Dalla rete un appello a guardare la storica vittoria del candidato democratico come un monito per l’Africa, impegnata a festeggiare il presidente nero ma dimentica delle scarse capacità di governance dei suoi politici.
Di Barack Obama, delle sue origini e della sua vittoria alle elezioni presidenziali americane si è parlato parecchio in quest’ultimo periodo. Ma basta fare un giro tra i giornali africani on line per trovare nuovi spunti di analisi a quanto accaduto al di là dell’oceano.
Mentre gli americani si commuovevano all’idea che la nonna paterna avesse deciso di sacrificare un toro per festeggiare il nipote presidente e mentre il governo kenyano annunciava un giorno di festa nazionale per celebrare l’illustre connazionale, diversi giornalisti e blogger africani si fermavano invece a riflettere che tipo di leader sarebbe stato Obama se fosse nato e cresciuto nel continente nero anziché nel Paese delle possibilità.
“Vergogna sui leader africani che stanno facendo a gara per congratularsi con il presidente eletto – scrive da Lagos Bisi Ojediran per il thisdayonline.com –. Quanti Obama hanno prodotto i nostri Paesi? Sanno che Barack ha terminato di pagare il prestito d’onore per l’università solo quattro anni fa (…)? I leader africani fanno piangere. Dalle mani di loro sgocciola il sangue dei tanti Obama che hanno fatto uccidere e la loro coscienza è appesantita dalla colpa di aver schiacchiato molti potenziali Obama sotto l’illegalità, la povertà e le intollerabili condizioni di vita”.
Su che futuro avrebbe avuto il politico Obama se anziché nelle Hawaii fosse nato in Kenya si interroga anche kenyanpundit.com.
“Se solo potessimo trasferire le nostre aspirazioni per lui sui nostri leader nazionali! – scrive il blogger Ory Okolloh. Barack Obama avrebbe avuto successo come politico in Kenya (oppure in Africa)? Quasi sicuramente no. Noi eccelliamo nello sprecare quelle persone intelligenti, dotate di senso etico e differenti che vogliono avere un ruolo attivo nella vita pubblica. Come dice Obama ‘Fino a che vivrò, non dimenticherò mai che la mia storia non avrebbe potuto realizzarsi in nessun altro Paese al mondo’. Dunque è ora di mettersi al lavoro per cambiare questa gente”.