In Africa col segretario – 1a puntata

IN AFRICA COL SEGRETARIO

Africanews.it ha seguito il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, nel suo viaggio in Malawi e Uganda. Eravamo gli unici giornalisti italiani e l’unica testata giornalistica on-line.

Sono stati tre giorni fitti di impegni per diciotto ore al giorno. Gli avvenimenti a cui abbiamo assistito hanno avuto un’eco globale.

Appuntamento alle sette e trenta del mattino del 29 maggio 2010 all’aeroporto di Johannesburg con il portavoce del segretario generale e gli altri giornalisti accreditati.

Consegniamo i nostri passaporti agli addetti della sicurezza, ci verranno restituiti a Kampala (Uganda) alla fine del nostro tour con l’ONU. Da quel momento siamo scortati e protetti costantemente. Non ho mai avuto l’impressione che ciò fosse necessario. Non ho mai avvertito situazioni di pericolo, anzi per gran parte del viaggio ho notato una banale normalità. Solo dopo aver finito il nostro lavoro con il segretario dell’ONU abbiamo avuto qualche contrattempo.

Sull’aereo delle Nazioni Unite i giornalisti siedono nei posti di coda. Poco prima del decollo per Lilongwe Mr. Ban, scortato dal suo portavoce che ci seguirà per tutto il viaggio, è venuto a salutare i giornalisti  personalmente. In questo viaggio è accompagnato dalla moglie,  sobria signora dal tipico riserbo orientale. Sembrano gentili ma la gentilezza viene loro richiesta per contratto.

In Malawi l’accoglienza è trionfale. L’estrema povertà del paese ha favorito la conservazione della bellezza del suo paesaggio, di contro la popolazione mediamente vive in condizioni di grande disagio. La mancanza di risorse ha impedito speculazioni e scempi di varia natura.

La capitale non sembra avere un centro fittamente occupato da case, negozi, palazzi come accade in quasi tutte le città del mondo. Essa è magnificamente soffocata dalla foresta. Lunghe strade, ombreggiate da alberi possenti, costeggiano costruzioni basse circondate da vegetazione. D’improvviso compare qualche costruzione che giganteggia rispetto al resto.

Il nuovo parlamento è una di queste, edificato con capitali e imprese cinesi è stato inaugurato una settimana prima del nostro arrivo. Entrando si avverte l’odore che a volte hanno le automobili nuove, quel mix indefinibile di plastica e mouquettes. Passando per le vie della città non vediamo nemmeno un negozio. Non ci è capitato di vedere neanche mercati. Solo sulla strada verso l’aeroporto è sorto, sembra da poco, un centro commerciale.

Il palazzo del governo di Lilongwe sorge sulla sommità di una collina, circondato da un parco di molti ettari.

L’esterno della costruzione è in puro stile sovietico. La decorazione e l’arredamento dell’interno cerca di imitare i palazzi reali europei. Forse è più rassicurante prendere in prestito stili in voga secoli fa che non sviluppare uno stile proprio.

Siamo in una sala di questo palazzo quando, durante la conferenza stampa con il segretario generale dell’ONU, il presidente del Malawi, Mutarika, annunzia ufficialmente di aver deciso di perdonare i due ragazzi gay arrestati. Erano stati condannati a 14 anni di carcere perché avevano contratto matrimonio.

Colpisce l’esercizio quasi medievale del potere da parte di Mutharika. Il presidente dichiara che i due hanno sbagliato perché hanno violato le tradizioni, la religione e le leggi del Malawi. Ma ha deciso di concedere loro la grazia non a causa delle pressioni straniere ma perché tale decisione rientra nei suoi poteri.

L’arte diplomatica di Ban Ki-Moon a questo punto ha modo di mostrarsi nella sua interezza. Subito dopo la concessione ufficiale della grazia dichiara pubblicamente il proprio apprezzamento per il presidente del Malawi, che ha assunto una coraggiosa decisione. Con tutta probabilità l’intervento del segretario, nei colloqui privati, è stato determinante per indirizzare Mutharika verso tale epilogo. Però lui non ne fa cenno e continua, durante tutta la sua visita in Malawi, a elogiare il comportamento del presidente.

Finita la conferenza stampa tutti i giornalisti si precipitano fuori dalla stanza per mettersi in comunicazione con le loro redazioni. Dopo tre minuti dall’annunzio, la notizia della grazia concessa ai due ragazzi gay viene ripresa in tutto il mondo.

Usciti dal palazzo del governo un corteo di mercedes blindate accompagna il segretario e la moglie al Parlamento, inaugurato la settimana precedente.

Nelle tribune riservate al pubblico, la mia sedia non è fissata bene al pavimento.

Durante la cerimonia lo speaker offre un omaggio alle loro eccellenze, a nome dell’intero consesso. “I commessi parlamentari” sono tutte ragazze vestite con stretti abiti lunghi, su cui è stampata l’effigie del presidente. La ragazza che porta il voluminoso pacco, al momento di porgerlo allo speaker si inginocchia. Analoga scena poco dopo, quando lo speaker richiede, durante la conferenza stampa, un bicchiere d’acqua. Una seconda ragazza inginocchiata gli porge un vassoio col bicchiere.

Prima della cena di stato offerta dal governo, otteniamo un’intervista “one to one” col Segretario Generale, presso la dimora dove è ospitato.

A bordo di una jeep siglata UN vaghiamo per i lunghissimi viali alberati di Lilongwe senza che il nostro autista sappia trovare il posto. L’illuminazione stradale notturna non esiste e le sculture viventi che fiancheggiano le strade assumono un’aria maestosa e misteriosa.

Non esistono cancelli ad apertura comandata elettricamente. Di fronte ad un cancello chiuso si suona e qualcuno viene ad aprirlo. Così avviene alla State Guest Room e alla State Guest House. Sono strutture alberghiere per turisti. All’interno del Segretario non vi è traccia. Nessuno sa dare indicazioni circa l’ubicazione della casa che cerchiamo. Il portavoce, che ci accompagna, parla concitatamente al telefono e se la prende con l’autista.

Rientriamo nel nostro albergo, “Crossroads” l’unico cinque stelle di Lilongwe che nella sua pubblicità vanta di essere “Absolute luxury”.

Otteniamo di essere scortati da gendarmi in moto, due avanti e due dietro, e infine giungiamo a destinazione.

Protetta da doppia cinta di mura è la State House, la villa messa a disposizione per gli ospiti stranieri di riguardo. Il luogo in cui sorge è segreto, per questo il nostro autista non sapeva dove andare. Dopo aver superato un doppio cancello, con doppia scorta armata, giungiamo al cospetto di una costruzione che in tono minore ricalca lo stile del palazzo del governo. Repubblica socialista sovietica fuori, casa di campagna old england dentro. Abbiamo ormai pochi minuti a disposizione per l’intervista.

Alla fine, a mo’ di scusa per il poco tempo concessoci, il Segretario Generale ci ringrazia e ci saluta in italiano. Un attimo prima che lui e la moglie salgano a bordo dell’auto blindata, il direttore di Africanews.it porge a Mr. Ban Ki-Moon il biglietto da visita del nostro sito on-line. I membri della scorta si irrigidiscono per la mossa fuori protocollo, mi avvicino al segretario generale “so you will improve your italian” (così può migliorare il suo italiano).

La risata generale che segue diverte il segretario e rasserena gli uomini di scorta.

Rientrati in albergo parte di noi è impegnato col lavoro di redazione, altri si occupano della partenza del giorno successivo. Domani sarà la giornata più fitta di impegni. Al momento di fare una doccia, prima di poter riposare per quattro ore, scopro che gli scarafaggi hanno colonizzato il bagno. Mi laverò in compagnia.

Continua domani, lunedì 7 giugno 2010 alle 12

di Demetrio Canale
ha collaborato Carmelo Panassiti

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