Chef in Africa – intervista ad A. Imperatrice


Chef in Africa – intervista a Annavittoria… di afrikanews

Annavittoria Imperatrice, presidente dell’associazione Chef in Africa, racconta com’è nata quest’idea e perché. Qui alcune foto dell’associazione di chef.

Com’è nata quest’idea di “Chef in Africa” ?

Dunque Chef in Africa nasce da una storia vera. Io ho vissuto 17 anni in Kenya, ho avuto dei ristoranti, aprivo dei villaggi. Amo molto il Kenya, amo molto l’Africa. Poi sono dovuta ritornare per motivi di famiglia. Uno dei miei ragazzi, che peraltro ho sistemato tutti quando ho chiuso il ristorante, oggi lavora alla tower di Dubai con mio grandissimo orgoglio per cui ho pensato che se aveva potuto farlo lui col nostro supporto delle associazioni, dei colleghi chef e di quant’altro, forse potevano farlo altri e creare un patrimonio familiare che significa il know-how lavorativo. Ecco questo è il principio di base di Chef in Africa.

Quanto tempo fa è nata l’associazione?

L’associazione è giovanissima. L’associazione è nata in gennaio. Eravamo praticamente io ed una lettera su Facebook. Poi si sono aggiunti tutti gli altri. Oggi siamo 2400. La stragrande maggioranza sono chef e ci sono nomi eccellenti della cucina italiana, associazioni gastronomiche. Naturalmente, poiché siamo chef, noi basiamo questa onlus sul cibo… perché fa parte di noi. Quindi faremo ora a settembre delle manifestazioni gastronomiche. Abbiamo fatto qualcosa il primo maggio a Napoli. Stiamo reperendo i fondi necessari, collocando dei salvadanai nei locali e nei ristoranti dei colleghi.

Qualche nome famoso di chef che fa parte dell’associazione?

Abbiamo innanzitutto nel direttivo Ugo d’Orso che è un nome eccellente della cucina italiana, 40 anni di professione, professore all’istituto alberghiero, nome di tutto rispetto. …

Attraverso la vostra associazione qualche africano ha trovato lavoro?

La nostra associazione materialmente ancora non parte. L’unico africano che ha trovato lavoro è il mio Martin Simba che l’ha trovato tramite me, non tramite l’associazione. L’associazione deve partire nel senso che, il programma è il seguente: noi intendiamo aprire questa scuola di cucina a Nairobi con corsi molto intensivi che dureranno un anno. Naturalmente ci sarà un ristorante annesso alla scuola, per due motivi: il primo è di ordine estremamente pratico, questo ristorante servirà a finanziare un po’ la scuola. E poi i ragazzi faranno anche pratica. Saranno 11 mesi di corso intensivo più un mese di corso di pizza e pane dove verranno degli insegnanti dell’associazione pizzaioli pugliesi che fa parte appunto della nostra onlus. Poi i ragazzi verranno tre mesi in Italia in ristoranti di colleghi che daranno la disponibilità per questo stage. Poi ritorneranno in Kenya a questo punto abilitati ed abilissimi e a quel punto noi, come associazione, cercheremo di collocarli all’interno del territorio africano appunto perché il principio della onlus è quello di dare maggiore opportunità in casa loro ai ragazzi. Ecco questo io lo vorrei chiarire. … Formiamo chef per dare questo know-how lavorativo a loro e dargli modo di evolversi nel loro territorio.

Una curiosità. La cucina italiana si basa su prodotti agricoli italiani. Lì come funziona?

Allora se parliamo di prodotti dell’agricoltura, lì c’è esattamente tutto ciò che c’è in Italia e qualcosa in più come frutta. Prodotti della pesca idem. Prodotti della filiera delle carni idem. Quello che manca per esempio come materia prima può essere l’olio d’oliva o la pasta intesa come pasta secca perché la pasta all’uovo la fanno benissimo. Sarà una delle poche cose che s’importerà ma per il resto la materia prima c’è assolutamente tutta. Io ho avuto un ristorante per tanti anni.

Quindi da questo punto di vista non ci sono differenze?

C’è solo qualche aragosta in più e gli ananas sono più grandi. Naturalmente tengo a fare anche un’altra precisazione. Le verdure che troviamo coltivate nel territorio sono esteticamente più brutte ma qualitativamente migliori nel senso che hanno ancora quel sapore di verdure che qualcuno ricorderà. I peperoni non sono lunghi 40 centimetri ma 20 però sanno assolutamente di peperone.

 

Questo il testo contenuto nel pieghevole di presentazione dell’associazione, che puoi scaricare qui.

Chef in Africa nasce da una storia vera. E’ un progetto che mira a dare una professione che possa garantire un futuro lavorativo ai giovani padri africani. E’ certamente una forma di beneficenza meno immediata e sicuramente meno toccante che non operare sugli orfani o sulle malattie, ma più costruttiva per il futuro dell’Africa e per lo sviluppo del territorio.

Se si comincia a costruire, mattone dopo mattone, una cultura professionale, le famiglie ne faranno loro patrimonio sociale, esattamente come abbiamo fatto noi nel passato. Inizieranno a lavorare presso terzi, poi potranno associersi e, piano piano, pensare di aprire loro stessi dei piccoli ristoranti.

Io dico che si può, anzi dico che si deve, offrire all’Africa qualcosa in più che pacchi e medicine, ma possibilità di riscatto, di autonomia e di grande dignità. Naturalmente nutro grandissima stima ed enorme rispetto, per tutti quanti operano in altri settori, necessari e fondamentali alla sopravvivenza, ma ritengo sia ora di occuparci anche di iniziare a costruire, gettare le basi per modificare la terribile situazione di totale impotenza in cui versa la maggior parte del popolo africano.

E cosa dare di meglio, se non la possibilità di lavorare, guadagnare ed avere l’ogoglio di mantenere i propri figli. Credo che questa possibilità sia dovuta ad ogni singolo individuo, di qualsiasi razza e colore.

Detto questo, desidero ringraziare tutti coloro, nomi eccellenti della cucina italiana, che hanno aderito e stanno rendendo possibile la realizzazione del progetto e che sono in lista di disponibilità. Essere in lista di disponibilità significa che, queste persone, sottrarranno il loro tempo alle famiglie, al loro lavoro, ai loro ristoranti e verranno ad insegnare GRATIS nella scuola.

Un altro grandissimo ringraziamento va di dovere a tutti i colleghi ristoratori e non che hanno aderito alla lista salvadanaio, aderire significa collocare un salvadanaio per tre mesi nel proprio locale, onde raccogliere i fondi necessari all’apertura della scuola, con uno speciale ringraziamento alle persone che hanno voluto aggiungersi alla lista come singoli, scelta che denota grande coraggio e grande generosità.

Il progetto andrà avanti con questi schemi, perché nasce con questo ideale, io posso promettervi che non vi deluderò e farò tutto ciò che è in mio potere perché la scuola resti nel tempo, come documento tangibile dell’amore per la nostra professione e della volontà di trasmetterla.

 

 

 

 

 

Annavittoria Imperatrice Presidente

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