Indagine su possibili sopravvissuti al naufragio del 22 marzo in Libia
Milano, 17 maggio 20011. Il Gruppo EveryOne è l’unica organizzazione umanitaria che non abbia rinunciato a indagare su possibili sopravvissuti al naufragio del barcone su cui viaggiavano 335 rifugiati eritrei ed etiopi, partito da Tripoli il 22 marzo 2011.
Secondo il sacerdote eritreo Mussie Zerai, i cadaveri di alcuni dei profughi a bordo del barcone sarebbero stati restituiti dal mare crivellati da colpi di arma da fuoco. Tale notizia sarebbe stata riferita a Zerai da testimoni in Libia
La sorte degli altri naufraghi è tuttavia un mistero. E’ probabile che molti altri abbiano perso la vita, ma il numero di corpi recuperati è di gran lunga inferiore a quello dei passeggeri che speravano di raggiungere Lampedusa. Recentemente il Gruppo EveryOne ha ricevuto alcune segnalazioni da parte di persone qualificatesi come parenti dei naufraghi, le quali hanno riferito agli attivisti di aver avuto notizia di un possibile rapimento da parte di uomini in armi (lealisti o ribelli) di alcuni dei superstiti, che sarebbero stati portati in un luogo di detenzione.
Contemporaneamente la nostra organizzazione ha ricevuto una lettera da parte di un cittadino eritreo residente negli USA, che in base a una segnalazione riferiva la stessa eventualità. EveryOne trasmetteva immediatamente la lettera all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, a quello per i Diritti Umani, al Commissario Ue per i Diritti Umani e ai principali organismi umanitari dell’ONU e dell’Ue, con il nome del mittente e un numero di telefono che secondo l’autore della lettera apparterrebbe a uno dei superstiti in prigione. Quindi pubblicavamo un articolo dedicato all’azione umanitaria, premurandoci tuttavia di omettere, nel testo, il nome dell’eritreo che ci ha comunicato la notizia e il telefono dei profughi che si presumono detenuti in Libia. Dopo tale pubblicazione, riportata da alcuni blog che si rivolgono agli eritrei in Europa, il Gruppo EveryOne è stato criticato assai duramente da un’organizzazione che si occupa di migranti eritrei, con base nel Regno Unito.
Il Gruppo EveryOne ha risposto all’organizzazione, cercando nel contempo di mantenere intatte le buone relazioni con la stessa, utili per il prosieguo delle campagne per la tutela dei diritti dei migranti subsahariani. Ribadiamo tuttavia che siamo decisamente convinti che vi possa essere del vero, nella lettera, perché altri eritrei ci hanno riferito la stessa notizia, la stessa possibilità. Stiamo indagando in Libia, anche se è difficile avere risposte, data la situazione politica non ancora definita nel paese. Riguardo alla diffusione da parte nostra della notizia secondo cui alcuni migranti eritrei ed etiopi potrebbero essere sopravvissuti al tragico naufragio e all’aggressione in mare, è un’azione su cui abbiamo riflettuto a lungo, prima di metterla in atto.
Ma alla fine abbiamo deciso di farlo, perché non si deve escludere che alcuni dei naufraghi siano stati rapiti o soccorsi e tratti a riva da un natante di passaggio. Il naufragio è avvenuto, secondo le informazioni, in acque non troppo distanti dalla costa. La diffusione della nostra ipotesi ci ha consentito di creare una rete di persone che a propria volta cercano informazioni su eventuali sopravvissuti al naufragio e su altri profughi che non sono riusciti a lasciare e coste e sono finiti forse in luoghi di detenzione. Queste sono azioni umanitarie che richiedono scelte difficili, ma che offrono uno spiraglio di speranza e soprattutto aprono nuove possibilità di investigazione in Libia, alla ricerca di quei migranti subsahariani che potrebbero aver incontrato ostacoli sulla via del loro “viaggio della speranza” di cui attualmente non si hanno più notizie.