso. Distribuzione incontrallata delle armi, etc. per lo stesso motivo. Dopo le elezioni l’accesso ai media internazionali è stato bloccato e la televisione locale, in mano a un partito solamente, ha usato del suo potere per fare a tutti un lavaggio del cervello con lo scopo di avvilire l’avversario, distruggere le coscienze, incitare all’odio del fratello che la pensa diversamente da noi, oppure che è straniero. Per gli studiosi di comunicazione sarà molto interessante analizzare quante “bugie” si possono far vedere con un buon montaggio televisivo. Noi abbiamo ben compreso l’intuizione di Don Alberione di avere una Famiglia che si dedichi a una causa nobile e giusta: Dire Dio con i Media, opporre stampa a stampa, formare la coscienza della persona, formare tutto l’uomo. Cara Famiglia paolina, noi abbiamo una grande e nobile missione nel mondo.
In pratica dal mese di ottobre, ogni giorno che passava ci immergeva di più nel baratro. E da allora la situazione ha continuato a aggravarsi. Tutta colpa dell’egoîsmo dell’uomo e del suo desiderio di possedere e dirigere gli altri. Le attività si sono gradualmente paralizzate senza contare le conseguenze di tutto questo sulla popolazione, su di noi, sull’apostolato.
Proprio riguardo l’apostolato, in particolare la diffusione, siamo sempre state sul “chi va là”. Abbiamo rinunciato a tutta la diffusione itinerante, mentre andavamo in libreria un giorno si un giorno no, poiché la libreria dista da casa circa 20 minuti di macchina ed è nella zona favorevole al vecchio regime. Abbiamo dovuto anche ridurre gli orari di apertura per permettere al personale e a noi stesse di rientrare a casa prima del tramonto con il timore di trovare qualche triste sorpresa sulla strada. Che situatione! Tutto questo ha pesato fortemente sulla diffusione soprattutto che i libri sono rimasti nel magazzino invece di raggiungere la gente. Senza diffusione nelle scuole, nelle parrocchie, senza apostolato alle due radio cattoliche dove noi e i cooperatori siamo attivi. Abbiamo perso le grandi occasioni di diffusione che sono l’Avvento e la Quaresima e il viaggio missionario di un mese per la diffusione nel Burkina Faso (paese confinante con la Costa d’Avorio al nord) dove la gente già ci aspettava. Non abbiamo più potuto spedire i libri nei paesi limitrofi. Dunque potete immaginare la nostra situazione economica! Certo che per una buona paolina ci sono altri modi di fare l’apostolato. Infatti ognuna di noi si è trovata a collaborare all’ufficio edizioni che fortunatamente si trova nella comunità e nello stesso tempo a offrire al Signore tutti i sacrifici e le rinunce occasionate dalla guerra.
Il momento più difficile per noi è incominciato il 28 marzo scorso, quando, dopo tutti i tentativi di un accordo pacifico con il presidente uscente, i militari del nuovo présidente hanno optato per un intervento armato. Un po’ alla volta le città dell’interno sono cadute nelle loro mani. Il coprifuoco che inizialmente vigeva per tutta la notte è stato anticipato delle ore 12 fino alle ore 6 del mattino. Il 31 marzo le sorelle hanno lasciato la libreria al mattino alle 10. Per la strada la gente camminava con le mani levate in segno di “resa”. E da quel mattino fino ad oggi, 29 maggio, la libreria è rimasta chiusa.
Due mesi chiuse in casa, ma con tutti i pericoli di proiettili e di bombe che di certo non sceglievano dove cadere. Quando la lotta esterna si faceva più dura ci riunivamo assieme per pregare. Quanti rosari abbiamo detto riunite nel sottoscala! I colpi risuonavano nella testa, nelle orecchie e nel cuore. In città, le forze armate locali hanno avuto l’aiuto dalle forze imparziali (dell’ONU e della Francia) che con i loro strumenti perfezionati hanno scovato i numerosi nascondigli di armi entrate illegalmente nel paese nonostante l’embargo.
In vista di questo momento difficile avevamo fatto una bella scorta di cibo che, come l’olio della vedova di Sarepta, è stato sufficiente fino alla fine della crisi. Anche la scorta di gas per cucinare è terminata appena hanno ripreso a venderlo. Vicino a casa abbiamo un terreno coltivato a verdure, tuberi, patate e banane che è stato molto utile per noi e per tutti quelli che ne hanno avuto bisogno. Più i giorni passavano, più la situazione si aggravava. Quando potevamo uscire per andare a Messa, a 10 minuti di marcia da casa, potevamo incontrare dei cadaveri abbandonati per la strada. Che pena!!!
La prima quindicina di aprile è stata molto dura per noi. I combattimenti erano talmente forti e vicino a casa, che abbiamo dovuto stare chiuse in casa, senza andare a Messa per timore di ricevere un proiettile vagante. Oh, come abbiamo compreso l’importanza dell’Eucarestia nella nostra vita! Ognuna di noi ne ha fatto una esperienza particolare. Durante la Settimana Santa abbiamo potuto almeno uscire per le celebrazioni che si sono tenute tutte nel pieno pomeriggio. Anche la Veglia pasquale è terminata alle 17.00 in modo che tutti potessero rientrare in fretta a casa. Ma non c’era molta gente perché la maggioranza degli abitanti erano fuggiti per rifugiarsi nei loro villaggi.
Particolarmente gli immigrati dei paesi circonvicini erano ricercati e minacciati di morte. Tutti quanti con le loro famiglie si sono rifugiati nelle parrocchie cattoliche. Anche nella nostra parrocchia ce ne sono stati circa 4.000. Andavano la sera e ritornavamno alle loro casupole la mattina. Ma molte donne con i loro bambini ci stavano in permanenza. Anche se dovevano dormire all’aperto si sentivano al sicuro nel recinto della chiesa. Erano persone di tutte le confessioni religiose: cristiani, musulmani, animisti….
Un venerdi mattina, dopo aver pregato la Via Crucis, unico momento in cui riuscivamo a concentrarci bene per la preghiera, ci siamo trovate con 12 persone che suonavano alla porta. Erano delle povere donne dei quartieri precari con i loro bambini. Noi ne conoscevamo almeno due. Erano spaventate a morte perché la sera precedente alcune case del loro quartiere erano state bruciate. La notte l’avevano passata nascoste sulla collina. Senza che lo dicessero, era chiaro che chiedevano ospitalità dopo aver visto i militari uccidere della gente davanti ai loro occhi. Che fare? Abbiamo lasciato parlare il nostro cuore di madre e le abbiamo accolte tutte. Abbiamo condiviso quanto avevamo per tutto il tempo necessario. Sono rimaste con noi 10 giorni.
Correvano voci che alcuni approfittavano della situazione per saccheggiare le case dei religiosi. Ad alcuni hanno preso tutto persino i materassi e i letti, ad altri la macchina, ad altri i soldi, i computer, i telefonini… L’acqua e la luce mancavano, le comunicazioni telefonique bloccate o ridotte al minimo… La paura incominciava ad abitarci, ma non era ancora tutto…
La settimana più difficile per noi è stata quando i combattimenti si sono concentrati nella nostra zona dove i partigiani (giovani patrioti e le milizie) del presidente uscente sono più numerosi, muniti con le armi di tutti i tipi. Dove si sono riuniti i mercenari che uccidevano senza coscienza. Quell’inizio di maggio le forze armate hanno deciso di venire a “liberare” Yopougon. Questa liberazione consisteva nel rastrellamento del nemico, disarmarlo e distruggere tutti i depositi di armi che erano numerosi qui intorno. Ma il lavoro è stato difficile perché la nostra zona è molto popolata. Nel nostro quartiere sono intervenuti il mercoledi’ 4 maggio. Che calvario!!! Vandalismi, saccheggio delle case, terrorismo… ma anche avvenimenti che profumano di miracolo… Noi possiamo enumerarne quattro.
– Fin dal mattino di quel 4 maggio abbiamo visto gruppi di militari aggirarsi sulla strada, prima a piedi e poi in macchina (erano macchine rubate). Giovani recrutati velocemente senza preparazione e armati fino ai denti. Facevano paura. Sono passati di casa in casa a più riprese. Verso sera erano già ubriachi per aver trovato delle bevande alcoliche dai vicini e aver vuotato tutte le bottiglie. Bussano alla nostra porta con forza: noi aspettiamo un po’ titubanti, ma vista l’insisteza ci decidiamo ad aprire con il cuore che batte forte. Ma cosa succede? Appena aperto diciamo loro “Eccoci, avete bussato”. Loro rispondono: “No, assolutamente, no”. Noi insistiamo ispirate dallo Spirito Santo, ma loro ripetono di no. Noi richiudiamo la porta tutte tremanti e stupite. E’ la mano di Dio che agisce attraverso il “patto” fatto da Don Alberione con Maria, Regina degli apostoli e anche grazie a tutte le preghiere della Famiglia paolina. Grazie a ognuna e ognuno di voi.
– Il secondo miracolo è quello del lucchetto messo al portone. Nella loro furia e nella ricerca di case da svaligiare, uno salta sul muretto della cinta e dice al compagno che conduceva il camioncino: “c’è il lucchetto”. Noi pensiamo, ma il nostro piccolo lucchetto come l’hanno visto? Probabilmente il Signore ha messo davanti una lente d’ingradimento se la stessa sera, una vicina di casa li ha sentiti parlare di quel lucchetto che era straordinario. Eppure con le loro armi ne hanno fatto saltare di lucchetti, ben più grandi. Là ancora abbiamo visto la mano di Dio. Questa ci fa pensare a Paolo e Sila che in prigione furono liberati dall’Angelo per poter annunciare senza timore le meraviglie di Dio: “Cristo è il messia, Cristo è vivo”. La notte seguente l’abbiamo passata nella paura. Le luce elettrica è stata tolta per tutta la settimana. Nel buio, i militari hanno saltato il muro e hanno circolato nel cortile tutta la notte caricando le armi e sparando in aria. Noi eravamo dei corpi “senza vita” distese a terra, lontano dalla finestra. Le 24 ore del 4 maggio sono state le più lunghe della nostra vita.
– Un terzo miracolo è quello della libreria che è situata nel palazzo vescovile. La nostra libreria è rimasta intatta. Neppure un vetro rotto, eppure molti vetri degli uffici diocesani sono stati oggetto di spari. La stessa cattedrale e la casa dei preti hanno ricevuto la visita dei militari che hanno ridotto a un colabrodo la porta di entrata.
– Un quarto miracolo è che noi siamo sane e salve. La casa anche non ha subito danni a parte un vetro che è stato rotto da un proiettile. E un altro proiettile è entrato in casa proprio vicino alla cappella, ma senza ferire nessuno. Noi abbiamo vissuto questa situazione con una grande pace interiore, con comunione intensa tra noi e anche con umorismo.
Questa quaresima 2011 ha avuto un colore particolare che non dimenticheremo mai. La settimana santa abbiamo potuto viverla in parrocchia anche se con celebrazioni ridotte all’essenziale. Poi è venuta la Pasqua. Le lacrime sono colate dai nostri occhi al momento del Gloria: cantavamo il Gloria di risurrezione, ma il nostro paese, non era ancora totalmente risorto, si sentiva ancora il crepitio delle armi. Eppure già si vedevano le prime luci dell’aurora di pace. Quale commozione!!! E quale esperienza forte di morte e risurrezione dove la parola di Dio a cui eravamo abituate assumeva un significato nuovo, prendeva forma nuova.
Grazie fratelli e sorelle del vostro messaggio pasquale. Grazie delle vostre preghiere e delle parole d’incoraggiamento ricevute con emozione da parte delle sorelle della delegazione, della congregazione e dai fratelli e sorelle della Famiglia paolina sparsa nel mondo. Si, questo conferma che siamo veramente una Famiglia!!!
In questi giorni incontrando i parrocchiani o altri amici, vediamo come sono contenti di sapere che noi non siamo fuggite, anche se spesso siamo state interpellate a farlo da parte delle superiore che si preoccupavano per la nostra intergrità fisica. Noi non abbiamo mai dubitato dela nostra scelta che ci sembra naturale: “il buon pastore non abbandona il suo gregge…”. E siamo felici di dire alla gente “C’ero anch’io. Là dove tu soffrivi, c’ero anch’io; Là dove il tuo fratello veniva bruciato vivo, c’ero anch’io; là sotto la croce, c’ero anch’io”.
Dopo l’investitura del nuovo presidente, il 21 maggio, noi respiriamo la speranza e la lotta serena per arrivare, come Israele, alla Terra promessa. Abbiamo ancora bisogno di une grande dose di fede e di speranza. Dobbiamo credere alla riconciliazione tra la gente e alla buona volontà del nuovo governo. Occorre una grande capacità di sopportazione da parte di tutti, ma la Costa d’Avorio si rileverà. Ci vuole ancora molta pazienza. Continuate a pregare per la pace, e soprattutto per la grande riconciliazione, per la guarigione dei cuori feriti e delusi dagli eventi dolorosi che non hanno risparmiato nessuno.
Per tutto questo noi vogliamo ringraziarvi personalemente, cara Famiglia Paolina. Abbiamo ricevuto da sr Pélagie, nostra delegata, sempre attenta alla nostra situazione, i vostri diversi messaggi arrivati da tutte le parti del mondo. Commosse, abbiamo ringraziato il Signore per questa comunione di famiglia. Una comunione che non è rimasta a livello spirituale, ma che si è manifestata materialmente nei gesti di solidarietà concreta da parte di alcune comunità. Grazie! Grazie mille. Ne abbiamo veramente bisogno dopo 8 mesi di sofferenze e possiamo dire che in tutto questo anno pastorale la diffusione è stata quasi nulla.
Adesso che il Paese si prepara a vivere un grande tempo di riconciliazione vorremmo che la Bibbia, la Parola di Dio, sia diffusa ampiamente. Que questa Parola portatrice di Pace sia ricevuta e letta in ogni famiglia. Sarà il nostro contributo, ma abbiamo bisogno della vostra collaborazione. Grazie.
Il 30 apriremo timidamente la libreria in attesa che i clienti prendano il coraggio di venire nonostante la paura, il furto delle macchine e alcuni colpi sporadici di arma da fuoco che ancora si sentono. Usciamo con coraggio incontro agli altri.
Grazie a tutti,
Le vostre sorelle Figlie di San Paolo di Abidjan