Lei è in Costa d’Avorio e si accinge a condurre una serie di azioni a livello internazionale per la Costa d’Avorio. Perché ha scelto questo momento post-elettorale molto agitato?
Innanzitutto perché mi piace molto la Costa d’Avorio, ho degli amici molto stretti in Costa d’Avorio e i problemi degli amici sono sempre i nostri. Questo è il primo punto. Il secondo è che la Costa d’Avorio è l’oggetto di un’ampia offensiva da parte di un certo numero di gruppi, organizzazioni che pretendono d’incarnare l’ordine internazionale. Un ordine si basa su delle regole. Quindi coloro che si spendono nel condannare la Costa d’Avorio non rispettano alcuna regola dell’ordine internazionale. Allora lei capisce che in tutto ciò è necessario fare un po’ d’ordine e portare un po’ d’equilibrio.
Di sicuro lei sicuramente non sarà solo. Ho sentito dire dell’ex ministro degli esteri che è anche lui avvocato, come lei, signor Laurent Dumas e poi il maestro Leferges.
Beh siccome l’offensiva ha luogo su più fronti, è effettivamente necessario essere in tanti, c’è anche mio confratello Aref del foro di Djibouti. L’obiettivo è quello di avere una riflessione comune e di lavorare in qualche maniera in sinergia. E poi non possiamo fare a meno dell’esperienza di Laurent Dumas e del talento di Jacques Verges.
Questi cambiamenti, queste rivoluzioni nell’ordine mondiale che si stanno verificando, non sono percepite in quanto tali da nessuno. Ci sono dei grandi cambiamenti che stanno accadendo e non ce ne si accorge. Perché? Perché lo sfondo di questi interessi importanti è il tema della democrazia, democrazia, diritti umani, e tutti i media, le organizzazioni, le ong, ecc. ecc. Perché?
La mia risposta forse la sorprenderà.
Costa d’Avorio – interview with Marcel Ceccaldi
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Le persone accusano la “FrançAfrique” (Francia-Africa). Ma quelli che accusano la FrançAfrique sono già in ritardo di una rivoluzione.
Al contrario a cosa stiamo assistendo? A un evento che tutti conosciamo e su cui tutti hanno dato la propria opinione: la presenza della Cina. Al contrario si parla poco dell’intervento americano. (…)
Lei si dovrebbe ricordare di un rapporto dell’agenzia per la sicurezza nazionale. Qual’è il problema? 80 per cento dei bisogni energetici degli Stati Uniti vengono dal golfo. Una nazione non può essere dipendente da una regione a punto tale da mettere in pericolo i propri interessi vitali.
Durante il primo, no penso sia il secondo mandato di Bush, l’agenzia fa un rapporto a seguito degli interventi in Iraq e la difficile stabilità di quella regione. L’agenzia stimava che entro il 2025, il 35 per cento dei bisogni energetici degli USA avranno origine da una zona che va dall’Angola fino a Dakar. Abbiamo già il primo passo di quest’intervento. E’ la costruzione di queste ambasciate americane.
Il secondo punto è che il cacao non interessa gli americani.
Piuttosto ci sono delle serie possibilità che ci siano dei giacimenti petroliferi molto importanti al largo della Costa d’Avorio. C’è qualcosa che mi ha colpito e credo che gli osservatori non abbiano fatto abbastanza attenzione.
Prima dichiarazione sulle elezioni in Costa d’Avorio è fatta da Choi (rappresentante in Costa d’Avorio del segretario-generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, NdT). E’ normale, è la voce del suo capo.
Seconda dichiarazione: Ban Ki-Moon.
Terza dichiarazione: amministrazione americana. Dichiarazione di Obama che precede quella di Sarkozy. Non dico che l’assassino abbia firmato il suo crimine ma è chiaro che gli USA hanno preparato una politica per l’Africa occidentale e che le conseguenze di questa politica restringano l’influenza francese.
Dalla vostra descrizione del nostro continente, il continente africano, si ha una mappa geo-strategica.
Ah beh questo è chiaro. Se vuole un punto di vista. Immagini che ci siano 10 mila espatriati americani in Costa d’Avorio, senza contare i cittadini con doppia nazionalità. Immagini che ci siano 600 imprese, piccole e medie, di tutte le taglie, create e gestite dagli espatriati americani. Immaginate che la Costa d’Avorio sia il primo partner commerciale degli USA in Africa occidentale. Immaginate che il porto d’Abidjan sia stato concesso a una società americana, che la gestione dell’acqua e dell’elettricità della città di Abidjan sia stata concessa a un’altra società americana, e che per finire una licenza di ricerca petrolifera sia stata concessa a una terza società americana.
Secondo lei quale sarebbe la posizione degli Stati Uniti a elezioni avvenute?
Beh si potrebbe girare la domanda sulla Francia.
Lei indica la Francia ma in Francia non c’è solo la posizione di Sarkozy. Prenda i socialisti, da Aubry fino al sinistro Jack Lang, sono all’unisono. Non si tratta dei diritti umani, si tratta che si ha una visione della democrazia che si vuole imporre con ogni mezzo, non si ha riguardo dei popoli, delle loro coscienze collettive, delle loro storie, delle loro culture e delle loro tradizioni per dire loro ecco cos’è la vera democrazia, ecco il modello che dovete seguire. Eh no. Non ci dev’essere un modello. Ogni popolo deve scegliere liberamente quale dev’essere il proprio modo di esprimersi e le modalità di questo modo d’espressione.
Sono state prese delle misure contro il presidente Gbagbo
Sì sono totalmente illegittime e sono contrarie all’ordine internazionale. Le dichiarazioni del signor Choi riguardano solo la sua persona. Noi dimostreremo che queste dichiarazioni si basano su una falsificazione dei fatti. Queste decisioni sono interamente illegittime perché costituiscono un’ingerenza inammissibile nella sovranità ivoriana.
Ascolti. Se non ci fosse altro che questo contenzioso elettorale … ecco prendiamo il bilancio della situazione. Annuncio dei risultati provvisori da parte del presidente della CEI (Commissione elettorale indipendente). Sottolineo che quella dichiarazione è fatta in un momento in cui il presidente non è accompagnato dai membri della sua commissione e che è fatta nel quartier generale della campagna elettorale del presidente eletto Ouattara.
Si potrebbe obiettare che l’ha fatta lì perché non si trovava al sicuro.
Ma lui aveva tre giorni per farla. Perché ha aspettato l’ultimo giorno? L’ultimo giorno, ricordi bene, il mercoledì alle 23.20, 23.30 fa una conferenza stampa. I giornalisti di tutto il mondo gli siedono davanti. Gli si chiede: “signor Bakayoko, pensa di riuscire a dare i risultati in tempo?” “Sì sì stiamo lavorando duramente, abbiamo ancora 40 minuti”. E non può fare quest’annuncio? Pensi, se fosse stato oggetto di minacce o qualsiasi tipo di pressioni, nel momento in cui si trovava davanti alla stampa internazionale, non poteva raccontare quelle pressioni? Bisogna essere quanto meno un po’ seri.
Secondo punto: ci si dimentica della commissione elettorale indipendente. Si parla sempre del consiglio costituzionale che sarebbe un feudo del presidente Gbagbo. La commissione elettorale indipendente com’è composta? Sono i partigiani del presidente Gbagbo che sono in maggioranza? O sono coloro che hanno sostenuto la candidatura del signor Ouattara? Due terzi appartengono a movimenti che dichiarano di aver sostenuto la candidatura del signor Ouattara, un terzo dei membri della commissione a maggioranza per il presidente. E’ chiaro che ci fossero delle serie difficoltà. Se non ci fossero state queste gravi difficoltà che riguardavano la stessa genuinità dello scrutinio, non crede che tutta questa questione sarebbe stata sfruttata? Mettiamo da parte quest’ipotesi.
Annuncio dei risultati provvisori fatto dal presidente nelle circostanze che le ho appena descritto.
All’hotel del golf
Sì all’hotel del golf, quartier generale del candidato Ouattara, domicilio di questo candidato. Decisione del consiglio costituzionale che lavora all’interno dei tempi fissati dalla costituzione. Le ricordo che se la commissione elettorale indipendente è un’autorità amministrativa, il giudice delle elezioni è il consiglio costituzionale.
Non si può chiedere agli stati di essere degli stati di diritto e in seguito passare il tempo a criticare, a condannare gli stati di diritto. Non è possibile. Bisogna scegliere.
Dichiarazione del signor Choi, che in qualità di rappresentante del segretario-generale delle Nazioni Unite, non convalida lo svolgimento delle elezioni, poiché era questa la sua unica missione, ma convalida i risultati annunciati dal presidente della CEI (commissione elettorale indipendente).
L’aveva fatto anche al primo turno.
Sì l’aveva fatto al primo turno.
E non c’è stato alcun dibattito a proposito.
Non c’è stato un dibattito su quest’argomento. La comunità internazionale io non la conosco. Preferisco dire la comunità delle nazioni rappresentata presso le Nazioni Unite, l’assemblea generale dell’ONU, il consiglio di sicurezza, l’Unione Africana. Si sarebbe potuto dire: signor Choi, è sicuro dei suoi dati, sì, molto bene. Signor presidente della CEI è sicuro delle sue cifre, sì, bene. Signor presidente del consiglio costituzionale è sicuro della sua decisione, perfetto, allora ascoltate cosa si fa: si convoca un collegio internazionale di esperti nominato dal consiglio di sicurezza, un’altra parte nominata dall’Unione Africana e una terza parte dall’ECOWAS (Comunità economica dell’Africa occidentale).
Otto giorni per fare il punto. Per dirci quali sono i risultati che devono essere ammessi.
Otto giorni e il problema poteva essere risolto. Risultati della commissione e il gioco è fatto: o erano validi i dati del signor Choi, ma non lo erano, quindi la decisione del consiglio costituzionale era fondata. E’ questo ciò che ha chiesto il presidente Gbagbo.
Ci sono dei seri motivi per porsi delle domande su scala internazionale.
Alla fine del primo turno, tutti si erano felicitati per la partecipazione record: 82 per cento. Scorrono le operazioni del secondo turno e alla chiusura delle operazioni di scrutinio, il presidente della CEI annuncia che l’affluenza è scesa dall’82 per cento al 70 per cento. Tutti i commentatori della stampa scritta, parlata e televisiva internazionale si uniscono nel dire che l’affluenza al secondo turno era meno elevata che nel primo. E si spiega. Poiché il candidato che arrivava in terza posizione, signor Bedié, aveva raccomandato di dirottare il voto per la sua persona sul candidato Ouattara, ma gli elettori evidentemente non hanno seguito questa raccomandazione.
Avevo letto sulla stampa, e diversi commentatori d’altronde l’avevano detto, che al momento del secondo turno il tasso d’affluenza era più alto nelle regioni in cui Bedié aveva ottenuto i migliori risultati: 70-72 per cento d’affluenza. Per il secondo turno ci viene annunciata una partecipazione dell’84 per cento. Un’affluenza superiore a quella del primo turno. Gli stessi che avevano annunciato che la partecipazione era diminuita, annunciano, dopo i risultati, che la partecipazione è balzata dal 72% all’84%.
Le faccio notare che questa cifra di 84 per cento superiore di 10-12 punti a quella del primo turno, corrisponde precisamente al suffragio annullato e all’alterazione dei voti. La frode riguarderebbe esattamente un numero di voti intorno al 10-12 per cento di affluenza alle urne.
Tutto ciò ha una causa. Qual’è la causa? E’ di aver voluto per forza la comunità internazionale, la stessa che viene invocata adesso all’unisono per condannare l’elezione di Laurent Gbagbo, è stata veramente incapace di fare ciò che le veniva chiesto, cioè di pacificare le regioni del nord. Com’è possibile organizzare delle elezioni libere, trasparenti, oneste, nel momento in cui avete delle forze armate che occupano una parte del territorio?
Di forze armate ce ne sono in entrambi i campi.
Non mi domandi se il presidente Gbagbo ha avuto ragione di siglare quest’accordo. Perché se avesse insistito, avrei detto che la priorità assoluta era di esigere dalla comunità internazionale la messa in ordine delle regioni del nord.
Oggi come può il presidente Gbagbo modificare la propria immagine internazionale che è per forza di cose sfavorevole?
Innanzitutto è necessario che gli africani cambino discorso e così anche l’Unione Africana (UA). L’UA ci parla continuamente della costituzione degli Stati Uniti d’Africa, avete un presidente della commissione, un presidente dell’unione, sa questo business come lo chiamo io. (…) E’ necessario che l’UA metta in azione la conseguenza di queste parole: l’ingerenza è inammissibile. Invece di seguire i discorsi del signor Choi, che ve lo dico non aveva né la qualità, né l’autorità, né il potere, né il diritto di procedere come ha fatto. L’UA avrebbe fatto meglio ad avere un’autonomia d’azione.
Secondo lei, quali saranno le conseguenze?
Beh ascolti siamo di fronte all’irresponsabilità dei fabbricanti di guerra. Un po’ di ragioni. Lei pensa che sia ragionevole di pensare che l’ECOWAS possa da sola intervenire militarmente? No. Affinché l’ECOWAS metta in pratica il suo ultimatum avrebbe bisogno comunque d’un aiuto esterno che permetterebbe di far seguire altri ultimatum. Prendete una mappa. Le truppe ECOWAS potrebbero venire solo dal Nord o da Abidjan. Aeroporto d’Abidjan o dal nord. Sarebbero necessari mezzi materiali molto importanti affinché i militari dell’ECOWAS si spostino sul territorio ivoriano. Che cosa farebbero in seguito? Un colpo di cannone contro la popolazione civile? Abidjan diventerebbe una nuova Beirut. Chi si prenderebbe questa responsabilità? I capi di stato dell’ECOWAS? Ogni membro sarebbe responsabile delle conseguenze o ognuno di loro individualmente? Alle attuali condizioni, affinché l’ECOWAS intervenga, è necessario un aiuto esterno. Se ciò accadrà, allora il crimine sarà firmato. L’ingerenza straniera sarà provata.
Lei crede che a quel punto si potrà dire che la democrazia avrà trionfato? Che legittimità avrà un potere nato grazie ad armate straniere? Saremmo in uno scenario liberiano o come in Sierra Leone e che rischierebbe di avere un effetto domino sul resto della regione.
Questi fabbricanti di guerra sono degli irresponsabili. I primi responsabili di questa situazione sono coloro che si profondono dal secondo turno delle elezioni presidenziali in una vera azione di disinformazione.
Fonte e foto: afreekelection.com