Conclusosi il 22 novembre, l’African Film Festival di Verona ha celebrato quest’anno la sua 28ma edizione.
Quello che segue è il racconto del reporter Peter Ewanfoh Obehi.
Un esercito di visitatori ha invaso la sala K2 venerdì 14 novembre per l’inizio della 28ma edizione dell’African Film Festival di Verona.
Alle 20.30 era già iniziato ed era già abbastanza chiaro che per nove giorni ci sarebbe stato parecchio divertimento con i corto e i lungometraggi e i documentari provenienti dall’Africa.
WHATEVER LOLA WANTS, un film di Nabil Ayouch ha fatto da apertura del festival.
Il multicolour film festival è senza dubbio uno strumento per disinnescare le tensioni delle scontro culturale e reintrodurre l’intellettualità degli africani che spesso sono ridicolizzati dal mondo occidentale a causa dei pregiudizi.
‘Anche se molti africani soffrono in Europa a causa di un sistema ingiusto, non dovrebbero mai dimenticare le loro origini o restare senza speranza’: questo era il punto di vista del 29enne Quessy Akosa, un cittadino del Ghana musicista che vive a Brescia e che con la sua musica ha fatto cantare tutte le persone presenti nel cinema. Con grande gioia, ha intonato insieme al pubblico le note del suo ultimo album, ancora inedito, dal titolo ‘Africans living in Europe’.
Ovviamente non ci si poteva attendere molto da una città come Verona che, nonostante la sua lunga storia e cultura, ha ancora enormi riserve quando ha a che fare con altri retroterra culturali.
Il festival, che era per lo più sconosciuto alla maggior parte della comunità africana, è cresciuto molto a partire dall’anno scorso e, al contrario degli anni passati, è stato agevolato dalla città che ha permesso di attrarre un gran numero di persone e soprattutto molti africani la cui presenza non è mai stata sentita.
Il miracolo, secondo alcuni, è dovuto alla decisione degli organizzatori, il centro missionari della diocesi Cattolica, i missionari Comboniani e altri, di includere alcuni africani nell’organizzazione e così guadagnare più credibilità agli occhi della comunità africana. In fin dei conti, non c’è Africa senza africani.
L’ultima edizione è stata anche un’opportunità per il pubblico italiano che ha avuto l’opportunità di vedere e ascoltare per la prima volta le opere prodotte dall’emergente Nollywood, il gigante dell’industria cinematografica della Nigeria che, molto velocemente, sta facendo da esempio per i produttori cinematografici locali ed è alla base della nascente industria televisiva nel continente.
Almeno, non tutti gli occidentali sono in disaccordo col fatto che per ottenere autenticità dalle storie africane, queste devono essere raccontate dagli stessi africani e col loro stile! Questo è il maggiore fattore di crescita di Nollywood e delle altre nascenti industrie cinematografiche in Africa. Inoltre questo spiega perché un italo-americano, Franco Sacchi, si è dovuto spostare da San Francisco a Lagos per realizzare il suo documentario (questa è Nollywood), sull’industria cinematografica nigeriana che ha preso di sorpresa tutto il mondo.
Come ci si aspettava, la curiosità di molti è stata pienamente soddisfatta quando lui stesso ha presentato il suo documentario alla 27ma edizione dell’African Film Festival e perciò ha aperto nuovi punti di vista sui film africani di fronte al pubblico di Verona.
Senza alcun dubbio, l’attuale obiettivo del festival, la Consapevolezza Culturale, sarà molto presto il punto principale della kermesse.
Nel cinema K2, il giorno dopo l’apertura della 28ma edizione del film festival, è stato il turno di THE BATTLE OF THE SOULS (La battaglia delle anime), uno dei film in gara. Il tema dell’opera è “il bene e il male” con un collegamento al voodoo. Appena terminato, c’è stato un dibattito in cui alcuni hanno contestato il ruolo del voodoo nella vita delle persone.
Questa la risposta dell’attore protagonista: “Ho solo cercato di recitare la mia parte per rendere quanto più verosimile il personaggio”, ma per il regista ugandese Matt Bish, il voodoo non è un racconto di fantasia ma la realtà della società africana, che è l’oggetto del film.
Appena ha spiegato il lavoro, come è stato interpretato e la sua importanza culturale, c’è stato un lungo applauso. Dopo tutto, il festival è uno strumento per facilitare l’integrazione e il benessere generale della società.
Ewanfoh O. Peter