Rifugiati: negato l’asilo a nigeriana Tina

RIFUGIATI, CASERTA: A TINA, NIGERIANA, NEGATO L’ASILO. ORA RISCHIA DEPORTAZIONE, TORTURE E VIOLENZE

La storia della ragazza, 28enne, torturata e violentata in Nigeria, denunciata dall’organizzazione umanitaria EveryOne, che la assiste in Italia.

Tina Richard è una cittadina nigeriana di 28 anni, originaria di Kanu, di religione e famiglia cristiana, rifugiatasi in Italia dopo essere fuggita dal suo Paese all’età di quindici anni a causa dell’assassinio dei suoi genitori da parte di un potente e facoltoso concittadino, che la voleva in sposa ancora ragazzina.

Tina, aiutata dal vescovo locale di Kanu, approda in Italia per la prima volta nel 1998, ma l’anno dopo viene rimpatriata perché clandestina.

Al suo ritorno in Nigeria, viene rapita da un uomo, che la violenta, la tortura e la tiene segregata in casa per mesi. Riuscita a evadere dall’abitazione del suo aguzzino, Tina inizia un viaggio attraverso la Sierra Leone, passando dalla Liberia, raggiungendo il Marocco, poi la Spagna e infine, a bordo di un natante, il porto di Genova, nel settembre del 2003.

Recatasi da sola a Roma in Questura, per inoltrare la richiesta di protezione internazionale, le viene chiesto di tornare dopo un mese, ma Tina è terrorizzata dal rischio di una nuova deportazione all’insegna di violenze e torture, e non si presenta in polizia, vivendo in clandestinità e lavorando in strada come prostituta per riuscire a sopravvivere.

Nel 2011, conosce l’avvocato Loredana Briganti, racconta la sua storia e, assistita dal legale, decide di presentare ufficialmente richiesta di asilo presso la Questura di Teramo. Il 5 luglio scorso la commissione di Caserta, composta da rappresentanze territoriali del Ministero dell’Interno e dell’Alto Commissario ONU per i Rifugiati, le nega la protezione internazionale, motivando il diniego con il fatto che Tina può richiedere l’aiuto delle autorità nigeriane, nonostante la sua storia sia credibile e l’assassino dei suoi genitori – protetto dalle autorità locali – sia ancora in libertà, intenzionato a vendicarsi del rifiuto di Tina di concederglisi in moglie.

“Negare la protezione internazionale a una cittadina che ha il fondato timore di subire ulteriori persecuzioni in Patria, e che per di più porta sul corpo i segni tangibili di torture e vessazioni, è un palese abuso, che contrasta con la Convenzione di Ginevra, con la nostra Costituzione e con i protocolli internazionali in materia di diritti fondamentali”. Lo affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell’organizzazione umanitaria EveryOne.

“Tina Richard è una ragazza che ha sofferto terribili abusi ed è dovere di uno Stato che si definisce civile proteggerla e assicurarle un’esistenza dignitosa. L’Italia ha già commesso l’errore di deportarla nel 1999, errore che a Tina è costato stupri, torture e privazioni. In Nigeria, questo genere di abusi nei confronti delle donne – così come i matrimoni forzati – è purtroppo all’ordine del giorno, e per altro il Codice Penale permette ai mariti l’utilizzo di mezzi di correzione fisici e altri maltrattamenti per ‘redimere’ le proprie mogli” spiegano gli attivisti.

“Ricordiamo inoltre che in tutta la Nigeria sono praticate le mutilazioni genitali femminili, e che le autorità religiose – gli Imam – hanno creato una parità della donna de jure che non corrisponde assolutamente alla parità de facto: lo dimostra un recente studio pubblicato dall’African Studies Quarterly, cui hanno partecipato diverse ONG africane, che attesta chiaramente che in Nigeria è in atto una pesante discriminazione e prevaricazione nei confronti della donna. Tale circostanza è confermata, nonostante le recenti negazioni delle autorità nigeriane e delle sue rappresentanze in Italia, dal caso di Kate Omoregbe, che ha ricevuto giorni fa l’asilo come rifugiata nel nostro Paese dopo la mobilitazione delle più alte cariche dello Stato”.

Tina Richard, rappresentata dall’avv. Loredana Briganti del Foro di Teramo, presenterà ricorso contro la decisione della commissione asilo al Tribunale di Napoli; nel frattempo il Gruppo EveryOne chiede la mobilitazione della società civile contro il rimpatrio della ragazza, appellandosi anche ad Antonio Guterres, Alto Commissario ONU per i Rifugiati, e ai membri del Parlamento europeo, affinché esercitino pressioni presso il Governo italiano per scongiurare una nuova deportazione di Tina dall’Italia, in palese violazione degli accordi internazionali.

 

Fonte: comunicato stampa gruppo Everyone

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