Alfano: la priorità è l’Africa 

Una pausa per riflettere sulle sfide della cooperazione. Per disegnare gli obiettivi del prossimo triennio. Per legare le emergenze umanitarie, la crisi migratoria e le sfide dell’agenda 2030 dell’Onu.

Angelino Alfano per quaranta minuti mette tra parentesi l’attualità politica: il folle attentato di Westminster, l’emergenza terrorismo, i Trattati di Roma.

Vuole parlare anche di Cooperazione il ministro degli Esteri. Vuole spiegare come puntare sugli aiuti allo Sviluppo voglia dire anche dare risposte al grande tema immigrazione.

«Il perno della nostra azione deve essere rivolto verso il Mediterraneo e L’Africa. È laggiù la sfida principale del XXI secolo. Aiutare loro vuoi dire aiutare noi…».

Alfano riflette a voce bassa. Mette in fila gli ultimi incontri con i leader dei Paesi africani. I vertici in Tunisia. Gli incontri alla Farnesina sulla Libia. «Ricordo bene i loro messaggi, i loro appelli: “O si cambia tutto o verranno da voi”. Quando hanno fame partono, il problema è darsi da fare per immaginare soluzioni. In alcuni Paesi africani si comincia a vedere qualcosa che fa sperare, ma tutti dobbiamo fare la nostra parte». Ancora una pausa leggera. «Ecco, la nostra parte. Il nuovo Fondo Africa che abbiamo lanciato due settimane fa è focalizzato soprattutto su Libia, Tunisia e Niger, ma include anche Paesi importanti come Costa d’Avorio, Eritrea, Egitto, Etiopia, Ghana, Guinea, Nigeria, Somalia, Senegal e Sudan».

Spieghi questo Fondo Africa.
Sono 200 milioni investiti in progetti con un obiettivo: stroncare il traffico di esseri umani, per arginare i flussi di migranti irregolari. Ancora una volta ci siamo mossi unendo rigore e umanità e i nostri risultati sul piano della sicurezza stanno a testimoniare che non abbiamo sbagliato. La linea è giusta: abbiamo espulso i radicalizzati senza aspettare le sentenze della magistratura e siamo stati “campioni del mondo” nel salvataggio di vite nel Mediterraneo e di accoglienza a chi scappa da guerre e persecuzioni. Sicurezza e solidarietà possono camminare insieme; devono camminare insieme.

Quando si parla di Africa e di cooperazione per arginare l’immigrazione viene in mente il lavoro che ha messo in moto in Niger.
 È vero. Il Niger è uno snodo cruciale e a breve firmerò un accordo importante: rafforzare il controllo delle loro frontiere significa rafforzare indirettamente il controllo della frontiera europea.

 L’Italia si fa in quattro, ma l’Europa continua a voltarsi dall’altra parte.
 Per una volta concentriamoci sulle cose che vanno, sui passi avanti, sugli obiettivi centrati. C’è una sensibilità nuova che si fa largo anche in Paesi europei. Spero sia contagiosa. Con il nostro Migration compact il tema immigrazione è entrato nell’agenda dell’Unione. Ma non basta, non è tutto. L’impegno europeo deve camminare parallelamente a quello dei Paesi che ricevono i nostri aiuti. Anche loro devono fare di più. Devono impegnarsi con maggiore forza nel contenere i flussi migratori. Vede, in ambito comunitario si parla sempre di meno di more for more e si inizia a parlare di less for less. Come dire: più impegno, più risorse.

Ministro Alfano, molti dicono che i bilanci perla Cooperazione non sono quelli che dovrebbero essere.
No, non è vero. L’impegno del governo c’è e ci sarà; le risorse non mancano e non mancheranno. Anzi, stanno crescendo da un po’ di tempo. Gli aiuti sono aumentati da 2,1 miliardi di euro del 2012 ai 3,6 del 2015. Non siamo i fanalini di coda. Nella classifica del G7 siamo al quinto posto davanti a Giappone e Stati Uniti. Per il 2016 contiamo di arrivare a 4,3 miliardi. Per raggiungere, alla fine, l’obiettivo ambizioso fissato dall’Agenda 2030 dell’Onu. Ma il problema non sono i fondi. La crisi migratoria sempre drammatica e le emergenze umanitarie che si accavallano e non ci danno tregua sollecitano immediatezza e velocità di decisione.

 A due anni e mezzo dall’approvazione della riforma della cooperazione, possiamo fare un primo bilancio?
Abbiamo onorato l’impegno assunto al vertice umanitario mondiale di Istanbul di aumentare i fondi per le emergenze umanitarie: nel 2016 sono cresciuti del 34%. Abbiamo rispettato l’impegno politico e finanziario preso alla riunione di Londra sulla Siria prevedendo 45 milioni. Il nostro sistema adesso è tra i più avanzati e innovativi al mondo. E stata anche ampliata la collaborazione fra attori pubblici e privati. L’ingresso nel sistema della Cassa Depositi e Prestiti ci permetterà di istituire un fondo di garanzia. E non ci fermeremo qui.

Fonte: esteri.it

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