Gbagbo, un recluso difficilmente raggiungibile

Più di tre mesi dopo il trasferimento dell’ex presidente ivoriano nel nord della Costa d’Avorio, circolano pochissime informazioni sulle sue condizioni di detenzione. E non è un modo di dire: incontrare il recluso di Korhogo è un vero percorso ad ostacoli.

di Trésor KIBANGULA

 

Quasi quattro mesi dopo il suo arresto, l’11 aprile scorso, ad opera delle Forze repubblicane della Costa d’Avorio (FRCI) di Alassane Ouattara, il presidente ivoriano eletto nell’ultima tornata elettorale presidenziale, niente o quasi filtra sulla sorte di Laurent Gbagbo.

Da quando è stato trasferito a Korhogo (nel nord della Costa d’Avorio) due giorni dopo essere stato catturato, in una villa costruita dal padre dell’indipendenza ivoriana, Félix Houphouët-Boigny, si sa solo che il presidente destituito avrebbe a sua disposizione due canali televisivi d’informazione continua e che legge la Bibbia tutti i giorni. Laurent Gbagbo è trattenuto agli arresti domiciliari in “una villa che non gli è nuova, afferma un giornalista ivoriano. Vi soggiornava spesso in quella residenza dove oggi si trova agli arresti; è stato lui stesso a riabilitarla quando era al potere.”

Per il resto, resta estremamente difficile saperne di più sulle condizioni di detenzione dell’ex capo di stato. Solo un esiguo numero di personalità ha potuto incontrarlo in questi ultimi mesi, come i membri del cosiddetto gruppo The Elders, lo scorso maggio, o il rappresentante del segretario generale dell’Onu in Costa d’Avorio, Choi Young-jin, all’inizio del mese di luglio.

 

Non è facile far visita a Laurent Gbagbo

Le organizzazioni ivoriane per la difesa dei diritti umani, al contrario, non sono riuscite ad ottenere le autorizzazioni ufficiali per accedere alla sua residenza. “Abbiamo inviato una lettera al ministero competente tre settimane fa ma non ci è stato rilasciato alcun permesso per poter fare visita”, ha detto a France 24 Hokou Legre Réné, presidente della Lega ivoriana dei diritti umani (Lidho). “C’è un black out totale”, aggiunge.

Finanche i funzionari dell’ufficio per i diritti umani dell’Operazione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio (Onuci) devono ottenere un’ “autorizzazione preventiva” da parte delle autorità ivoriane caso mai volessero incontrare Laurent Gbagbo. Un paradosso visto che si sa che i caschi blu dell’Onuci hanno il compito di assicurare la sua protezione. Una situazione che, d’altra parte, ha infastidito enormemente Hamadoun Touré, portavoce dell’Onuci, che non si è lasciato sfuggire l’occasione di renderlo noto durante una delle sue ultime conferenze stampa: “L’Onuci non ha bisogno di un’autorizzazione per fare il proprio lavoro di monitoraggio [verifica delle condizioni di detenzione delle persone arrestate in seguito alla caduta di Laurent Gbagbo, NDLR] nei luoghi di detenzione”, ha affermato.

Ciò che è peggio, è che finanche gli avvocati dell’ex capo di stato dicono di avere enormi difficoltà per rendergli visita. In tre mesi, affermano, hanno potuto fare visita al loro cliente solo due volte. “Non tutte le domande d’autorizzazione sollecitate ai ministeri ivoriani della giustizia e degli interni hanno avuto un esito positivo”, ha detto Hervé Gouaméné, uno degli avvocati di Laurent Gbagbo, raggiunto al telefono da France 24.

Questa situazione è ancora più scandalosa se si considera il fatto che “nessuna accusa o richiesta di arresti domiciliari è stata notificata fino ad oggi al nostro cliente, come dettato dal decreto del 9 febbraio 1963 [il testo che regolamenta gli arresti domiciliari in Costa d’Avorio, NDLR]”, afferma ancora il signor Gouaméné, prima di aggiungere: “Non importa che si trovi in una villa o in una caverna, qui è proprio il principio della sua condanna agli arresti domiciliari a porre un problema […]. Si tratta della violazione d’una procedura legale”.

 

Silenzio a radio Korogho

Ultima organizzazione, fino ad ora, che ha potuto rendere visita, a metà luglio, a Laurent Gbagbo, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ci è riuscito dopo aver guidato lunghe trattative col nuovo potere ivoriano.

Portavoce di quest’organizzazione in Costa d’Avorio, Kelnor Panglungtshang assicura che la visita del CICR ha avuto luogo senza restrizioni. “Abbiamo avuto accesso a tutti i luoghi di detenzione di Laurent Gbagbo: la camera, la cucina, il salone, i sanitari… Ci siamo finanche intrattenuti con lui senza testimoni”, ha spiegato quest’ultimo, raggiunto al telefono da France 24. Tuttavia aggiunge prima di concludere: “Non possiamo dire di più”…. Un dovere di riservatezza che l’istituto di Ginevra osserva tradizionalmente per poter ritornare a far visita con regolarità alle persone per le quali sorveglia le condizioni di detenzione.

Contattato per capire le ragioni che spingono le autorità ivoriane a mantenere Laurent Gbagbo in un isolamento del genere, il ministero ivoriano della giustizia e dei diritti dell’uomo, da parte sua, non ha voluto dare seguito alle sollecitazioni di France 24.

Il 22 luglio, la giustizia ivoriana ha annunciato che il congelamento dei beni di 31 sulle 200 personalità coinvolte da una siffatta misura nel quadro dell’inchiesta sul regime destituito di Laurent Gbagbo, è stato ritirato. Tuttavia sulla sorte riservata all’ex capo di stato, è, al contrario e ancora una volta, rimasta muta.

 

 

traduzione di Piervincenzo Canale

Articolo originale su France24.com

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