Quella che segue è la testimonianza apparsa sul gruppo Facebook “Gli Africani salveranno Rosarno” di Judicael Kiswendsida Ouango
E pazzesco… Ricordo quando arrivai in Italia tanti anni fa, dieci anni fa per la precisione. Per me , l’Italia era il paese delle civiltà moderna; per anni, costretti a studiare L’Europa, L’Italia, la guerra mondiae, la storia della Francia, le conquiste italiane in Africa.
Ero preparato a tutto ciò che fosse civiltà, ero preparato a vivere nel paese da cui partii la prima strada dritta, il paese premonitore della scienza moderna con i shizzi di Michelangelo, il paese che pone i primi passi della civiltà moderna.
Il mio primo choc fù dovuto al fatto che il razzismo si svelò a me in tutta la sua crudeltà; razzismo da chi verso di chi? Dai miei stesi fratelli, fratlli dello stesso paese, ma ahimé. all’época, il cuore in mano, la bontà annidata in fondo allami anima, ero come un bambino in preda all’educazione dei genitori.
Subii con molta violenza il razzismo dei miei ” fratelli” e fù costretto ad andare a Rosarno ove quando scesi notai che eravamo perlomeno un centinaio di “coloured”. Roncuorato perché sicuro di trovare una buona anima tra gente come me , mi misi a chiamarli….ed alla mia grande sorpresa….scappavano!!! Quella notte d’inverno sotto lo zero, la passai contro la serranda d’un negozio…
Non capivo nulla di cio che lui diceva…Ma in fondo, non ci vuole nulla a capire un viso arrabiato ed un paio di calci mi auitarono a destarmi dal negozio. Sbraitva e sembrava davvero arrabiato… Lo guardai scusandommi timidamente la bocca ancora impastata e con le mie tre valigie, mi avviai verso il nulla. L’Italia…il sogno italiano si stava infrangendo nel modo peggiore. Ciò che vedevo attorno a me non era l’Italia, un posto dimenticato da Dio..Pia piano, le lacrime inizirono a scendere sulle guance …eppoi arrivò l’angelo.. Era cosi bello, nero, il viso sorridente. Mi chiese cosa diavolo mi prese per portare delle valigie a Rosarno… Non seppi rispondere ma lui capii guardandommi
Arrivmmo a casa sua. Piu tardi seppi che lui viveva fisso li, mi auitò a trovare un posto ove dormire ma prima mi intimò di mangiare é di riposarmi mentre mi cercava la mia futura dimora…Era già sera inoltrata quando mi svegliai e trovai l’angelo a cucinare; di nuovo mangiai é la vita per me prese un senso diverso. Si, crto, la magia era sparita, ma l’istinto no. Poco dopo, ci avviammo alla nuova dimora.
Mai in vita mia avrei pensato che potesse esistere un posto simile; vecchia fabbrica in disuso con delle intere parti a cielo aperto, una miriade di persone di colore diverso, tanti cartoni a terra(seppi dopo che fungevano da letti)…Senza un prché. le mie lacrime scesero sulle mie guance intorpidite dal freddo…
La sera calò su un inquietante scenario…fuochi si accendevano un po ovunque, cartoni si sovraponevano, gente che russava, altra che mangiava, ed ancora altra che si muoveva di pochi metri per fare…i loro bisogni! Il tanfo era assurdo malgrado il fato che nevicasse fuori…Senza un perché, mi misi a piangere silenziosamente… Uscii per evitare il tanfo e mi diressi verso l’uscita della fabbrica. “Dove vai!” il tono peremptorio fece sicché mi girai. “Sei pazzo?” ripeté la voce. Mi fermai atterrito mentre mi spiegava che c’erano bande di ragazzini bianchi armati di spranghe pronti a sfacciare…tutti quelli che si sarebbero avventurati per strda dopo le 7. Piansi di nuovo
Il mondo era semplice per me in quel momento;chiuso in un cubo di cemento, privo di speranze, attenagliato dal freddo, il naso arricciato per gli odori, é il rumore di cento persone che russavano…Passai la notte in bianco…esattamente com’era la natura fuori; rivestita da una spessa coltre di bianco. Mangiai arance a prima colazione, mandarini a colazione ed arance a cena. Lasera, riuscii a intrufolarmi in una conversazione; inconscientemente, avevo scelto il gruppo che mi sembrava fuori luogo, e feci bingo. Erano ragazzi della città con un ex insegnante; erano tutti disagiati da queste condizioni ed uno di loro disse di aver trovato una casa abbandonata in mzzo ad un campo di…arance. La mattina presto, sette di noi si avviarono verso la nostra nuova dimora.
Un piccola conquista, un cambiamento significativo, ed una delle pareti del mio cubo commincio a sgretolarsi; la speranza si insinuò di nuovo nella mia mente ed affrontai una nuova giornata cibandommi di agrumi attendendo on pazienza i miei nuovi compagni andati a raccogliere le arance. Quando tornarono, le loro dita gelate, accesero immediatamente un fuoco per scaldarsi.
Si mangiò un stufato portato da uno di loro gentilmente regalato dal suo capo esi discutò animtamente fino a mezzanotte, poi tutti al letto. Verso l’una, la nostra nuova stanza, chiusa da una semplice coperta fu attraversata da un paio di proiettili che rieccheggiarono per un tempo che a me sembro senza fine; ci avevano appena sparato, ed il mio cubo, il mio cubo di infinito terrore, il mio cubo di non speranza, il mio cubo di cemento, il mio cubo si richiuse é si fece d’acciao
Judicael Kiswendsida Ouango