Il premier islamico turco Recep Tayyip Erdogan e il segretario dell’Onu Ban Ki-moon aprono questa mattina la seconda conferenza internazionale sulla Somalia – presente per l’Italia il ministro degli esteri Giulio Terzi – che deve delineare le vie di uscita dall’attuale fragile fase di transizione verso una ipotetica stabilizzazione del paese dopo 20 anni di sanguinosa guerra civile.
Alla riunione partecipano i rappresentanti di 54 paesi di un Paese che dalla caduta del presidente Siad Barre nel 1991 non ha avuto pace, tra le lotte intestine fra signori della guerra, e negli ultimi anni con la milizia musulmana integralista Shebah, che hanno fatto fra 500mila a 1,5 milioni di morti, 800mila profughi e 1,5 milioni di sfollati su una popolazione totale di 9,5 milioni.
La Turchia, che come la Somalia ha una popolazione prevalentemente musulmana sunnita, ha preso l’iniziativa negli ultimi mesi di rilanciare la ricerca di una uscita definitiva dalla crisi.
Alla conferenza di Istanbul partecipano il presidente e il premier somali di transizione Sheik Sharif Ahmed e Abdiwell Mughammed Ali. Sono presenti anche i presidenti di Burundi, Gibuti e Uganda, il capo della diplomazia britannica William Hague, il segretario dell’Organizzazione degli stati islamici (Oci) e il presidente della Commissione dell’ Unione Africana (Ua), mentre non sono rappresentante le due regioni somale, il Somaliland e il Puntland, che si sono autoproclamate autonome.
La fase di transizione dovrebbe concludersi il 20 agosto, dopo la formazione in giugno e luglio di istituzioni ‘regolari’ (assemblea costituente e parlamento designati dai principali clan del paese) e l’adozione di una costituzione, con l’elezione del nuovo presidente della repubblica somala. La situazione nel Paese rimane però precaria.
La posizione dell’Italia
La posizione dell’Italia, espressa dal Ministro Terzi, è chiara: la stabilizzazione della Somalia passa attraverso la chiusura della fase di transizione con nuove istituzioni, il coinvolgimento degli islamici moderati nel processo di pace, una maggiore trasparenza nella gestione degli aiuti.
La riforma del Parlamento e l’adozione di una nuova Costituzione sono le precondizioni affinché, come previsto dalla road map stabilità in dicembre dalla Conferenza di Garowe, si possa chiudere l’attuale fase transitoria e ciò dovrebbe avvenire il 20 agosto prossimo.
L’Italia è anche “pronta a partecipare” al ‘joint financial management board‘, un nuovo meccanismo che dovrà assicurare maggiore trasparenza nella gestione delle entrate e degli aiuti internazionali”. La Farnesina sta finanziando iniziative di “institution building” e in ambito Onu c’è un progetto per la formazione di giudici provenienti dal Governo federale transitorio e dalle altre amministrazioni somale. La Cooperazione Italiana, negli ultimi 10 anni, ha effettuato interventi a dono per 118 milioni di euro.
Fonte: esteri.it