Roma, 3 febbraio 2011. Profughi nel Sinai. Riceviamo aggiornamenti da parte di don Mussie Zerai e da parte di famiglie eritree soggette ad estorsione da parte dei trafficanti.
E’ confermato che i migranti giunti da poco nel governatorato del nord del Sinai si trovano ancora nella mani di bande di beduini Rashaida, che chiedono un riscatto di “soli ” 3000 dollari per condurre gli africani al confine con Israele.
Sorge spontanea una domanda: come faranno a mantenere la promessa, visto che attualmente i controlli al confine sono capillari e coinvolgono sia le forze di sicurezza egiziane che quelle israeliane? Se i prigionieri non trovano il modo di ottenere la somma entro pochi giorni, verranno ceduti a bande di beduini Sawarqa ed al-Tarabin, i quali rialzeranno il riscatto a 8/10.000 dollari pro capite.
Secondo attivisti del Sinai, attualmente almeno 1000 africani sono detenuti nei campi di prigionia delle bande del nord del Sinai, che in questo periodo di conflitti si muovono liberamente tra le varie località del deserto.
“I profughi,” spiega Zerai in una nota, “raccontano di trasferimenti dal luogo di detenzione verso località più a sud, lontane della zona militarizzata del Sinai. Stamane ho potuto parlare con un gruppo di 150 persone, fra cui vi sono tre ragazze che ogni sera vengono sottoposte a violenze sessuali dai predoni.
Il gruppo di profughi subisce torture e violenze e riferiscono anche casi di amputazione e mutilazione: un metodo spietato usato dai trafficanti per ottenere i riscatti”. Purtroppo durante azioni di assalto alle carceri, i predoni hanno liberato alcuni dei loro capi, detenuti per crimini legati al traffico di esseri umani, organi, armi e droghe pesanti, oltre che per omicidi e violenze gravi. Come divulgato dal Gruppo EveryOne e dall’Agenzia Habeshia fin dal mese di dicembre 2010, i trafficanti hanno referenti non solo in Egitto, ma anche in Sudan, nel Dubai e persino in Israele, a Tel Aviv.
Il Mossad è stato avvertito di questa realtà, ma finora non ha agito neanche nei confronti dei criminali basati nella capitale dello stato ebraico. E’ un errore, perché il denaro proveniente dai traffici finanzia il terrorismo internazionale e dunque anche i movimenti che si propongono di annientare Israele.
“I trafficanti pretendono il pagamento del riscatto, tramite Western Union, nei paesi dove sono dislocate le loro persone di fiducia,” conferma Zerai, “al Cairo, in Sudan, nel Dubai e a Tel Aviv, perché sono ramificati in diversi paesi del Medio Oriente. Attendiamo un azione concreta dell’Ue sia riguardo al Sinai che in risposta alla necessità di protezione internazionale per i migranti detenuti in Egitto e Israele, senza dimenticare le persone che sono state respinte dall’Italia tra il 2009 e il 2010, che sono tuttora in Libia, in attesa del pronunciamento della Corte Europea.
Chiediamo all’Unione europea di agire con ogni strumento a disposizione per la liberazione e il reinsediamento umanitario dei profughi in ostaggio nel Sinai e per combattere il traffico di esseri umani e di organi. Chiediamo inoltre programmi di prevenzione e accoglienza – repetiita juvant: piani di reinsediamento – per evitare che i profughi cadano nel mercato degli schiavi”.
Fonte: gruppo Everyone